MIKE PLOOG INVENTA L’HORROR DELLA MARVEL

MIKE PLOOG INVENTA L’HORROR DELLA MARVEL

Nel 1971, l’ammorbidimento delle ferree regole delComics Code(la censura del fumetto instaurata nel 1955), permise alle case editrici di fumetti americane di tornare a presentare materiale con mostri classici. Vampiri e lupi mannari che avevano fatto la fortuna deglialbi a fumetti negli anni cinquantapotevano di nuovo riappropriarsi della scena. All’epoca maestri del disegno come Johnny Craig,Wally Wood, Russ Heath e Jack Davis avevano sviluppato stili dettagliati e cupi per rendere le atmosfere horror. Ma i tempi erano cambiati. All’inizio degli anni settanta lo stile supereroistico aveva ormai imposto uno stile lineare senza ombre, più o meno tutti i disegnatori si erano sintonizzati su quella frequenza. Per rendere al meglio i mostri che la Marvel aveva intenzione di lanciare ci voleva qualcosa di diverso, di nuovo, di oscuro. Tutto ciò si materializzò con l’arrivo diMike Ploog. Mike Ploog, nato nel 1940 nel Minnesota, è un disegnatore che agli inizi della carriera ha collaborato con il grandeWill Eisner, assorbendone lo stile dinamico e allo stesso tempo morbido e ricco di ombre che aveva caratterizzatoSpirit. “Qualcuno mi aveva detto che sarei dovuto andare alla Marvel, quindi presi i disegni di una strip western che stavo realizzando e glieli portai. Mi dissero che quel materiale non andava bene perché non era nel loro stile. Neanche una settimana dopo mi richiamòRoy Thomaschiedendomi se mi sarebbe piaciuto disegnare mostri. Aveva dato un occhiata a quello che avevo disegnato per laWarren. Risposi:‘Certo che li farò’. Non potevo disegnare supereroi, non avevo cuore per i supereroi”, ricorda Mike Ploog. L‘idea di lanciare un personaggio basato sul “B movie” degli anni cinquanta intitolatoI was a teenage Werewolffu di Roy Thomas, da poco direttore della Marvel, che aveva pensato di utilizzare una narrazione in prima persona e intitolare la serie “Io lupo mannaro”. A Stan Lee, da poco nominato editore incaricato, piacque l‘idea del suo pupillo, ma non il titolo che cambiò inWerewolf by Night(in Italia divenneLicantropus). La copertina del primo episodio è disegnata da Neal Adams, con ritocchi di John Romita e chine di Tom Palmer La pagina di apertura disegnata da Mike Ploog del primo episodio Le origini del personaggio furono abbozzate da Roy Thomas e da sua moglie Jean mentre erano seduti al Columbus Circle di New York City, dopo essere usciti da uno show automobilistico che li aveva annoiati a morte. Thomas, in quanto direttore della Marvel, consegnò l’idea allo sceneggiatoreGerry Conwayperché la perfezionasse. Gerry Conway ambientò le storie a Los Angeles, fatto inedito dato che le serie Marvel si svolgevano tutte a New York. Conway racconta così le avventure di un giovane che apprende al suo diciottesimo compleanno di essere stato maledetto dalla malattia del lupo, la licantropia. Come richiesto da Thomas, usa una narrazione in prima persona, con il protagonista che commenta gli eventi mentre accadono, facendo anche riflessioni “animalesche” quando si trasforma in un licantropo. La formula marvelliana di “supereroi con superproblemi” viene spinta all‘estremo. I problemi di Jack Russel sono veramente grandi, riguardano la vita e la morte. Nei panni di licantropo il protagonista rischia spesso di essere ucciso e spesso uccide. Nonostante questi aspetti di selvaggia brutalità, comunque attenuati dalle regole di un Comics Code ancora attivo, Conway riesce a creare un personaggio con il quale il lettore possa immedesimarsi. I primi tre episodi apparvero nel febbraio 1972 sul bimestraleMarvel Spotlight, dal n. 2 al 4, dopodiché Licantropus debuttò su una testata propria nel settembre dello stesso anno, della quale Mike Ploog si occupò dei disegni fino al numero 7. In Italia i primi due episodi uscirono nel n. 6 degliAlbi dei super-eroi, pubblicato nel luglio 1973 dall’Editoriale Corno. Nei primi episodi Mike Ploog mostra uno stile ancora acerbo, ma che matura velocemente.“È stato davvero un lavoro duro. Stavo disegnando cose che non ero abituato a disegnare, come automobili, sedie e roba del genere, cose che non avevo mai disegnato in vita mia. Ho pensato che sarebbe stato un ottimo periodo di apprendistato, ma che mi avrebbero cacciato molto velocemente. Bene, ho continuato a farlo e farlo, e non mi hanno detto di smettere”. Già con Marvel Spotlight n. 4, del giugno 1972, Mike Ploog si è afferma come la stella nascente del revival horror della Marvel. Nemmeno le sapienti atmosfere notturne di Gene Colan nel suo Dracula riuscivano a competere con l’approccio più viscerale, e fumettistico, di Ploog al genere horror. Ploog in questo numero riempie le sue vignette di cadaveri in decomposizione, fuggiaschi sbavanti, pazzi scatenati e orde di creature deformi che un tempo erano state umane. E larve umane striscianti che si trascinano e vagano attraverso cantine umide, in sotterranei imbrattati di melma dove si stanno svolgendo esperimenti proibiti.In questo numero Mike Ploog diventa di fatto ilBernie Wrightsondella Marvel, definendo l’aspetto visivo degli albi horror della Casa delle idee. Ploog costruisce l’atmosfera tramite l’illuminazione (o meglio, la sua mancanza), in particolare sono le ombre che si formano sui volti dei personaggi a determinare il senso della storia. Il secondo personaggio affidato alle matite di Mike Ploog fu un centauro notturno dal teschio fiammeggiante, dall’animo triste e tormentato che rispondeva al nome diGhost Rider. Il nostro eroe, che in realtà si chiama Johnny Blaze, nella prima avventura vende l’anima al diavolo per salvare la vita del padre adottivo gravemente malato. Lo stretto rapporto che il nostro intratterrà con il demonio riflette il clima di profonda inquietudine relativo alle tematiche sataniste che fece seguito al processo allabanda di Charles Manson. “Accadde quando stavo esprimendo il mio malcontento per le storie di Licantropus perché ogni numero era simile all’altro. Allora mi chiesero se sarei stato interessato a fare Ghost Rider. Conoscevo il vecchio fumetto diGhost Rider a cavallo. Pensavo volessero fare un western ed ero eccitato all’idea. Rimasi piuttosto sorpreso quando mi dissero che non avrebbe cavalcato un cavallo ma una motocicletta”. L’idea del personaggio del motociclista con la faccia da teschio era venuta aGary Friedrich, che aveva preso spunto dallo stunt-manEvel Knievel, autore di spettacolari e pericolosi salti con la moto, una icona in quegli anni, e ne voleva fare un nemico di Devil. Anche l’idea della tuta era stata sua, aveva preso a modello quella indossata da Elvis al “’68 Comeback Special”, lo show televisivo trasmesso nel 1968 dalla rete Nbc che tenne incollati al piccolo schermo decine di milioni di americani. Friedrich aveva certamente guardato anche aBlazing Skull, un personaggio creato nel 1941 da Bob Davis per la Timely (vecchio nome della Marvel). Per il nome, però, viene ripescato quello suggestivo di Ghost Rider, tanto più che il nuovo personaggio è un motociclista (siamo nel tempo in cui furoreggiavano il film cult “Easy Rider” e gli Hell’s Angels). “È un’idea troppo buona per farne solo un nemico di Devil. Si meriterebbe un albo tutto per sè”, osservò Roy Thomas. Mike Ploog aggiunse il fuoco attorno al teschio. Ghost Rider apparve suMarvel Spotlightn. 5 dell’agosto 1972 (in Italia su Devil su n. 105 del maggio 1979), Ploog disegnò i primi 4 numeri, che servirono a lanciare il personaggio. Rispetto a quelle di Licantropus, le storie di Ghost Rider sono meno tenebrose. Prevale il mood malinconico che caratterizza l’animo del protagonista e le atmosfere ossessive dove viene evocato e si manifesta il maligno. Di conseguenza il disegno di Ghost Rider è meno carico di ombre rispetto a quello di Licantropus, anche se non mancano anche qui le ambientazioni cimiteriali, le chiese sconsacrate e le cripte sataniche. A differenza degli albi di Licantropus, dove Ploog cura anche l’inchiostrazione, su Ghost Rider le matite sono ripassate da inchiostratori sempre diversi. I quali, oltre a non rendere al meglio la selvaggia potenza del segno dell’artista del Minnesota, nuocciono alla continuità grafica della serie. A chi gli chiedeva come mai fosse rimasto cosi poco su Ghost Rider. Ploog risponde:“È semplice: odio disegnare le motociclette! Non è facile riempire le vignette di motociclette, quando devi disegnare una pagina al giorno! Avevo trovato quattro o cinque posizioni in cui disegnarle, ma con tutte quelle bande di motociclisti nelle storie, quelle specie di Hell’s Angels, erano davvero troppe!”. Dopo i lanci e i riscontri positivi dei due classici personaggi horror Dracula (disegnato da Gene Colan) e l’uomo lupo, la Marvel non poteva non dedicarsi aFrankenstein. A differenza di Dracula, che includeva personaggi basati sul romanzo di Bram Stoker, ma che per il resto utilizzava una trama completamente originale, per Frankenstein lo sceneggiatoreMike Friedrichadattò nei primi quattro numeri il romanzo originale diMary Shelley, per poi continuare con nuove storie dal punto dove il libro si conclude. L’adattamento a fumetti è estremamente fedele all’opera letteraria originale e, secondo molti, migliore della maggior parte delle versioni proposte da altri media. Presenta quasi tutti gli elementi e i personaggi descritti dalla Shelley, comprendendo la cornice narrativa del romanzo originale che fornisce diversi punti di vista sulla storia del mostro. “Non avevo mai letto il romanzo fino a quando la Marvel non decise di farne l’adattamento. Volevo provare a farlo il più fedelmente possibile, quindi ho dovuto leggere l’originale. È sempre difficile escludere alcune parti di un romanzo. Ci sono sempre molte cose che ti piacerebbe mantenere, ma qualcosa devi pureliminare. Mi ci volle un mese. La parte più difficile era proprio capire cosa tenere”.