BERSERK E L’INQUISITRICE

BERSERK E L’INQUISITRICE

VIETATO AI MINORI Berserk è un fumetto di Kentaro Miura realizzato a partire dal 1989 per il settimanale “Young Animal”, della casa editrice Hakusensha. In Italia viene pubblicato dal 1996 in diverse edizioni dalla Panini. La serie di Berserk, arrivata alla 38esima raccolta in volume, è ancora in corso (sia pure a rallentatore). Malgrado il titolo della serie, il personaggio non si chiama Berserk, ma Gatsu il “guerriero nero”. Non è un fumetto consigliabile agli estimatori di Principe Valiant, l’elegante fumetto di Hal Foster pubblicato nelle pagine dei supplementi domenicali a colori dei quotidiani americani a partire dal 1937 e, recentemente, ripresentato in Italia dalle edizioni Nona Arte. All’inizio della saga, Valiant è un giovane che sogna di diventare cavaliere della Tavola rotonda secondo la stucchevole tradizione romantica, sicuramente lontana dalla realtà storica. Per distinguere la verità dall’ipocrisia della letteratura, basti dire che Thomas Malory, a cui dobbiamo le storie più famose dei cavalieri di re Artù, è stato imprigionato più volte per rapina e stupro durante le battaglie, due attività probabilmente consuete per molti cavalieri. Ecco, rispetto Valiant, Gatsu esagera dal lato opposto. Pur essendo personalmente un ragazzo per bene, fa parte di un mondo dove la violenza è ipertrofica. Tanto per fare un esempio, queste sono le prime quattro tavole della serie. Le pagine dei fumetti giapponesi si guardano da destra a sinistra. Per difendersi in questo habitat che solo eufemisticamente possiamo definire ostile, Berserk è dotato di alcune armi particolari, come la balestra a ripetizione incorporata. Qualcosa di simile, in una versione più grande, l’avevano gli ellenistici e i romani. Soprattutto, Berserk è dotato di uno spadone esagerato che nessun essere umano riuscirebbe a maneggiare, ma che lui utilizza con dovizia per macellare i nemici. C’è da dire che il buon vecchio Ken il Guerriero, nel quale è chiara l’ispirazione splatter, otteneva lo stesso effetto usando le sole mani nude. Bisogna cercare di capirlo, Berserk è nato cadendo dal corpo di una donna impiccata, per poi venire adottato da un gruppo di mercenari che l’hanno tirato su in mezzo al sangue. Stavolta, similmente a Principe Valiant, non si capisce in quale epoca di preciso si muova Berserk. Però se la griglia di Valiant è di almeno un millennio, dal 500 al 1500, quella di Berserk pare restringersi al 1200-1500 (con accenni al 1600 per quanto riguarda l’alta moda femminile di palazzo). I giapponesi leggono sin da bambini le favole ambientate in un favoloso medioevo europeo, malgrado possiedano un passato ricco di samurai e di essere magici (tra i quali noi tutti prediligiamo i kappa acquatici), quindi non stupisce se amano questo genere anche da grandi, sia pure rivisitato. A mortificare ulteriormente la nostra esigenza di logica, c’è il fatto che la geografia di Miura è quasi del tutto inventata. Berserk è un personaggiosword and sorcery(“spada e stregoneria”), cioè un fantasy per maschi. In effetti la magia è molto presente, e tenendo conto dell’aria di disperazione che circonda questo personaggio, direi che è stato ispirato dal primigenio e più celebre eroesword and sorcery,Conan il Barbaro, soprattutto quello della versione cinematografica di John Milius (1982). Il film di Milius inizia con la tribolatissima infanzia e adolescenza di Conan: sicuramente Miura ha cercato di catturarne le atmosfere. Se Conan è ambientato in una improbabile preistoria perduta (dove il suo creatore Robert E. Howard ha posto i popoli antichi che Edgar R. Burroughs collocava nell’Africa di Tarzan), Berserk vive in una dimensione alternativa. Simile al nostro mondo, ma non il medesimo. Miura non aveva alcuna voglia di studiare il complicato medioevo: è sempre più comodo inventare. Nel medioevo horror di Berserk, Kentaro Miura traspone tutti gli elementi magici che può, lasciandoli agire senza spiegarne il senso, se non per vaghi cenni. L’amuleto chiamato Behelit ricorda il simbolo cosmico dell’uovo (ma deriva dai concetti dei film diHellraiser) e la tendenza al cosmico in Berserk, non trovando sbocchi, alla lunga diventa stucchevole. In generale non è facile giustificare il senso delle situazioni magiche, e infatti Miura non sa districarsi nelle sue figure soprannaturali, che ogni tanto passa in rassegna solo per ricordare che ci sono. Sottendono qualche avvenimento apocalittico previsto per il gran finale, se mai si arriverà a quel momento: Miura va avanti a braccio senza sapere dove andrà a parare, come capiamo sin dall’enorme parentesi aperta dopo l’inizio della seriein media res, per narrare la storia del personaggio dal principio. Le presenze mostruose di Berserk, come gli eventi soprannaturali che appaiono nella serie “X” delle Clamp, servono a creare il clima delle storie indipendentemente dal fatto che l’apocalisse arriverà davvero. Parlando di esseri magici, lo stesso compagno inseparabile di Gatsu è un elfo. Una specie di Campanellino di Peter Pan, il mio personaggio preferito di Walt Disney (Campanellino, non Peter Pan). Da piccolo ne volevo uno come lei per giocarci, tanto era “birichina”. Soprattutto gli avversari magico-mostruosi di Berserk ricordano quelli di Conan, anche se hanno un fondo più esoterico. Il loro aspetto viene preso in prestito da qualsiasi tradizione disponibile, persino da quella fantascientifico-filmica: da “Mars attacks!” ad “Alien”. Oltre all’aspetto soprannaturale c’è quello guerriero, che risveglia nel lettore il desiderio del combattimento fisico. Rappresenta una regressione infantile, ai tempi dei pupazzetti dei Masters of the Universe (o i robottoni che avevano in Giappone) e delle lotte con i coetanei. Questa componente di Berserk agisce nelle menti dei lettori ormai non più tanto giovani per praticare ancora questo tipo di svaghi, ma neppure troppo vecchi per esserseli dimenticati. La violenza scatena anche la parte propriamente sadica dei lettori, repressa dai genitori nell’infanzia. Repressione sicuramente maggiore nei giapponesi. Il sesso è spesso, anche se non sempre, rappresentato in forma violenta o collegato a mostri stupratori. Pure i nemici con le sembianze umane sono in un certo senso mostri, semplici personificazioni del male e quindi noiosi in quanto privi di spessore. Solo le figure intermedie nelle file degli avversari, che sembrano spesso volere cambiare fronte (e a volte lo fanno), sono ricche di ambigue sfaccettature. Non mi avventuro a descrivere ogni singolo personaggio e avversario della serie, perché questi sono un fottìo e l’elencazione sarebbe tediosa. I lettori proiettati nel mondo di Berserk possono provare per alcuni di essi anche forti sentimenti affettivi. Per esempio, un tizio che conosco vorrebbe avere rapporti sessuali con Slan: inutile spiegargli che non esiste. A me fanno schifo i suoi capelli. Ogni tanto gli episodi di Berserk si condensano attorno a un personaggio e a una situazione, dando vita a una storia di senso più o meno compiuto. La qualità della sceneggiatura è diseguale: a cicli di buon livello, soprattutto all’inizio, se ne alternano troppi scritti con i piedi. La mia storia preferita è quella che inizia nel volumetto numero 15, con al centro l’inquisitrice Farnese (i Farnese erano una dinastia italiana del rinascimento), comandante della Santa catena ferrea (qualunque cosa voglia dire). La giovane è stata inviata dalle autorità ecclesiastiche paracristiane per indagare su Berserk, dato che intorno a lui sembra avvenire ogni sorta di evento sovrannaturale. Seguendo la scia delle devastazioni lasciate da Berserk nella sua diuturna lotta contro i mostri, la vezzosa Farnese si avvicina alla preda. La stronzetta, ritenendo Berserk colpevole delle morti e delle devastazioni dovute ai mostri che lo perseguitano, ordina ai suoi uomini di catturarlo. Pur indebolito da uno scontro precedente, il nostro eroe si difende come un leone. Adesso traduco letteralmente per voi ignorantoni che non conoscete le lingue straniere. “Mi fate una sega!”.“Dice a te, capo!”.“Spaccategli il culo, teste di cazzo!”. Il mio inglese è purissimo. “E ora chi ce l’ha più lungo, eh?”. “Lestofante, pagherai il fio!”: Farnese si esprime, invece, in maniera aulica. Il solito culo dei principianti, Berserk, affaticato da tanti scontri, sviene. Non certo per lo spiedino della stronzetta, che in altre circostanze avrebbe usato come stuzzicadenti. A proposito di culo, ecco il solito cortigiano che si fionda subito a leccarglielo complimentandosi per la sua supposta brillante azione. Del resto, alzi la mano chi non lo leccherebbe a Farnese. Minchia, pure le donne l’hanno alzata. “Legatelo al palo e andatevene”. Ah, si gioca al sadomaso… “Parla! Dimmi chi sei realmente e quali sono i tuoi sinistri obiettivi… se no ti faccio assaggiare la frusta!”. Lui fa il duro e allora lei ci dà dentro. Non aspettava altro, la troia. Proprio quando Farnese si stava bagnando, arriva quello stracciacazzi di ufficiale a chiedere spiegazioni. C’è sempre qualcuno che se ne fotte della delicata sensibilità femminile. Berserk viene messo nel gabbio, ma il suo elfo tascabile lo libera. Ora capisco a cosa serve. Mentre scappa, scorge Farnese che si autoflagella per punirsi del peccato di lussuria, perché si era eccitata mentre fustigava Berserk. Adesso si eccita facendo lo stesso con se stessa, davanti alla specie di crocifisso che adora. Rivedendo il bel guerriero, Farnese ha un orgasmo improvviso che la fa svenire. Stesso effetto che faccio io alle donne. Durante la fuga con il bell’ostaggio, Berserk viene nuovamente assalito dai mostri. E che palle, non si può mai avere un po’ di intimità in questo fumetto. La fanatica fa sangue anche al cavallo mostruosizzato dall’atmosfera magica, che le regala un bel rapporto orale… anzi no, vuole solo prepararla per un rapporto di tipo tradizionale (a giudicare dal batacchio). Lei è stravolta, ma non sembra negarsi: tutto fa curriculum. La prospettiva però fa montare su tutte le furie quel gelosone di Berserk. Toh, ecco la testa di cavallo del film “Il padrino”. Per l’intervento non richiesto di Berserk, lei non sa se ringraziarlo o mandarlo affanculo, probabilmente la seconda. “Passata èla tempesta: odo augelli far festa“, declamava il poeta. “Purtroppo la festa non la fanno a me”, pensa Farnese rimpiangendo l’augellone dell’equino defunto. All’improvviso arriva la vocina interiore di Farnese, che dice:“Dì la verità, ti eccitavi come una porca quando lo frustavi, eh?”. “E anche quando ti autoflagellavi con il pretesto della penitenza, lo facevi per sentirti umida sotto… il dolore ti piace sia darlo sia riceverlo. Più darlo, che riceverlo”.