IL CORVO, COME ADATTARE UN FUMETTO PER IL CINEMA

Il Corvo(The Crow), film del 1994 diAlex Proyas, a ventiquattro anni dall’uscita è considerato un film di culto. I motivi naturalmente possono essere tanti, ma siamo sicuri che siano quelli giusti? Ai suoi tempi orde di adolescenti si impiastricciavano la faccia di cerone bianco e rossetto nero per sentirsi verifighé, re per una notte alle feste che sapevano di Tavernello. Robe imbarazzanti che a rivedere oggi le foto ti si gela il sangue. Da quel lontano 1994, quando uscivo dal cinema pensando“non può piovere per sempre”, ne è passata d’acqua sotto al ponte.Tra vhs prima e dvd poi, ‘sto film l’avrò visto una mezza dozzina di volte. Nondimeno erano dieci, forse dodici anni che non rivedevo Il Corvo. A distanza di tutto questo tempo l’altro giorno ci ho ributtato un occhio. E fondamentalmente mi sono reso conto di due cose. In primis, tolta la patina da filmdisgraziato-maledettodall’aura da bello e dannato con il protagonista che ti muore sul set, Il Corvo è in effetti il film da due spicci che era, è, e sempre sarà. In secondo luogo, si tratta di uno dei migliori cinecomic. Mi pare difficile che possa esserci qualcuno che non sappia che Il Corvo sia basato sull’omonimo fumetto diJames O’Barr. In breve, O’Barr non ha trascorso quella che si può definire la meglio infanzia. Orfano, all’età di sette anni venne adottato da una famiglia che a sua detta non era proprio proprio il massimo. Nel 1978, quando aveva diciotto anni, la fidanzata morì a causa di un ubriacone che la travolse in pieno con l’auto. A O’Barr ci vollero anni per elaborare la tragedia. Nel tentativo di far fronte alla perdita della fidanzata, nel 1981 iniziò a lavorare su Il Corvo. Il quale, oltre ad essere una valvola di sfogo, fu anche una specie di contenitore dove riversò lo schifo provato nei confronti della società. Parte della storia è ispirata a un altro fatto di cronaca, l’omicidio di una coppia di ragazzi per un anello di fidanzamento da venti dollari. Il fumetto quindi, è molto cupo. Tragico, opprimente e carico di rabbia. Per essere un fumetto indipendente, Il Corvo raggiunse subito un certo successo. Tale da spingere addirittura un adattamento a film. Però, e questo è il punto, all’epoca i film sui supereroi erano per lo più riempitivi. Un qualcosa che serviva giusto per tirare su qualche spicciolo ai piccoli studi di produzione. Molto, molto distanti dai cinecomicssuper-mega-wowdal budgetfanta-sfarzo-faraonicodi oggi. Cose come i Batman di Tim Burton, per dire, erano avvenimenti casuali. Unbipisolato sui radar delle major, che difficilmente avrebbero messo mano al portafogli per finanziare cose del genere. Il Corvo non fa eccezione. Il budget stanziato era pressapoco ridicolo. Oltretutto, il progetto era stato concepito per l’uscita diretta in home video. Almeno fino a quando non avvenne l’accidentale dipartita diBrandon Leesul set. E i miserabili valori di produzione si notano. Ironia della sorte, Il Corvo è la storia di un uomo che torna dal mondo dei morti e, in qualche modo, è proprio ciò che è capitato a Lee. Reso “immortale”, icona della cultura pop, da questo film. Probabilmente è questo il motivo principale per cui Il Corvo oggi è ancora idolatrato. Però se togliamo il superfluo, che rimane? Dopo quasi venticinque anni, cos’è Il Corvo? Non voglio mettermi a fare retorica da due spicci sottolineando le differenze che ci sono tra il fumetto e il film.Prima mi sono dilungato su James O’Barr perché il suo fumetto è incredibilmente veloce e cinetico. Nel senso che il dinamismo non viene da chissà quali arzigogolati risvolti di trama o complessità artistiche, perché in realtà è molto semplice. Tutto il fumetto può essere riassunto in una parola:rabbia. Questo è l’elemento di spicco che risalta maggiormente leggendo Il Corvo di James O’Barr. Il personaggio,Eric Draven, non è un eroe. È un morto che torna in vita e fa una strage. Non si tratta di andare a pescare quattro tizi come nel film. O meglio, i diretti responsabili sono sempre loro, tuttavia ognuno di essi ha agganci con altre bande, altre gang. Prima di arrivare a ognuno di loro, Eric deve rintracciarli facendosi strada nel sudicio sottobosco della criminalità. Dai bassifondi fino ai boss comeTop Dollar. Ed è letteralmente un massacro. Nel film questa energia si perde e diventa fiacca. Quasi due ore di film, poi, sono un tantino lunghe. Trasformando il tutto, paradossalmente, in un ritratto elegiaco, per non dire maudlin, dell’amore perduto. Normale che poi l’impressione che Il Corvo non sia altro che la versione edulcorata del fumetto di O’Barr sia così forte. Il classico film tirato su a sputi e preghiere, a cui era imprigionatoBrandon Lee. Il cui picco massimo della sua breve carriera l’aveva raggiunto conResa dei conti a Little Tokyo, a fare la spalla diDolph Lundgren. Questo anche perché un nome come quello di suo padre,Bruce Lee, difficilmente se lo sarebbe staccato di dosso. La differenza, dunque, tra un qualsiasi Drago d’Acciaio e Il Corvo alla fine della fiera sta in quello che, successivamente, si è venuto a creare attorno al film. Ma è vero anche che Il Corvo è, come detto, uno dei migliori adattamenti di un fumetto. Innanzitutto, tono e atmosfera sono assolutamente eccezionali. Lo stile di Proyas riesce a catturare perfettamente l’ambientazione oscura e malsana del fumetto. La peggio Detroit, squallida e imponente. Fatiscente e inquietante. Opprimente e degradata, via di mezzo fra la Los Angeles di Blade Runner e la Gotham City di Tim Burton. Piena di strade sporche e deserte, sullo sfondo di edifici gotici monocromi che si stagliano contro un cielo dai toni caldi. Adattamento o meno è piuttosto raro vedere un film che si sforzi di creare ambientazioni originali e allo stesso tempo convincenti, piuttosto che limitarsi a un collage di insiemi ovvi. Anche i personaggi non sono da meno. Nel film tutto e tutti sono esagerati. Sopra le righe, iperbolici al massimo. Top Dollar (unMichael Wincottgrande così), il boss dei boss, ha la base segreta in un club. Tanto che, a tratti, Il Corvo sembra un violento video musicale. Grazie pure a una colonna sonora che pare la meglio compilation di hard rock underground anni novanta. Con gente tipo Stone Temple Pilots, Violent Femmes, Pantera, Nine Inch Nails, Cure e compagnia bella. Tutto immagini e azione, zero contenuto dunque. Se fosse caduto nella trappola di uno sviluppo di storia e caratterizzazione (laddove nell’originale non c’è), probabilmente il film non avrebbe avuto lo stesso successo nell’evocare un mondo in cui la realtà bizzarra, non la storia, è il punto. In fin dei conti, l’unica differenza sta nel fatto che, in qualche modo, Proyas è riuscito a inserire il romanticismo in questa squallida storia di vendetta. A volte questo romanticismo è pesante, a volte no, ma comunque in generale riesce a non diventare eccessivamente melodrammatico. E quindi funziona. Per quanto mi riguarda, la maggior parte dei cinecomics va su una scala damehaschifìo. Fatta eccezione per quattro titoli, che per me sono iltop notch, apogeo di questo tipo di produzioni: i dueBatmandiTim Burton,Darkmandi Sam Raimi e ilDredddel 2012 con Karl Urban.Questi sono l’esempio di ciò che dovrebbe essere un film che non sia un semplice adattamento del fumetto. Film che mai dovrebbe snaturare il senso dell’opera originale, ma neppure limitarsi a copiare pedissequamente un altro media. Fondamentalmente Il Corvo di Proyas va ad aggiungersi agli ottimi film citati. Sì, qualcosa qua e là purtroppo è invecchiata male. Magari c’è qualche scivolone di troppo, ma comunque è migliore di quel ricordassi. Cosa più importante, sta sopra di tanto così a gran parte dei cinecomic moderni. Ebbene, direi che con questo anche stavolta è tutto. Stay Tuned, ma sopratutto Stay Retro.