PANE NOSTRO QUOTIDIANO
Il pane è uno dei cibi che mangiavo volentieri da bambina e che mangio volentieri ancora oggi. Ho letto che il senso del gusto cambia con l’età e questo è innegabile. Per anni ho pensato che il sapore del coniglio non fosse più quello della mia infanzia. Credevo che succedesse perché i conigli sono allevati in modo industriale. Eppure avevo sentito dire che il coniglio non si adatta a un allevamento intensivo come quello dei polli. Anche il coniglio migliore, che mi era stato garantito come allevato a pane secco e fieno in spaziose conigliere, ha, per le mie papille gustative, un sapore strano.Allora mi sono ricordata che anche mia madre, a un certo punto, non mangiava più la carne. La gettava a terra al cane, di nascosto. Anche mia nonna faceva la stessa cosa. Il mio medico vuole che io faccia una dieta bilanciata e pretende che mangi la carne. La carne e i piatti complicati mi restano nel collo. Eppure ho letto, negli articoli didivulgazione scientifica, che gli anziani percepiscono meno i gusti e ricercano i piatti molto conditi o troppo dolci o salati. Per me non è così. Sento i dolci troppo dolci e non riesco a mangiare i cibi troppo conditi. Vivrei di frutta, di verdura e di pane. O le ricerche non sono precise o il mio senso del gusto è alterato rispetto a quello degli altri vecchi, forse perché prendo un sacco di medicine. La campagnola che faceva mio nonno. Pesava circa un chilo Il pane mi piace sempre, non mi ha mai stancato; lo adoro quando è caldo, appena sfornato, bello fragrante. Ma sono diabetica e, per evitare di mangiarlo, perché poi non so fermarmi più, non lo compro; mi limito a sognarlo. Quando ero bambina abitavo dai nonni perché i miei erano molto impegnati con il lavoro. I miei nonni vivevano in una cascina sulle colline torinesi. C’era un forno a legna abbastanza lontano da casa, in collina. Mio nonno aiutava la nonna a preparare il pane perché era un lavoro duro, da uomini. Bagnava un mezzo sacco di farina. Il pane doveva durare una settimana. Eravamo in tredici perché, durante la guerra, parecchi erano sfollati nella cascina dopo che la loro casa era stata bombardata. La guerra era finita da un pezzo, ma non avevano ancora trovato una sistemazione in città. In cucina c’era una madia, cioè un tavolo con un coperchio che si apriva verso l’alto, e all’interno mio nonno lasciava lievitare il pane con il lievito madre della settimana precedente. Stufa a legna accesa Io mi svegliavo nel letto dove dormivo tra le mie zie e scendevo le scale scalza. Entravo in cucina e trovavo la stufa a legna accesa. Bimba beve il latte Bevevo il latte caldo tutto d’un fiato, seduta vicino al tavolo, mentre il sudore mi colava sul collo attraverso i riccioli. Il nonno litigava con le sue figlie, le mie zie, perché volevano fare i grissini per me. Gli sembrava farina sprecata. Li facevano a forno meno caldo (190°) prima di infornare il pane che doveva cuocere per un tempo maggiore e a forno più caldo (220°), perché le campagnole erano spesse. La forma del pane si chiamava campagnola ed era ben lievitata. Grissini tipo rubatà La sapete la storia dei grissini? In Piemonte la grisa è la pagnotta. Si narra che Vittorio Amedeo II (1666-1731) quando era bambino, cagionevole di salute, non digerisse la mollica del pane. Allora Antonio Brunero, il fornaio della corte sabauda, ideò questo tipo di pane stirando e arrotolando (rubatando i rubatà) piccole bacchette formate con lagrisa(da cui grissini) che non contenevano mollica. Certo che chi ha inventato il pane è stato un genio. Ha osservato che, lasciandolo riposare, l’impasto cresceva di volume sviluppando bolle d’aria che alveolavano la mollica rendendo il pane più digeribile e leggero. Poi un altro genio avrà osservato che, se si conservava un pezzo di impasto della settimana precedente e lo si bagnava di nuovo aggiungendo altra farina, la lievitazione era più veloce e uniforme, e il pane si conservava morbido e più a lungo. I grani che usiamo noi sia per la pasta sia per confezionare il pane derivano da grani che non esistono in natura, non nascono così. Sono ibridi, cioè si sono formati dall’unione tra due tipi di piante. Il grano tenero (triticum aestivum) deriva dall’incrocio tra il farro (triticum spelta) e un’erbaccia (aegilops tauschii). Invece il grano duro (triticum durum), con cui si confezionano alcuni tipi di pane (pane di Altamura) e la pasta, deriva dall’ibridazione deltriticum urartue una specie non ancora identificata di erbacciaaegilops. Questi ibridi appaiono nella stessa zona e nello stesso periodo. La zona è quella della Mesopotamia, tra il Tigri e l’Eufrate, migliaia di anni prima di Cristo. L’apparizione quasi in contemporanea delle due varietà nella stessa zona geografica ha suscitato lostuporenegli studiosi. Le ibridazioni richiedono molto tempo e innumerevoli passaggi intermedi. Noi questo lo sappiamo perché oggi le ibridazioni sono fatte dall’uomo con l’ingegneria genetica. Invece non abbiamo traccia delle ibridazioni intermedie per arrivare al grano tenero e al grano duro. Una vista dell’Ad Deir In Giordania Il pane più antico, di cui si abbia certezza, risale a circa dodicimila anni prima di Cristo ed è stato ritrovato in Giordania. Veniva preparato macinando tra due pietre una miscela di cereali che poi veniva mescolata con acqua. Intorno al tremila avanti Cristo gli egizi avevano perfezionato la lievitazione del pane, che veniva lasciato all’aria e cotto il giorno dopo. Così risultava più soffice e fragrante. Il grano viene coltivato in tutti i continenti e la produzione mondiale è costantemente aumentata negli ultimi anni, raggiungendo oltre 564 milioni di tonnellate. Nel Cinquecento il grano fu introdotto dagli spagnoli in America. Continente che è diventato il maggior esportatore, in seguito al forte impulso dato alla coltivazione e alla selezione delle varietà sulle esigenze dell’industria durante il primo conflitto mondiale, a causa dell’interruzione delle importazioni americane dalla Russia. Giovane mongolo a cavallo con aquila La coltivazione del grano per produrre il pane rese stanziali gli uomini che passarono dalla caccia, dalla pesca e dalla raccolta dei frutti, delle radici, dei funghi all’agricoltura. Un tempo si riteneva che l’agricoltura fosse stata un grande progresso, ma ora le opinioni degli studiosi sono più controverse. È vero che l’agricoltura ha reso il sostentamento degli uomini prevedibile e pianificabile e meno soggetto alla fortuna e al caso, tipici della caccia e della pesca. Nello stesso tempo il possesso del terreno da parte di alcune classi sociali ha condannato gli altri uomini alla dipendenza e alla schiavitù per secoli e secoli. Comunque gli ultimi studi hanno dimostrato che il passaggio dalla raccolta, dalla caccia e dalla pesca all’agricoltura è stato molto graduale ed è durato numerosi secoli. Per molto tempo le diverse attività sono convissute. Una delle farine di grano tenero più usate per fare il pane è lafarina manitoba(proveniente dall’omonima provincia del Canada, regione famosa per l’alta qualità delle farine prodotte). È una farina ricca di proteine che, pur essendo una varietà di grano tenero, ha un alto potere agglutinante. Cresce anche nei paesi piuttosto freddi e, per favorirne la maturazione, quindici giorni prima del raccolto, il grano manitoba viene spruzzato di glisofate che secca istantaneamente la pianta. Una parte del glisofate resta nella farina manitoba prodotta nei paesi freddi. Non si conoscono ancora tutti gli effetti del glisofate, alcuni temono sia cancerogeno (vediqui). La coppia ferrarese era il pane preferito di mia madre. Intorno agli anni sessanta la mia famiglia abitava in un quartiere di Torino detto Madonna di Campagna. Lo strano nome derivava dal fatto che in realtà quello era stato un paese, un tempo. Me lo rivelò un vecchio caporeparto di mio padre, il quale, da ragazzino, andava a piedi dal paese a Torino per lavorare. Il quartiere era pieno di veneti arrivati a Torino dal 1951, in seguito alla grande alluvione del Polesine. La rotta polesana era stata una grande ondata di piena del Po che, nel Polesine, aveva rotto gli argini, allagando le campagne. Circa 180mila persone erano rimaste senza casa ed erano sfollate. I veneti avevano portato i loro piatti e i loro tipi di pane preferiti, tra cui c’era la coppia ferrarese. Era una pasta dura croccante, molto sapida. I fornai del quartiere la sfornavano tutti i giorni. Mia madre ne andava matta e me la mandava a comprare. Poi, con il tempo, quando cominciammo a fare attenzione agli ingredienti, scoprimmo che la coppia ferrarese conteneva un po’ di sugna di maiale cioè di grasso ricco di colesterolo e la coppia ferrarese non ci apparve più così “innocente”. Il pane di Altamura è il pane più venduto in Italia. È fatto con farina rimacinata di semola di grano duro ricavata dalla macinazione di grani duri delle varietà “appulo“, “arcangelo“, “duilio” e “simeto” prodotte in loco. L’area geografica delimitata dove sono prodotti i grani impiegati e le semole rimacinate include i territori dei Comuni di Altamura, Gravina di Puglia, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino Murge, in provincia di Bari in Puglia. Evidentemente i fornai pugliesi hanno una tradizione di panificazione di assoluta eccellenza perché il poeta Orazio, nelle satire, indica un misterioso pane pugliese come il migliore. Lo dice nei “Ricordi di un viaggio” (Satire I, 5, vv. 88-90), una cronaca di un suo viaggio da Roma a Brindisi: “… venit vilissima rerumhic acqua; sed panis longe pulcherrimus, ultracallidus ut soleat humeris portare viator…” ovvero: “… l’acqua, la cosa più comune, qui la vendono;ma il pane è buono veramente, tantoche il passeggero scaltro suole farneprovvista per il viaggio…” Gli studiosi hanno identificato il paese che Orazio non nomina con Ascoli Satriano, in provincia di Foggia. Invece Canosa (provincia di Barletta, Andria, Trani) ha, sempre secondo Orazio, un pane duro come le pietre.