I NERI NEI PRIMI ALBI A FUMETTI AMERICANI

Per trattare deineri, oafroamericani, nei primicomic bookdobbiamo andare nellaNew Yorkdi diversi decenni fa.I comic book (albi a fumetti) escono in America dalla metà degli anni trenta. Prima di allora i fumetti venivano pubblicati solo in bianco e neronei quotidianie a colori nel loro supplemento domenicale.New York era la capitale dei comic book. Le redazioni si trovavano in questa città anche quando la casa editrice era, poniamo, a Chicago. Gli autori dovevano abitare a New York o nel circondario per essere facilmente reperibili. All’epoca New York presentava diverse comunità etniche ben definite, che a volte parlavano la lingua del loro Paese di provenienza. Anche se dai primi anni trenta, quando l’immigrazione venne ostacolata dalle autorità a causa della crisi economica, queste comunità cessarono di essere alimentate da nuovi arrivi.La popolazione, comunque, era quasi tutta di origine europea. Pure gli ebrei, che rappresentavano il 18% degli abitanti di New York (praticamente uno su cinque), erano da considerarsi europei come provenienza. La comunità ebraica era importante anche nei mass media, dato che i grandi produttori cinematografici erano tutti ebrei. E tutti ebrei o quasi erano gli editori di comic book, a partire da Dc e Marvel, che all’epoca si chiamavano in altro modo. Oggi un abitante su quattro di New York è afroamericano, ma negli anni trenta i neri arrivavano appena al 5%. Il loro successivo boom demografico è dovuto alla prolificità, all’emigrazione dagli stati poveri del Sud e dall’estero.Quindi negli anni in cui si affermavano i comic book, i neri e le altre etnie non europee si vedevano raramente per le strade, anche a giudicare dalle foto d’epoca. Queste minoranze, che oggi non sono più tali, poco si vedevano anche nelle pagine dei fumetti realizzate dagli autori newyorkesi.Quelli che mancavano completamente negli albi a fumetti erano gli ebrei. Pur essendo, come detto, quasi tutti gli editori, i direttori e gli sceneggiatori ebrei. Nonché molti disegnatori. Probabilmente perchél’antisemitismoera più radicato della eventuale avversione nei confronti dei neri, agli ebrei non sembrava opportuno attirare l’attenzione su di loro. Ma il tema di questo articolo sono i neri nei fumetti e a questi dobbiamo circoscrivere il discorso. Anche se a New York non esisteva certamente il segrazionismo, come negli stati del Sud, i neri erano generalmente confinati in alcuni quartieri dalla loro stessa povertà. Come nella California di oggi i lavori più umili sono appannaggio degli immigrati messicani, così a New York i neri esercitavano le attività meno remunerative. C’erano anche pochi autori neri di fumetti. ComeMatt Baker, uno dei migliori disegnatori di comic book. Anche George Herriman, autore per i quotidiani del sofisticato Krazy Kat, era un nero. “Phantom Lady” di Matt Baker, pubblicata dalla Fox (1948) I pochi neri rappresentati nei fumetti apparivano come persone di bassa estrazione sociale, come del resto erano nella realtà. I disegnatori, avendo avuto una formazione artistica classica, non erano in grado di rappresentare in maniera credibile i caratteri somatici dei neri. Così spesso finivano per renderli simili ai bianchi o caricaturali. Solo nel corso degli anni hanno affinato lo stile fino a raggiungere una rappresentazione convincente.Tra i disegnatori che più si sono distinti in questo senso c’èJack Kirby. All’inizio disegnava “negretti” tipo Ebony, il giovane aiutante di Spirit dell’altro grande autore ebreo,Will Eisner. In seguitò, però, Kirby ha trovato il modo di interpretare i lineamenti negroidi pur rimanendo nei canoni dell’arte classica. Interessante notare che era ebreo ancheLee Falk, l’autore dell’unico personaggio nero nelle strip dei quotidiani:Lothar, l’assistente diMandrake(1934). D’accordo, Ebony di Eisner è un ragazzino semideforme pensato per fare ridere e Lothar di Falk un omaccione tutto muscoli e niente cervello. Anche il secondo personaggio di Lee Falk,Phantom, ha come validi collaboratori i membri di una tribù di pigmei. T’Challa (Pantera Nera) di Jack Kirby: riuscita sintesi tra classicismo ed etnologia Nelgiugno del 1947esce uno strano comic book realizzato da autori neri per lettori neri. Anche se il prezzo di 15 centesimi, contro i 10 di tutti gli altri albi dallo stesso numero di pagine, assicura il suicidio immediato dell’iniziativa editoriale. Che infatti non vedrà mai la diffusione del secondo numero. Stiamo parlando diAll-Negro Comics. Negli Stati Uniti ci sono tre parole per indicare gli afroamericani.1)Nigger, espressione dialettale insultante.2)Black, parola usata abitualmente.3)Negro, termine adoperato per salire di tono: in genere le istituzioni culturali afroamericane sono chiamate “negro-qualcosa”. Quindi l’utilizzo della parola negro nella testata del comic book è un espediente per impreziosirlo. Invece in italiano avevamo una parola sola:negro.Almeno fino agli anni settanta, quando sono arrivati ilogofobi. Pensavo di averla inventata io adesso, questa parola composta dai termini grecilogos(parola) efobos(paura), invece scopro sul vocabolario che esiste già. I logofobi negli anni settanta non volevano sentire alcune parole che gli “suonavano male”. Per esempiociecoesordo. I logofobi inorridivano e pretendevano si dicessenon vedenteenon udente. Incredibile ma vero, per un po’ queste nuove espressioni attecchirono. Forse perché faceva snob usarle.Invece i logofobi hanno avuto completo successo nell’abolizione della parolanegro, da loro considerata offensiva come l’americanonigger. Offensivade che?Negro significa semplicemente nero. Quando è stato dato il nome al Montenegro era per indicarlo come Montenero, niente altro. Tutti i letterati che hanno usato per secoli la parola negro nelle loro opere lo hanno fatto senza alcuna intenzione offensiva nei confronti di nessuno. Gli stessi africani in Italia si autodefinivano “negri” senza alcun masochismo. In questo caso, però, ai logofobi si sono associati ifighetti, i quali quando qualcuno usava l’espressione “negro” gli davano automaticamente del razzista.Così ora, per paura di essere definiti razzisti, tutti dicono nero. Anche se l’italianismo negro, come abbiamo visto, è considerato dagli afroamericani il termine più elegante e sofisticato per indicare la loro etnia. In più, così si è creato un insulto che prima non esisteva nella nostra lingua: negro, appunto. Una volta, se si voleva insultare occorreva dire“sporco negro”. Adesso basta“negro”. Ma vallo a spiegare a quelle bestie di logofobi e fighetti.Gli stessi che hanno imposto la pronuncia Nobèl al posto di Nòbel, perché“in inglese si pronuncia Nobèl”. Ma Alfred Nobel non era svedese? Magari in svedese si pronuncia come in inglese, ma una parola straniera va pronunciata seguendo il suono della lingua che la ospita. Gli inglesi chiamano, giustamente,“Meidona”la cantante Madonna. Mentre ai concerti i fighetti italiani gridano“bravò! bravò!”alla francese, invece di“bravo! bravo!”(trattandosi di una parola italianissima). All-Negro Comics, dunque. Vedremo una porzione abbondante delle 48 pagine di questo albo, più le 4 di copertina.La qualità del prodotto appare scadente anche tenendo conto dell’epoca in cui è stato realizzato, ma a guardar bene non è proprio così. Come scrive in seconda di copertina, con All-Negro Comics l’editoreOrrin Cromwell Evansintende utilizzare il fumetto per sviluppare l’orgoglio degli afroamericani. In questo non c’è niente di inedito né tantomeno di strano per l’epoca. Al contrario di quanto si pensa in Italia, negli Stati Uniti la grande stampa simpatizzava apertamente per i neri ed era disponibile a ogni iniziativa tesa a migliorare la loro condizione sociale. Nel caso di questo comic book, però, l’operazione parte dai neri stessi. Il primo personaggio dell’albo è il detectiveAce Harlem, realizzato daJohn Terrell. Se si va al di là del disegno approssimativo, ma non privo di efficacia, ci accorgiamo che Ace Harlem anticipa in maniera sorprendente i temi dellablaxploitationcinematografica dei primi anni settanta.Nel fumetto i neri si muovono in un contesto di violenza diffusa che all’epoca nessun fumetto “normale” osa rappresentare. Sia per non passare per razzista, sia per non calcare la mano sulla condizione di molti neri. Oggi si dice che gli autori non rappresentavano i neri per razzismo, mentre, al contrario, proprio per la paura di essere inadeguati nel trattare l’argomento preferivano evitare di farlo. Si noti nella storia di Ace Harlem l’attenta caratterizzazione dei personaggi, dall’abbigliamento ai modi di fare, oltre al contesto generale. Anche il più piccolo elemento non è messo a caso, come il brano rhythm and blues “Open the Door, Richard” di Jack McVea suonato dal juke box. Tutto ci grida di una realtà che viene rappresentata graficamente per la prima volta. Un’ambientazione che verrà raccontata da cinema e fumetto solo una ventina di anni dopo. Mentre quisiamo nel 1947!Ecco l’episodio per intero. Di genere opposto è il fumetto successivo,Dew Dilles. Siamo nell’arcadia classica che qualche anno prima aveva ispirato a Walt Disney il film animatoFantasia. Abbiamo una sirenetta nera che precede illive actionmesso in cantiere dalla Disney di oggi. Ma se l’attrice nera della Disney che interpreterà una figura leggendaria del Nord Europa è solo la provocazione di uno pseudo-antirazzismo per fighetti, qui la scelta è pertinente con il contesto.L’autore, l’altrimenti ignotoCooper, dimostra di avere una mano abile, anche se il fumetto è disegnato in fretta, quasi abbozzato. Forse si tratta di un animatore.Vediamo solo le prime pagine. Lion MandiGeorge J. Evans Jr.è un eroe africano, tanto per non fare dimenticare le radici dei neri americani. Le storie ambientate nella “giungla” sono molto diffuse nei fumetti dell’epoca, ma mentre Tarzan e i suoi imitatori sono di origine europea, l’Uomo Leone è congruamente uno del posto. Interessante la storia che gira attorno a un deposito di uranio custodito dall’africano e concupito da un avventuriero bianco. Se al posto dell’uranio mettessimo il metallo immaginario del vibranio, avremmo la trama della prima storia in cui apparePantera Nera.Anche di questo fumetto vediamo solo le pagine iniziali. Infine sfogliamo qualche pagina restante del comic book, per poi riprendere il discorso. Sempre nel 1947, ma qualche mese prima, sono usciti due numeri di un altro comic book pensato apposta per i neri:Negro Heroesdella Parents’ Magazine Press.La pubblicazione tende a dimostrare che esistono importanti personalità dalla pelle scura nelle più disparate discipline. La didattica a fumetti mi ha sempre fatto innervosire, quindi diamo solo un’occhiata veloce a una copertina. Nel 1950 laFawcett Comics, casa editrice di Capitan Marvel, pubblica tre numeri diNegro Romance. Pure questo terzo comic book contiene la nobilitante parola “negro” nella testata, alla faccia di logofobi e fighetti.Si tratta di un albo di fumetti sentimentali, generecreato da Joe Simon e Jack Kirbynella seconda metà degli anni quaranta. Le storie sono di buon livello e i personaggi neri presentati senza stereotipi. Sicuramente il prodotto più professionale realizzato fino a quel momento per il mercato dei lettori neri. Se queste pubblicazioni hanno poca fortuna è perché, ovviamente, i giovani neri preferiscono leggere gli stessi fumetti dei coetanei bianchi. Sempre in albi con copertine fotografiche, nel 1949 la Facett dedica una serie di sei numeri al campione di baseballJackie Robinson. E nel 1950 due albi al campione dei pesi massimiJoe Louis.Come si vede, di divi neri ce ne sono anche in questi anni.