GIFFEN E DEMATTEIS: LEZIONI DI SCENEGGIATURA

Al pubblico piacciono i fumetti vivaci, agli autori quelli tristi. Oggi che gli autori fanno quello che vogliono in Italia, negli Stati Uniti e altrove, leggere fumetti e stringersi le parti basse è diventato un tutt’uno. Prendiamo la Marvel, se ieri c’erano l’editor-dialoghistaStan Leeo l’editor-sceneggiatoreJim Shooter, oggi non c’è quasi nessun autore brillante tra gli autori dei comic book. Tra le poche eccezioni, peraltro non proprio freschissime, troviamo la coppia composta da Keith Giffen e J.M. DeMatteis. Keith Giffen(nato nel 1952) lo seguo dai suoi primi fumetti che ha disegnato per le riviste Marvel in bianco e nero a metà degli anni settanta, quando il suo stile era totalmente kirbyano. Il più kirbyano che si possa immaginare. Poi ha avuto una stravagante sbandata perJosé Muñoz, l’autore di Alack Sinner, e infine è tornato a Kirby pur mantendo un po’ dell’espressionismo munoziano. Con il tempo è diventato anche sceneggiatore, ma le sue storie sono incomprensibili. DiJ.M. DeMatteis(1953) mi è sempre fregato poco, pur avendo seguito pure lui dagli inizi: è uno sceneggiatore triste anche nel suo stranamente acclamato da certi critici “L’ultima caccia di Kraven”, una cupa miniserie dell’Uomo Ragno. Dio solo sa come, ma quando Keith Giffen e J.M. DeMatteis si mettono insieme, nel raro ruolo di co-sceneggiatori, scrivono storie chiarissime e divertentissime. Sì, fumetti allegri… una eresia al giorno d’oggi. Possiamo vedere quanto detto, per esempio, rileggendo le parti salienti di questa miniserie deiDifensoripubblicata tra il 2005 e il 2006. Dei Difensori, il gruppo degli eroi più potenti e sfigati della Marvel, abbiamo parlato brevemente nell’articolo sui gloriosiAlbi dei super-eroi. Un giorno dedicheremo una monografia alDottor StrangediSteve Ditko, insieme al terribile Incubo, il servizievole Wong (un eunuco?), la fidanzata extradimensionale Clea e tutto il resto della combriccola. Del geniale Ditko abbiamo parlato soprattuttonell’articolo sull’Uomo Ragno. Difficile rappresentare il caratterino diSub-Mariner, il personaggio creato daBill Everett. Per alcuni autori l’insieme aristocratico e anarcoide Namor è completamente pazzo e per altri del tutto savio. La coppia Giffen-DeMatteis, però, riesce benissimo a interpretarlo in tutte le sfaccettate contraddizioni caratteriali. Il personaggio centrale di questa miniserie èUmar, la sorella del fiammeggianteDormammu: lei ha un nome arabeggiante, lui sumereggiante. Un peccato che Maguire non si limiti a disegnare la testa di Dormammu a capocchia di cerino acceso, come faceva Ditko. E, se non ricordo male, per vicinanza genetica Umar aveva la testa che fumava, mentre qui è inspiegabilmente spenta. Ditko trattava Dormammu come la versione marvelliana di Satana, mentre in questa storia il suo status viene abbastanza sminuito, pur acquisendo alcuni tratti interessanti come la megalomania sconfinata e un impulso incestuoso represso. I due fratelli, nemici da sempre, si sono alleatiuna tantumper conquistare tutte le dimensioni dell’universo. Il concetto di “dimensioni” si presta bene a ogni genere di porcata narrativa, un esempio eloquente è il quarto capitolo cinematografico degli Avengers, ma per il mistico Strange è un’ambientazione necessaria, e quindi perfetta. Come ai vecchi tempi, i Difensori si incontrano nell’arcano palazzo del Dottor Strange, sito nell’artistico quartiere di Greenwich Village a New York (che è come dire la zona di Brera a Milano). Al Village abita pure il misteriosoMartin Mystère. Quando avrò voglia di diventare capo della Marvel, darò al Dottor Strange il lavoro dell’antiquario nello stile di Mort Cinder, trasformando il suo palazzo in una suggestiva bottega. Tutti i supereroi devono avere un lavoro, una seconda identità: Strange non li ha e per questo ogni volta che è iniziata una sua serie di comic book l’hanno dovuta chiudere abbastanza presto per scarse vendite. Kevin Maguire(nato nel 1960) viene spesso scelto come disegnatore da Giffen e DeMatteis perché bravissimo nel rappresentare le espressioni, fondamentali nelle storie brillanti. (Come ben so perché, purtroppo, ai tempi le mie sceneggiature brillanti sono state date spesso a disegnatori adatti ad altri generi). Però Maguire, anche se regge abbastanza bene l’ambientazione fantastica non essendo un fotografaro, è privo di fantasia: questi ciclopoidi, per esempio, Ditko oltre ad averli creati li disegnava in maniera assai più efficace. E la dimensione in cui alberga Dormammu, che al giorno d’oggi defineremmo virtuale, neppure Salvador Dalì l’avrebbe disegnata meglio di Ditko (andate a rivedervi l’articolo su di lui citato prima). L’alienoSilver Surferera pure tra i primi Difensori. Anche lui personaggio difficilissimo da trattare, creato daJack Kirbycon il contributo di Stan Lee, Silver Surfer non è mai stato delineato come si deve. In questo caso, neppure Giffen-DeMatteis ci riescono. Per non dire della eccessivamente stilizzazione di Maguire. Quello che manca pure a Silver Surfer è l’identità segreta e una professione che lo metta a stretto contatto con la gente normale. Quando mi chiederanno in ginocchio di diventare capo assoluto della Marvel, offrendomi Scarlett Johansson come caparra, conferirò a Silver la capacità di tornare a essere Norrin Radd: pelatone pure lui, ma con la pelle rosea. Il mio Norrin sarà una specie di Sheldon Cooper (basta con il lagnoso personaggio messianico di Stan Lee dell’epoca hippy) impiegato in un dipartimento speciale della Nasa che monitora le presenza degli alieni, una roba più vivace di “X-Files” e meno di “Men in Black” mescolata, appunto, a “The Big Bang Theory”. Norrin vorrebbe rimanere una persona normale ma, quando arriva il pericolo, dallo spazio scende la sua asse e lui balzandoci sopra, al semplice contatto, si ricopre d’argento e si riempie di potenza (i suoi poteri andrebbero limitati e definiti con precisione: averli tutti è quasi come non averne nessuno). Vorrete mica leggervi tutta la miniserie gratis?Saltiamo la scontro dei ciclopoidi con i Difensori e torniamo a Dormammu e Umar, la quale, per far salire la tensione incestuosa, sta facendo la doccia davanti a lui… con un bikini forse aggiunto su richiesta dell’editor bacchettone, dato che era stata disegnata con i punti strategici abbastanza coperti. Dormammu si unisce nella lotta contro i Difensori, ma noi rimaniamo con Umar che si rimira quel fustacchione di Hulk, pietrificato dal fratello. Adesso Giffen-DeMatteis esagerano! UccidereEternità: l’entità più simile al dio onnipotente giudaico-cristiano, sebbene non demiurgico, dell’universo ditko-marvelliano! (Lascio perdere leinterpretazioni modernedel personaggio, rovinato come Galactus e altri dagli attuali editor che vogliono incasellare tutto). No, ragazzi. Va be’ che Dormammu è l’avatar di Satana, ma non vi seguo su questa strada lastricata di cattive intenzioni: qui siamo alla parodia vera e propria. Tanto più che Eternità liquefatta è ridicola e priva di qualunque senso logico. Che poi non capisco come ci sia riuscito il vecchio Dorm’, solo con l’occhio di Agamotto ciulato a Strange? Umar ha cose ben più serie da fare. Giffen-DeMatteis ci danno per la prima volta due elementi chiave per capire la fino a ora inesplorata sessualità di Hulk: ha un membro enorme (non piccolino come sostenevano taluni detrattori) ed è un eiaculatore precoce.Rimane da dirimere la vecchia diatriba su chi ce l’abbia più grosso tra lui e la Cosa. Bisognerà chiedere ad Alicia Masters, cieca ma con il senso tattile molto sviluppato di scultrice. Mentre, con una brillante metafora, il duro Hulk si trasforma nel moscio Bruce Banner, la Terra è statadormammuzzatasino in fondo… … come pure i suoi eroi, salvo i Difensori. Dopo le consuete botte da orbi dei giornaletti per ragazzini, torniamo alla nostra amabile dominatrice tipica dei vecchitascabili a fumetti per adulti… Arriviamo così al finale tutto pizza e mandolino. Storia un po’ lenta, tenuto conto che si dipana in cinque albi, ma questa è purtroppo la tendenza editoriale moderna orientata alla raccolta in volume più che all’albo singolo (rovinando così il mercato del secondo senza che il primo sia economicamente sufficiente da solo).