WESTWORLD, LA RIVOLTA DEGLI ANDROIDI

Fin dove possiamo spingerci?

WESTWORLD, LA RIVOLTA DEGLI ANDROIDI

È andata in onda ieri sera la prima puntata in lingua originale di “Westworld” serie televisiva americana ideata da Jonathan Nolan e Lisa Joy per la Hbo, basata sul film Il mondo dei robot (1973) diretto da Michael Crichton. Nolan ha diretto l’episodio pilota e figura come produttore esecutivo insieme a Joy, J.J. Abrams e Bryan Burk, ed è il fratello di Christopher. Detto questo, il primo episodio è un capolavoro di sceneggiatura e, più in generale, rasenta la perfezione cinematografica.

Dico questo anche perché dopo averlo rivisto, la seconda volta emergono citazioni, spunti, dettagli minutissimi ma potenti che ci fanno capire quanto la trama e la seguente sceneggiatura siano state sviluppate con grande accuratezza, in totale assenza di banalità e autocompiacimento narrativo.

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Westworld

L’eredità del film con Brinner si percepisce ma è sempre discreta, restituendo quel senso di imminenza tragica che sostiene ogni momento della narrazione. In sostanza, sappiamo che sta accadendo qualcosa di negativo e sappiamo anche cosa è (perché conosciamo la storia), tuttavia questa consapevolezza risulta davvero irrilevante. La capacità recitativa di tutti gli attori, in primis Harris e Hopkins, non si può mettere in discussione. È evidente una corale intenzione di tutti i protagonisti nel volere costruire un insieme totalmente coerente e questo si rivela in modo particolare durante le scene di interazione tra i “creatori” e le “macchine” (nella versione originale chiamate “host”).

Senza volere rivelare niente, una scena in particolare colpisce per la sua potenza. Uno dei robot trova una foto che scatena nel suo cervello artificiale un violento processo di consapevolezza: le conseguenze saranno devastanti. I robot ancora non sanno di essere macchine, ma non c’è un modo moralmente accettabile di arrestarne la maturazione mentale.

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Westworld

Questa traccia resta sempre evidente e ci costringe ad avere una spontanea simpatia per le macchine, anche con quelle “cattive”. In sostanza sono gli uomini che hanno creato Westworld a essere i veri cattivi, mentre i robot appaiono come vittime. Non hanno scelto di esistere, né possono apparentemente decidere come comportarsi. Le implicazioni morali sono pesanti e ci riportano a una serie di interrogativi esistenziali e profondamente radicati nella natura umana.
Poiché i robot sono creati a perfetta somiglianza dell’uomo, e dotati di una loro intelligenza, sin dove è lecito spingersi per soddisfare le fantasie più basse dell’umanità?

Finalmente una serie di fantascienza che fa dello spessore etico le proprie fondamenta, Westworld durerà dieci episodi (ma le stagioni previste sono cinque), e se queste sono le premesse non ci possiamo davvero lamentare.

1 commento

  1. E’ piaciuto anche a me. Fantastico. Del resto ho sempre amato questa tematica: dal Golem a Blade Runner, passando per Frankeinstein, Io Robot e questo film, Il mondo dei Robot ( scritto e diretto da Michael Crichton!!). Si parla sempre, da un lato, di sfida al Dio creatore, ma da marxista, di schiavitù e sfruttamento dell’uomo sull’uomo…

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