Nel corso degli anni sessanta, la maggiore disponibilità economica degli italiani farà decadere, e poi sparire dalle edicole, il formato striscia a favore del “libretto” che conosciamo oggi.
Ufficialmente i creatori di Zagor sono Sergio Bonelli (1932-2011) per i testi e Gallieno Ferri (1929-2016) per i disegni.
Ma chi ha ideato veramente Zagor?
Sin da piccolo i dialoghi dei primi cinque albi di Zagor (quelli nell’attuale formato libretto) mi sono sembrati troppo modesti per Sergio Bonelli.
Negli anni ottanta, Gallieno Ferri ebbe un’animata discussione con Bonelli proprio riguardo i diritti del personaggio. Non so come sia finita quella discussione, immagino che Bonelli abbia trovato un accordo economico con Ferri.
Nel 2015, la Bonelli avrebbe comprato “i diritti di Zagor” (una parte di essi?) da Gallieno Ferri per un milione e 336 mila euro. Se qualcuno ne sa di più, parli.
Provo a esprimere una opinione piuttosto scomoda: forse Zagor l’ha ideato Gallieno Ferri, con Sergio Bonelli nel ruolo di semplice redattore.
I testi del primo numero di Zagor nell’odierna forma libretto sono ufficialmente attribuiti a Sergio Bonelli e quelli dal numero 2 al 5 a Gallieno Ferri. Il quale interrompe per sempre l’attività di sceneggiatore all’inizio del sesto, quando interviene Gian Luigi Bonelli (padre di Sergio e creatore di Tex).
Il figlio Sergio Bonelli, che si firma Guido Nolitta per distinguersi dal padre, “tornerebbe” (ma forse “arriverebbe”) solo alla fine del numero 10.
Sergio Bonelli racconta di avere preso la decisione di creare un personaggio vivace come Zagor per contrastare Blek e Miki, gli eroi dell’Editoriale Dardo di Gino Casarotti che stavano insidiando il successo delle pubblicazioni western della Bonelli.
Tra parentesi, se anche la Dardo fosse passata negli anni sessanta al formato libretto, probabilmente oggi Blek e Miki uscirebbero ancora. Perché Casarotti ha preferito, invece, un formato spillato e più piccolo del libretto? Sergio Bonelli era solito “intimidire” i distributori per non fare arrivare alle edicole albi nel formato libretto di altri editori (“o noi o loro”), ma credo che la Dardo abbia semplicemente sbagliato strategia di marketing. Si è adeguata solo alla fine del 1973, quando ormai era troppo tardi.
Comunque sia, di certo Zagor ha poco o nulla a che vedere con la produzione precedente e successiva di Bonelli Junior.
La vera risposta a Blek e a Miki, Sergio Bonelli tenta di darla nel 1958, con il fin troppo convenzionale Un ragazzo nel Far West. Una risposta più riuscita alla Dardo è quella di Andrea Lavezzolo che, sempre per la Bonelli, nello stesso anno lancia Piccolo Ranger (non a caso un giovane ranger come Miki).
Zagor, invece, è un personaggio alieno, non classificabile all’interno del genere western. Infatti appartiene a generi diversi.
Zagor ha molto a che vedere con quello che aveva fatto in precedenza Gallieno Ferri.
Nel 1949, Ferri crea Maskar per l’editore De Leo, un personaggio che prende il posto del francese Fantax, pubblicato fino a quel momento dallo stesso editore. Se l’aspetto del francese Fantax sembra ricalcato su Hourman, il superoeroe della Dc Comics, l’italiano Maskar discende esplicitamente da Fantax.
Per alcuni, Maskar è il precursore di Diabolik. Secondo me è sì un precursore, ma di un altro personaggio. Su Maskar torneremo tra poco spiegando meglio la sua importanza.
Anche nelle storie di altri personaggi, Ferri infila situazioni semifantastiche che rivedremo in Zagor.
Se Zagor rientra perfettamente nello stile di Ferri, c’entra poco con quello di Sergio Bonelli. Ciononostante, quest’ultimo riuscirà a farne un personaggio di successo, scrivendo storie memorabili.
In realtà, Zagor è una via di mezzo fra Tarzan e Phantom.
Come Tarzan, Zagor si muove nella foresta penzolando dalle liane. Inoltre, Zagor lancia un raggelante grido di vittoria simile a quello del re della giungla. Non a caso Maskar, sul quale si era fatto le ossa Ferri, è la continuazione di Fantax, un personaggio che ricalcava letteralmente le tavole di Tarzan disegnate da Burne Hogarth, tanto da avere avuto guai giudiziari per plagio.
Come Phantom, meglio conosciuto in Italia con il nome di Uomo Mascherato, Zagor ha un rapporto paternalistico nei confronti delle tribù indiane, che lo considerano uno spirito divino più che un essere umano.
Proprio perché originato da Fantax, già Maskar aveva le caratteristiche di Tarzan, a giudicare da queste vignette che lo vedono, per esempio, muoversi sulle liane.
E le caratteristiche di Phantom, a giudicare dalla M di Maskar al posto del teschio dell’Uomo Mascherato sull’anello con il quale sferra i pugni.
Tarzan e Phantom sono roba nelle vene di Ferri! E allora, chi altri se non lui può avere trasmesso gli elementi di questi due personaggi a Zagor?
Le scansioni di Maskar viste sopra sono prese da una edizione realizzata in Croazia (4 milioni di abitanti), mentre in Italia (60 milioni) Maskar è stato completamente dimenticato e nessun editore lo ha riproposto nemmeno nelle fumetterie. Va be’ che l’edizione croata viene letta anche dai serbi, che parlano la stessa lingua (il serbocroato) anche se usano l’alfabeto cirillico.

Probabilmente Gallieno Ferri per creare Zagor si è ispirato a un paio di storie di Batman pubblicate in America alla fine degli anni cinquanta, e forse in Italia su Nembo Kid (dovrei controllare).
Il costume ricorda molto quello del Batman del pianeta Zur-en-arrh (Batman n. 113, febbraio 1958).Mentre la scure ricorda quella dell’episodio Thor su Batman n. 127, ottobre 1959. Pubblicato in Italia nel 1960 sul n. 215 di Nembo Kid, un anno prima di Zagor.
La spalla di Zagor è Cico, un messicano cicciottello che si mette sempre nei guai. Se Zagor ha tutte le virtù, l’amico goloso e codardo condensa la mediocrità del mondo.
Sergio Bonelli dice di essersi ispirato a un film del 1949 che purtroppo non ho mai visto, “Il ritorno del kentuckiano”, con l’anomala coppia di John Wayne e Oliver Hardy.
Ma l’origine messicana di Cico rimanda più a Pancho, il compagno di Cisco Kid, un personaggio delle strisce quotidiane.
Io credo che l’ispirazione sia mista e derivi anche dal telefilm della Disney dedicato a Zorro trasmesso in quegli anni, con Guy Williams (nome d’arte di Armando Catalano) nei panni dello spadaccino mascherato e Henry Calvin in quelli del sorprendente sergente Garcia. Il pusillanime sergente Garcia titaneggia in un telefilm per il resto scialbo: lui è l’unico motivo valido per guardarlo, insieme alla sigla finale con l’eco che fa “Zorro-zorrow-zorrowww”…
Solo per l’espressività del volto darei l’Oscar a Calvin. Lo Zorro disneyano è solo un pretesto per mettere in evidenza lo sconfinato carisma del sergente Garcia. Allo stesso modo, Zagor è la spalla di Cico, la vera star del fumetto. Come lettore, vedevo in Zagor un robot telecomandato con manopole invisibili dal brillante Cico. Cico, l’unico uomo di mondo dei due!
Anche se il Cico di Gallieno Ferri, quello dei primi cinque numeri, pur essendo buffo è dotato di coraggio, dato che salva varie volte Zagor dalle trappole. Sarà Sergio Bonelli a renderlo vigliacco (come piace a me).
Le avventure di Zagor si svolgono in un luogo immaginario chiamato Darkwood, collocato nel nord degli Stati Uniti malgrado il clima tropicale (a giudicare dalle rigogliose piante con le liane).
In teoria Zagor sarebbe ambientato nel 1830, come Zorro, ma le armi e tutto il resto appartengono a 30-40 anni dopo, all’epoca della Guerra di secessione e dell’espansione nel Far West.
Prima di analizzare gli albi di Zagor, ricordo en passant che il personaggio era molto famoso in Turchia, dove all’inizio degli anni settanta hanno girato su di lui due film all’insaputa della Bonelli. Certo che delle figone come quella della locandina, nelle castigate pagine di Zagor noi poveri lettori ce le potevamo sognare: essendo stato in gioventù responsabile dell’organo autocensorio degli editori di fumetti istituito negli anni cinquanta, la versione italiana del Comics Code, Sergio Bonelli ha sempre manifestato un certo moralismo.
Il magnetico Levent Çakır (il mancato puntino sulla “i” dipende dall’anomalo alfabeto turco) conquista lo spettatore anatolico.
Sempre insieme a Cico, ovviamente.
In questo articolo utilizzerò immagini tratte da Tutto Zagor, cioè la seconda ristampa rimaneggiata uscita a partire dal 1986.
Il primo episodio di Zagor nell’attuale formato libretto porta il numero 52, perché l’albo in origine si chiamava Zenit Gigante e in precedenza presentava diversi personaggi western a rotazione. Quindi alla numerazione della serie originale di Zagor vanno sempre tolti 51 numeri. Quella sopra è la copertina di Tutto Zagor che, giustamente, parte dal numero 1.

Il primo episodio prende avvio con un Cico particolarmente trucido.
Vediamo adesso il primo numero di Zagor della precedente serie libretto, il n. 52 di Zenit Gigante uscito nel 1965. In quegli anni al posto dei redazionali c’erano le citazioni dei personaggi celebri. Si noti il marchio “Associazione ital. editori periodici per ragazzi MG garanzia morale”, l’organismo autocensorio equivalente al Comics Code americano già citato.
Scopriamo che nell’episodio iniziale manca la firma degli autori. L’assenza di quella di Ferri non stupisce, sorprende la mancanza di quella del figlio della editrice: Guido Nolitta (Sergio Bonelli). Stranamente, sotto la parola “degli” del titolo sembra esserci uno spazio lasciato apposta per i credits, che diversamente dalla successiva edizione di “Tutto Zagor” vista sopra non è stato riempito.
Nel primo episodio vediamo qua e là solo la firma di Gallieno Ferri.
La firma “G. Nolitta”, sempre nella collana Zenit Gigante, appare solo nel secondo episodio. Come stanno le cose nella prima edizione di Zagor, quella formato striscia del 1961?
Ecco come: nella prima edizione di Zagor del 1961, la firma di Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) non c’è.
Non c’è perché, in realtà, il primo episodio l’ha scritto Gallieno Ferri?
Nelle successive storie scritte ufficialmente da Gallieno Ferri (dal secondo numero libretto al quinto) facciamo la conoscenza del primo criminale in costume: Marcus il Grande.
Marcus, oltre a essere un ipnotista, ha il poco credibile superpotere di svolazzare. Questa è la dimensione fantastica in cui si muove solitamente Ferri.
Sempre negli episodi con i testi attribuiti a Ferri vediamo la versione definitiva di Cico, protagonista di una comicità che sfiora il surrealismo dei cartoni animati. Per questo è stato paragonato, dallo stesso Bonelli, a Paperino. Può essere benissimo che Sergio Bonelli modificasse i dialoghi, come editor sarebbe stato il suo lavoro.
Ecco come Sergio Bonelli ricorda la realizzazione delle prime storie, in una testimonianza riportata da Fabrizio Gallerani nel sito Ubc Fumetti: “Data la struttura artigianale della casa editrice, in quel periodo dovevo fare un po’ tutto io, e molti problemi contingenti richiedevano la mia opera più come ‘amministratore’ che come scrittore … A Zagor, purtroppo, potevo dedicare soltanto i ritagli di tempo, e li utilizzavo per studiare con Ferri un abbozzo di trama. Lui poi andava a casa (a Recco, e quindi a una distanza che peggiorava la situazione) e faceva tutto, sceneggiatura e disegni. Per Ferri, un dannato lavoraccio. Alla fine di questa insolita ‘collaborazione’, io intervenivo per ritoccare i dialoghi, più che altro per dare omogeneità al linguaggio zagoriano … Il mio rapporto con lui è stato anomalo soltanto per questi tre o quattro episodi che portano la sua firma anche come sceneggiatore. Dopo il rapporto si è evoluto verso la normalità: io gli passavo la sceneggiatura e lui la disegnava”. Per la precisione non è arrivato Sergio Bonelli dopo le sceneggiature di Ferri, ma il padre Gian Luigi.
Sergio Bonelli arriva invece con l’episodio di Titan, pubblicato nei numeri 62 e 63 del 1966, che, tolti i soliti 51 nei quali Zenit Gigante presentava altri personaggi, sarebbero l’11 e il 12 di Zagor. In origine, era uscito nel 1963 in formato striscia. Che casino, ‘sto Zagor!
Come il padre, Sergio schizzava sempre le sceneggiature.
Sergio Bonelli ci offre subito una perfetta versione di Zagor sulla falsariga di Ferri. Anzi, si sposta ancora più avanti. Il robottone Titan e il suo costruttore Hellingen rappresentano il top di Zagor.
Titan è ispirato al robottone della serie “Il terrore di Allagalla”, realizzata per la Mondadori nel 1946 dallo sceneggiatore Luciano Pedrocchi (fratello del grande Federico) e dal poliedrico disegnatore Enrico Bagnoli.
Allagalla è a sua volta ispirato all’episodio di Brick Bradford contro il Mostro d’Acciaio, scritto da William Ritt e disegnato da Clarence Gray, pubblicato in strisce giornaliere dal 13 febbraio 1939 al 16 marzo 1940. Sopra vediamo la copertina della riedizione in formato comic book del 1948. In Italia l’episodio è stato pubblicato nel 1941 dal settimanale di Topolino.
Zagor si traveste come gli uomini al servizio di Hellingen, per entrare nel deposito dove viene custodito Titan.
Scoperto e catturato, Zagor inizia la stucchevole consuetudine di ritrovarsi legato di fronte allo scienziato pazzo blaterante. Il quale non solo non lo uccide, ma neppure lo prende a ginocchiate nel basso ventre.
A Zagor viene una idea geniale, mai pensata prima dai muscolosi eroi dei fumetti, quella di rompere i legacci con la pura forza fisica!
Prendendo il controllo dei macchinari che teleguidano il robottone, Zagor dirige Titan nelle acque del lago.
Quando ero bambino ho rimuginato su questa storia, proprio perché mi era piaciuta tanto. Non è credibile che uno scienziato da solo possa inventare tanti congegni con decenni di anticipo. Così sono arrivato alla insindacabile conclusione che Hellingen proviene dal futuro. Rimasto bloccato nell’epoca di Zagor, ha costruito i suoi strumenti e il robottone utilizzando le rozze tecnologie esistenti nell’America del 1830. Escluderei, però, che si possa costruire un robot così alto: crollerebbe al primo passo in obbedienza alle leggi della fisica.
Spero vivamente che la Bonelli accolga questa mia versione del passato di Hellingen, giustificando i punti in contraddizione come frutto di una amnesia.
Iron Man (n. 66 = 15) è il primo supercriminale in costume di Sergio Bonelli, dopo Marcus il Grande di Ferri.
Dato che Bonelli seguiva i comic book americani, e alcuni li passava a Ferri per copiarne le copertine, possiamo ipotizzare che l’ispirazione gli sia venuta dall’Iron Man della Marvel (uscito nel 1963).
Zagor perde i sensi perché la punta dell’arma di Iron Man è stata intinta in una sorta di sonnifero. Espediente un po’ fighetto, per un tizio così truce.
Nel numero successivo, il 67 = 16, Zagor incontra il primo popolo misterioso. Una razza di ominidi che non dovrebbe mai avere calpestato il suolo americano: i primi abitanti che vi giunsero dall’Asia, solo 15 mila anni fa o poco più, erano uomini perfettamente moderni.
La scena madre del grande idolo fatto crollare dall’altare è stata ripetuta innumerevoli volte nei fumetti d’avventura, dopo che l’aveva disegnata Hal Foster in una tavola di Tarzan riprendendola dal film italiano Cabiria, il kolossal con i testi di D’Annunzio dove compare per la prima volta Maciste. Da Maciste a Tarzan, fino a Zagor e oltre.
L’avvoltoio è un altro criminale in costume, anche se meno originale.
In un successivo episodio non c’è un antico popolo perduto, come accade sempre nel cuore dell’Africa nei romanzi di Tarzan scritti da Edgar Rice Burroughs, ma qualcosa di simile: un archeologo ricrea l’antico Egitto nel deserto americano servendosi di pellirosse.
Nel numero 78 = 27, vediamo per la prima volta il barone Icaro La Plume, costruttore di macchine volanti. La tecnologia dei suoi velivoli nei prossimi episodi, non in questo, è troppo avanzata per l’epoca. Così da piccolo avevo deciso che La Plume fosse un ex allievo di Hellingen, l’uomo venuto dal futuro, al quale aveva ciulato qualche progetto.
A Gallieno Ferri si alterna Franco Donatelli (1925-1995): a lui viene affidato, nei numeri 91 e 92 (= 40 e 41), il ritorno del più grande nemico di Zagor.
Ebbene sì, c’è dietro proprio il professore pazzo.
Hellingen vuole recuperare Titan dal lago dove Zagor l’aveva fatto sprofondare .
Sergio Bonelli trova sempre soluzioni semplici e credibili per abbattere Titan: la prima volta lo fa affondare, la seconda gli fa sbattere contro una corazzata.
Bonelli aveva una passione per i film horror degli anni trenta, anche se anagraficamente è probabile che abbia visto prima le parodie horror di Gianni e Pinotto.
Un licantropo alla Lon Chaney affronta Zagor nel n. 100 = 49. Ancora Donatelli ai disegni.
Il moderato coraggio di Cico viene fuori solo all’ultimo momento, anche se non è paragonabile a quello del primo Cico di Ferri.
Donatelli disegna questa sequenza con il buffissimo going-going, un immaginario animale in via di estinzione che ricorda l’indescrivibile Scarpantibus di Alto gradimento, la trasmissione radiofonica di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni.
Invenzioni che rendevano magico il mondo di Zagor. Anche perché noi lettori eravamo certi che prima o poi il going-going sarebbe tornato (e infatti fu così), quasi a dimostrare l’esistenza di questa dimensione fantastica.
I vichinghi, che hanno un po’ sfranto gli attributi con quegli elmi da cornutoni rubati ai costumi della trilogia wagneriana dell’Anello dei Nibelunghi, in America ci sono stati davvero. Non avendo portato con loro i cavalli e non esistendo ancora la polvere da sparo nell’anno 1000, le loro armi di metallo non erano sufficienti per contrastare i numerosi indiani dell’attuale Canada e alla fine se ne tornarono in Groenlandia (che tecnicamente sempre America è).
solo una rettifica: i films turchi di Zagor sono 2, non 3. infatti, quello del 1970
intitolato “Zagor”, nonostante il titolo, non ha nulla a che fare con Zagor.
Ho corretto, grazie.
Davvero un bell’articolo, ma io sono come il Jase Robards di Tutti gli Uomini del Presidente e scavo e scavo fino a che non vedo una pepita che scalpello e cesello prima di portarla alla luce. Ho le mie fonti. Tizi poco raccomandabili di quelli che popolavano i racconti di Beppe Viola e che mancano tanto ad Andrea G. Pinketts.
Sarò circospetto. Ellittico. Diciamo che il ragazzo Ferri è rimasto folgorato dalla Francia e da quella aria di libertà che là si respirava mentre in Italia si era ancora a Totò e Carolina censurato di qua e di là. Amici mangiarane gli raccontano roba che nemmeno in Cabaret con la Minnelli. E’ giovane, ha fantasia e si sente padrone del mondo che intende forgiare. A Milano si presenta ad un riccioluto Sergio Bonelli con un portfolio pieno dei suoi disegni di un personaggio chiamato Maskara ovvero un pulotto travet di giorno che di notte indaga en travesti in locali equivoici e si scontra spesso con Kajal , il malese pittato come una sciantosa ( sic ). Fergal, come si firma al tempo, pensa che Maskara e Kajal si attraggano e respingano ad un tempo. Avreste dovuto vedere la faccia di SBE. Mi è stato detto che se in quel momento fosse entrato un fattorino e gli avesse detto che la Amazzonia stava bruciando come un cerino, non avrebbe comunque mosso un muscolo. Bobby Fischer che subisce lo scacco matto di Forrest Gump. Non so se rendo. Secondo la leggenda, la paresi durò cinque minuti. Quando le rotelle del futuro papà di Mister No ripresero a girare, SBE realizzò che non era il caso di lasciarsi scappare un ottimo disegnatore, ma – a velocità supersonica – si mise ad elaborare una strategia per impedire a Fergal di continuare nel suo delirio. Il genio deve arrivare il giorno prima, non venti o trent’anni prima. Naturalmente SBE aveva gli skills sufficienti a rimettere il treno in carreggiata e lanciarlo nella direzione giusta, ma a chi conosce questa storia resta il dubbio: e se …?
E questo Lingua dei Croati sopra ho visto Serbo.Bonelli Zagor e nato in Italia 1961,ma in Serbia 1969 fino alla fine del 1991.
In Croatia 1995,ma Serbo lingua e sempre Croato per molti oggi.
[…] I non pochi supereroi italiani creati tra la seconda metà degli anni quaranta e i primi anni sessanta, come Plutos di Gian Luigi Bonelli, imitavano quasi sempre Phantom, piuttosto che Superman e successori. C’è persino un supereroe western ispirato a Phantom che esce ancora oggi nelle nostre edicole: Zagor di Gallieno Ferri e Guido Nolitta/Sergio Bonelli. Vi rimando all’articolo che gli ho dedicato: “Chi ha creato veramente Zagor?”. […]
[…] Il disegnatore di Luc Orient era Eddy Paape, nato in Belgio nel 1920 e morto nel 2012. Pur avendo una lunga carriera professionale alle spalle, in Italia è noto solo per Luc Orient. Il “Corriere dei Piccoli” aveva pubblicato anche il suo Yorik delle Tempeste, su testi di André Paul Duchâteau (lo sceneggiatore di Ric Roland), una suggestiva storia di pirateria. Il suo stile rétro mi ricorda Gallieno Ferri di Zagor. […]
complimenti per articolo , in effetti a me piaceva solo la dimensione fantastica di zagor, un super eroe ambientato nel west, ma non mi é mai piaciuto di averlo messo Cico come spalla , che senso aveva ? Mai capito ,poi da grande pensai che poteva essere un soggetto per una storia gay tra cico e zagor trasposizione mai avvenuta ? Forse qualcuno lo fara prima o poi 🙂
Basta scoprire chi dei due si recò in vacanza in Grecia settentrionale, nella Zagoria, alle Meteora (Angelino e Serafino) e a Kastoria, vero regno dei trapper nostrani (nel senso di Europei).