3 Novembre, Pupi Avati spegne le sue prime 87 candeline | Una vita tra musica e cinema
        Pupi Avati - fonte_Ansa - Giornalepop.it
Il 3 novembre di 87 anni fa, nasceva Pupi Avati uno dei più grandi maestri del cinema italiano. Lo festeggiano tutti coloro che hanno avuto il piacere di collaborare con lui.
Per il cinema italiano il 3 novembre è una data veramente molto speciale, si festeggia il compleanno di uno dei mostri sacri: Pupi Avati, all’anagrafe Giuseppe Avati. Nato a Bologna nel 1938, proprio oggi spegne le sue prime 87 candeline.
Lui uno dei più grandi mostri sacri del panorama cinematografico italiano, è un autore in grado di spaziare tra generi molto diversi: il grottesco, l’horror, dramma intimista alla commedia poetica. Insomma, una carriera costruita sulla capacità di portare in scena le scene migliori del cinema italiano.
Pupi Avati è nato come musicista appassionato, negli anni della giovinezza suonava il clarinetto e faceva parte della “Doctor Dixie Jazz Band”, insieme ad altri talenti bolognesi. Solo in un secondo momento, con la sensibilità artistica forgiata proprio falla passione per il Jazz, sarebbe arrivato il cinema.
Oggi lo si festeggia, in tutto il mondo cinematografico.
Dall’horror al successo: la carriera di un autore fuori dagli schemi
Era il 1968 quando Pupi Avati ha avuto il suo debutto dietro alla macchina da presa. Tutto è iniziato con “Balsamus, l’uomo di Satana”, un horror grottesco che già mostrava la sua voglia di sperimentare. Ovviamente questo è stato solo il primo tassello della sua carriera a cui seguì poi: “Thomas e gli indemoniati”, altra incursione nel fantastico. Non accontentandosi Avati si affermò anche come sceneggiatore, collaborando a “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini.
Pochi anni di lavoro intenso e nel 1974 arrivò il primo dei riconoscimenti importanti grazie a “La mazurca del barone, della santa e del fico”, film ispirato alla poetica di Fellini, mentre tre anni dopo realizzò “Bordella”, un musical demenziale con un giovanissimo Christian De Sica, censurato per i suoi toni provocatori. 2 anni dopo il vero salto di qualità con “La casa dalle finestre che ridono”, capolavoro del cinema horror italiano, in cui l’autore univa paura, arte e mistero in una cornice gotica e psicologica rimasta nella storia del genere.

Un artista che continua la sua missione di raccontare
Ci vorrebbe un’intera enciclopedia per raccontare il lavoro di Pupi Avati che non si è mai fermato, anche quanto il cinema italiano sembrava essere sul ciglio del precipizio, lui ha continuato a raccontare storie, senza lesinare sull’umanità, la memoria e il sentimento. Nel 1999 scrisse e diresse “I cavalieri che fecero l’impresa”, tratto dal suo omonimo romanzo, dimostrando di saper unire letteratura e cinema con naturalezza.
Una breve pausa prima di tornare alla macchina da presa nel 2003 con “Il cuore altrove”, per un nuovo periodo di successi che hanno portato a: “La seconda notte di nozze”, “Ma quando arrivano le ragazze”, “La cena per farli conoscere”, “Il papà di Giovanna” e “Il figlio più piccolo”. Insomma Pupi Avati che oggi spegne 87 candeline è la memoria viva del cinema italiano, un autore che non ha mai smesso di credere nella forza del racconto, nel potere della nostalgia e nelle imperfezioni della vita.
