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ALBERTO BRECCIA, IL FUMETTO COME SPERIMENTAZIONE

History is littered with hundreds of conflicts over the future of a community, group, location or business that were “resolved” when one of the parties stepped ahead and destroyed what was there. With the original point of contention destroyed, the debates would fall to the wayside. Archive Team believes that by duplicated condemned data, the conversation and debate can continue, as well as the richness and insight gained by keeping the materials. Our projects have ranged in size from a single volunteer downloading the data to a small-but-critical site, to over 100 volunteers stepping forward to acquire terabytes of user-created data to save for future generations. The main site for Archive Team is atarchiveteam.organd contains up to the date information on various projects, manifestos, plans and walkthroughs. This collection contains the output of many Archive Team projects, both ongoing and completed. Thanks to the generous providing of disk space by the Internet Archive, multi-terabyte datasets can be made available, as well as in use by theWayback Machine, providing a path back to lost websites and work. Our collection has grown to the point of having sub-collections for the type of data we acquire. If you are seeking to browse the contents of these collections, the Wayback Machine is the best first stop. Otherwise, you are free to dig into the stacks to see what you may find. The Archive Team Panic Downloadsare full pulldowns of currently extant websites, meant to serve as emergency backups for needed sites that are in danger of closing, or which will be missed dearly if suddenly lost due to hard drive crashes or server failures. “La storia del fumetto va divisa in due epoche: quella che precede Alberto Breccia e quella che viene dopo Alberto Breccia”, Frank Miller. La storia personale diAlberto Brecciasi confonde con quella del fumetto argentino, del quale è stato uno dei padri nobili e certamente il disegnatore più rappresentativo. Nato a Montevideo, capitale dell’Uruguay, da una famiglia di origini italiane, all’età di tre anni si trasferisce con i genitori aBuenos Aires, dove cresce assorbendo lo spirito e la cultura argentine. Spirito irrequieto e appassionato, non ha mai smesso di sperimentare l’utilizzo di tecniche sempre nuove nel tentativo di raggiungere la massima profondità espressiva, arrivando così a creare un ponte tra il fumetto popolare e quello “d’autore”. Artista visionario e impegnato, ha legato la sua produzione alle vicissitudini dell’Argentina durante i decenni che seguirono la seconda guerra mondiale. Alberto Breccia disegnò le sue storie dalla caduta del peronismo alle giunte militari che trascinarono il paese nella “guerra sporca”, che vide l’eliminazione di oltre 30mila persone, tra le quali il suo caro amico sceneggiatore Hector German Oesterheld. Si tratta di una storia travagliata che tenteremo di ripercorrere attraverso le opere più riuscite di questo maestro dell’historieta. Sherlock Time (1959) Hugo Pratt, suo grande amico, gli disse un giorno:“Tu, alla fine, non sei che una puttana da quattro soldi, perché sprechi il tuo tempo con Vito Nervio quando potresti fare cose molto migliori”.Vito Nervioera un fumetto seriale senza infamia e senza lode che Breccia portava avanti, imitando lo stile di Milton Caniff, fin dal 1947. Queste parole colpirono Breccia, tanto che nel 1959 sulle pagine diHora Ceroiniziò la sua prima collaborazione con il direttore-editoreHector German Oesterheld. Ne uscì fuoriSherlock time, che come suggerisce il nome di professione fa “l’investigatore del tempo”. Sherlock Time riflette in gran parte le passioni dei suoi autori, situandosi a cavallo tra la fantascienza, amata da Oesterheld e l’horror, grande amore di Breccia. Sono proprio le atmosfere horror che danno la possibilità a Breccia di fare un decisivo passo avanti stilistico rispetto a Vito Nervio. Alberto Breccia ha ben chiaro che la rappresentazione dell’orrore non può essere realizzata efficacemente attraverso un disegno realistico. Del resto nei libri horror la paura è affidata a descrizioni che in realtà non descrivono nulla di preciso e allo stesso modo nei film horror l’ansia arriva più da quello che non si vede che da quello che si vede. Breccia capisce che per raffigurare al meglio la paura deve affidarsi all’arte astratta. Ecco allora che le vignette si riempiono di vorticose linee di inchiostro a tratteggiare figure sostanzialmente informi, impossibili da cogliere nella loro irrazionalità. Breccia si appropria quindi, con talento artistico e consapevolezza fumettistica, dell’arte astratta per rappresentare l’irrappresentabile. Rinuncia a futili tentativi di rendere coerenti descrizioni che non intendono esserlo, per mettere in evidenza il tono e il senso di disagio, e poi di terrore di fronte a entità che sono per loro stessa natura inafferrabili.In Italia questi episodi furono pubblicati sul settimanale Lanciostory tra il marzo e il dicembre del 1978. Mort Cinder (1962) Hora Cero chiude nel novembre del 1959, insieme all’età d’oro del fumetto argentino che non vedrà mai più così tanti talenti riuniti in una sola rivista. Il maestro uruguaiano abbandona per un po’ il fumetto dedicandosi alla pubblicità. Poi torna. Ancora una volta assieme a Oesterheld, per lasciare un segno indelebile nel fumetto mondiale. Il tutto avviene sulle pagine di MisterX, storica rivista fondata dall’Editorial Abril diCesare Civita, passata nel 1957 alla Yago Editorial, che pubblicherà gli ultimi capisaldi della scuola argentina del fumetto. Diciamo subito cheMort Cinderè un capolavoro assoluto. È uno di quei rari casi dove le differenze tra arte “bassa” e arte “alta” si azzerano. Mort Cinder rappresenta da subito un’anomalia, un’opera che impone regole nuove nella produzione di massa, che ribalta il rapporto tra sperimentazione e procedimenti grafici tradizionali e mette in discussione il significato stesso della tecnica e del linguaggio del fumetto. Come riporta Beppi Zancan nell’ introduzione al volumeOscar Mondadorin. 521 gli uomini dagli occhi di piombo la tecnica usata nelle tavole è complessa. “Alberto Breccia per Mort Cinder ha usato il pennello con l’inchiostro di china variamente diluito, a volte mescolato con la colla (quella solida, tipo cocoina). Ma, oltre al pennello e agli strumenti tradizionali, ha usato anche le lamette da barba (per effetti vari e sfumature nella china). E ha fatto largo uso di oggetti tra i più disparati, come i tamponi e le spugnette per ottenere effetti tipo impronte, aggiungere un senso di materia alle cose disegnate, macchie sugli sfondi.Negli episodi del penitenziario, poi, Breccia ha fatto anche un magistrale uso del retino”. Furono la povertà, la mancanza di lavoro e il calvario dovuto alla malattia della moglie a spingere Breccia verso la sperimentazione. Mort Cinder è un fumetto che nasce da una crisi che è insieme economica e morale, i segni decisi della lametta che incide la china sulla carta rimangono indelebili a testimoniare una profonda sofferenza interiore. Le storie di Mort Cinder furono pubblicate in Italia sulla rivista Il Mago dal n. 3 del giugno 1972, con la prima parte della storiaGli occhi di piombo, fino al n. 19 dell’ottobre 1973, con la seconda parte della storiaLa battaglia delle Termopili.Dopo la pubblicazione su Il Mago c’è stato il passaggio nella collana degli Oscar Mondadori, nel volume n. 521 del febbraio 1974. Nel 1979 per la Imago Libri, a cura di Luigi F. Bona, esce una edizione cartonata in quattro volumi di grande formato con una qualità di stampa eccezionale, in cui si distinguono tutte le pennellate del maestro. Vida del Che (1968) L’ultima avventura di Mort Cinder (La battaglia delle Termopili) viene pubblicata in Argentina sui numeri 794-800 di Misterix nei primi mesi del 1964. Col numero 859, uscito nel maggio del 1965 la rivista chiude e termina quello che era rimasto dell’età d’oro del fumetto argentino. L’ingresso massiccio in Argentina di riviste popolari di fumetti messicane a poco prezzo, le traduzioni dei supereroi nordamericani e la diffusione della televisione provocano il trasferimento in Europa (dove erano pagati meglio) di alcuni dei principali protagonisti di quella stagione.Alberto Breccia non si trasferisce, ma comincia a lavorare per l’editore inglese Fleetway, e per il mercato italiano, dove pubblica sul Corriere dei Piccoli, e inizia a insegnare presso il“Instituto de Directores de Arte”. Il suo stile segna un passo indietro per quello che riguarda la sperimentazione, risultando standardizzato rispetto a quello sensazionale utilizzato per Mort Cinder. Il disegnatore di origina uruguaiana ritorna a stupire nel gennaio 1968 quando insieme al figlioEnrique, disegnatore dotato destinato pure lui alla notorietà (seppur lontano dalle vette paterne), realizza su testi di Hector German Oesterheld una specie diinstant booksulla vita di Ernesto “Che” Guevara, icona della ribellione giovanile, ucciso il 9 ottobre 1967. Alberto Breccia utilizza in quest’opera uno stile più sperimentale di quello per le opere successive a Mort Cinder, anche se comunque tradizionale rispetto alle storie dell’immortale viaggiatore del tempo. Breccia vuole qui essere soprattutto imparziale e descrittivo, completamente al servizio della importante funzione storica dell’opera, pertanto solo occasionalmente si concede qualche vignetta sperimentale, con il ricorso al collage e altre tecniche. Il volume otterrà un successo al di là delle previsioni. L’Eternauta (1969) La rivista giornalistica argentina Gente nel 1969 commissiona a Hector German Oesterheld un remake del suoL’Eternauta, stavolta non più con un disegnatore dal taglio tradizionale comeFrancisco Solano Lopez, ma di un vero e proprio artista come Alberto Breccia. Ci sono tutti i presupposti per trovarsi di fronte ad un capolavoro, ma non sarà così. La nuova versione dell’Eternauta inizia a essere pubblicata sul numero 201 di Gente. Fin dalle prime pagine capiamo di trovarci di fronte a una sceneggiatura molto più cupa e senza speranza, anche rispetto a quella non certo ottimistica uscita nel 1957. Breccia poi taglia decisamente i ponti con il disegno preciso e lineare di Solano Lopez, schiacciando l’acceleratore sulla sperimentazione che a volte risulta fine a se stessa, poco funzionale alla narrazione. Con il numero 209 qualcosa inizia palesemente a incrinarsi. I lettori del primo Eternauta insorgono e, nella rubrica della posta, iniziano a criticare l’Eternauta di Breccia. I lettori non contestano la bravura del disegnatore, del quale riconoscono l’unicità, ma facendo il paragone con Solano Lopez rilevano come il tratto di Breccia appaia spesso confuso, con vignette a volte incomprensibili e protagonisti che si confondono tra loro. Nel n. 216 il direttore Carlos Fontanarossa ammette che qualcosa nell’operazione non ha funzionato, evidenziando come“la forma, il mezzo, si è convertito in fine e ha perso per strada i suoi obiettivi”. Di fronte al secco rifiuto di Alberto Breccia di rendere il suo stile di disegno più “tradizionale”, il direttore della rivista sollecita la chiusura della serie.A distanza di anni rimane il rimpianto per quello che poteva essere e non è stato e lo stupore di fronte alla carica espressionista, glaciale e deformante delle illustrazioni di Breccia, che realizza tavole oscure e paurose che mal si prestano a raccontare quella che ormai era diventata la “storia” Argentina per eccellenza. Nel 1972 la versione pensata per Gente compare a puntate in Italia su Linus, riscuotendo un discreto successo. I lettori italiani, che non potevano fare i paragoni con la versione di Solano Lopez (a quei tempi ancora inedita in Italia), apprezzarono lo stile di Breccia trovandolo molto sofisticato. Sette anni dopo uscirà un volume che raccoglie tutte le puntate. Titolo: “Oltre il tempo”. Casa editrice: L’isola trovata. I miti di Chtulu (1973) Nel 1973, dopo una breve pausa, Alberto Breccia torna a disegnare fumetti e lo fa misurandosi con un gigante comeH.P. Lovecraft. Da sempre affascinato dalle tematiche horror, l’autore argentino si trova a proprio agio con le atmosfere dei “miti di Chtulu”. Compreso che Lovecraft prima che all’orrore tende all’astrazione, Breccia crea un fumetto che più che poggiarsi sul terrificante lo fa sull’arte informale. I mostri di Breccia sono macchie d’inchiostro, tratteggi informi di grafite, collage di cose familiari che riescono ad apparire inquietanti. Perché, dice l’autore,“volevo che ogni lettore aggiungesse del suo alla mia rappresentazione di Lovecraft: che sovrapponesse alla base informe che gli fornivo i propri timori, la propria personale paura”. Non si sta parlando di un orrore fisico, viscerale, ma di un orrore astratto, indescrivibile. Le divinità di Lovecraft sono spesso solo nomi. Di loro sappiamo poco o nulla, abbiamo solo descrizioni sommarie, inadatte a una rappresentazione figurativa. Ci è concessa la massima libertà: li possiamo immaginare a nostro piacimento, come masse di gelatina o nebulose nello spazio profondo. Per descrivere l’indescrivibile il maestro argentino fa ricorso ai mezzi più disparati. Utilizza uno stile convenzionale, quasi classico, nella descrizione degli esseri umani, raffigurati con anatomie accademiche e abiti d’epoca. Si avvale della tecnica del collage per mettere in scena le location dove si svolgono le storie. Questa tecnica permette di realizzare ambienti ambigui che emanano un profondo senso di irrealtà, dando così un contributo decisivo almooddella storia. Infine, quando arrivano i mostri, Breccia si rifugia nell’astratto, in questo caso nell’informale. Il risultato finale, raggiunto attraverso sgocciolamenti di inchiostro, tagli, cancellature e sovrapposizioni di biacca, lascia a bocca aperta. Si tratta di una serie di nove racconti pubblicati sulla rivista Il Mago tra il 1973 e il 1975 e poi raccolti in volume dall’editore L’isola trovata nel 1978. Un tal Daneri (1975) Dopo la crisi di inizio anni sessanta il fumetto argentino vive una nuova primavera a partire dai primi anni settanta, legata principalmente alla rivista Skorpio, da non confondere con la successiva “versione” italiana. Skorpio apparve nelle edicole nel luglio 1974, sotto la direzione di Alfredo Scutti per le Ediciones Record. Ben presto Skorpio vendette così bene da spingere l’editore a lanciare altre riviste, testimoniando l’inizio di una una nuova primavera per il fumetto argentino. Tra queste riviste è rimasta nella storia Mengano, una pubblicazione che ospitò i primi lavori diCarlos Trillo, all’epoca giovane sceneggiatore esordiente che, per una serie di fortunate circostanze, riesce a fare coppia con Alberto Breccia. Dalla loro collaborazione nascono otto episodi senza titolo, pubblicati tra il 1975 e il 1977, che hanno come protagonista un “tal Daneri”. Sono storie profondamente argentine, a partire dal nome del protagonista che omaggia un personaggio dell’Aleph, il capolavoro di Jorge Luis Borges. Carlos Trillo ci racconta le avventure di un maturo investigatore privato, cinico e disincantato, impegnato in casi fallimentari che hanno per protagonisti perdenti e poveracci, i quali vagano tra i bassifondi di una città decadente e crudele in cui riaffiorano vecchi ricordi, inutili vendette, laceranti solitudini e amori sbagliati. L’ambientazione è quella del barrio Mataderos, quartiere di Buenos Aires in cui Breccia ha trascorso gli anni della giovinezza. Le sperimentazioni di Breccia sono qui funzionali alle atmosfere dei racconti e trovano nella tecnica del collage una modalità espressiva perfetta per rappresentare un’Argentina cupa e decadente, i suoi vicoli scuri, i suoi locali di terz’ordine. Il protagonista, dal volto e dall’anima segnati è afflitto da una stanchezza eterna e immutabile. In Italia vennero pubblicati negli anni settanta da Milano Libri sulla rivistaAlter Altere, in volume, dalle Edizioni Editiemme.

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