QUANDO L’UOMO RAGNO PERSE 100MILA COPIE

Nel 1968 l’Uomo Ragno (creato nel 1962 da Stan Lee e Steve Ditko) è il nuovo fenomeno editoriale nei fumetti americani, da anni le vendite sono in crescita: è arrivato a raggiungere una media di 378mila copie a numero, diventando la testata Marvel più venduta.
A essere obiettivi non è una diffusione altissima, nella piccola Italia i fumetti vendevano molto di più, ma bisogna tenere presente che dal 1955, a causa della persecuzione del fumetto innescata dallo psicologo Fredric Wertham, le vendite complessive dei comic book si sono ridotte enormemente. Ciononostante all’inizio della seconda metà degli anni sessanta si ha un certo rialzo generale, dovuto soprattutto ai telefilm di Batman e ai primi cartoni animati dell’Uomo Ragno, che portano a una rivalutazione pubblica dei bistrattati fumetti.
Poi, tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, la crisi.
In cinque anni The Amazing Spider-Man perderà 100mila copie, la metà delle quali tra il 1969 e il 1970. Il fenomeno, che investe tutti i comic book, è causato dall’affollamento nelle edicole che avviene quando la Marvel lascia il distributore della Dc Comics per poter pubblicare molte più serie, obbligando la Dc a imitarla nella moltiplicazione degli albi.
1969 – 372mila copie
Il calo di vendite rispetto all’anno precedente è minimo, tanto che si potrebbe parlare di stabilità. Quello che è certo, è che il titolo dopo anni non cresce più.
Il numero di gennaio, il 68, è in qualche modo storico: “Crisi al campus” è il primo numero dell’Uomo Ragno ad affrontare la tematica della contestazione giovanile.
Su questo numero inizia anche una delle saghe più famose nella storia dell’Uomo Ragno, quella della “tavoletta antica”, un manufatto che reca nelle iscrizioni il segreto dell’eterna giovinezza e per questo è oggetto delle brame di pezzi grossi del crimine come Kingpin e la new entry Silvermane.
La saga della “tavoletta antica”, che va dal n. 68 al n. 75, è considerata un classico della coppia Stan Lee e John Romita Sr.
Il numeri conclusivi dell’anno, dal 76 al 79, vedono il grande John Buscema alla matita. Tra il disegnatore italoamericano e il tessiragnatele però non scattò mai la scintilla. “Buscema non amava i super eroi in generale e Spidey in particolare e non capiva il fascino di un tizio che tornava a casa in silenzio per non svegliare la zia e che combatteva un tanghero vestito da folletto che volava su di un pipistrello di latta” ( cit. Crepascolo).
Il suo lavoro su Spider-Man risulta fiacco e impersonale, assolutamente non all’altezza di altre sue prove, soprattutto se pensiamo che nello stesso periodo disegnava in modo inarrivabile Silver Surfer. Anche le storie sono prive di mordente: il ritorno di Lizard, che viene combattuto con l’aiuto della Torcia Umana, e la prima apparizione di un nuovo personaggio, il dimenticabilissimo Prowler (uno pseudocattivo creato sulla base di uno schizzo del giovanissimo John Romita Jr).
1970 – 322mila copie
L‘anno del crollo. La perdita di lettori è una ecatombe: 50mila in meno nel corso di un solo anno. Le storie del 1970 non reggono il confronto con quelle dei due anni precedenti e anche nel settore dei disegni regna una certa confusione.
Si inizia con due numeri disegnati da John Buscema, che porta avanti il suo lavoro su Spider-Man nello stesso modo incolore con il quale si era espresso negli albi precedenti.
Le storie sono sempre meno avvincenti. Nel n. 80 ritorna uno dei primissimi nemici di Spidey, il Camaleonte; nel n. 81 fa la prima apparizione un cattivo dalle caratteristiche per certi versi imbarazzanti: il “canguroso” Kangaroo. Con il n. 82 ritorna alle matite Romita, in una storia insipida che ha come protagonista Electro. Segue la trilogia di Schemer, avventura migliore delle precedenti che introduce il complesso personaggio del figlio di Kingpin.
Il n. 84 e il n. 85 vedono Romita e Buscema collaborare alle matite, con il primo che abbozza la tavola nelle linee generali e il secondo che la rifinisce nei dettagli. Gli stili dei due non trovano però un soddisfacente punto di incontro e il risultato è sottotono e senza acuti.
Nel n. 86 si affianca all’Uomo Ragno l’ambigua Vedova Nera, ma tra i due non scatta il feeling che arriverà a legare l’eroina russa a Devil l’anno dopo.
Il n. 87 assomiglia al n. 50 di 3 anni prima: Peter irrompe alla festa di compleanno di Gwen con la maschera in mano e dice a tutti che, poiché i suoi poteri stanno svanendo, può finalmente rivelare che è l’Uomo Ragno. La storia non riesce però a esprimere la stessa tensione di “Spiderman no more”, segno che l‘ispirazione sta venendo meno.
Nel n. 88 inizia una storia in tre parti che vede l‘ennesimo ritorno di Octopus. Nel n. 89 fa il suo esordio sulle pagine di Spider-Man il grande Gil Kane.
Nel n. 90, forse nel tentativo di frenare l’emorragia di lettori, gli autori decidono di fare morire il capitano Stacy, padre di Gwen, la fidanzata di Peter Parker. Prima di questo numero la morte nei fumetti era un evento piuttosto raro, l’unico precedente nella saga dell’arrampicamuri, a parte lo zio Ben nel primo numero, era stata la fine da eroe di Frederick Foswell nel numero 52. La morte del capitano Stacy fu un segnale lanciato ai lettori: la nuova decade sarebbe stata meno solare della precedente, nessun personaggio potrà sentirsi al sicuro.
L’anno si conclude con il n. 91 dove esordisce il cattivo Sam Bullit.
1971 – 307mila copie
Altri 15mila lettori persi. Continuano a intensificarsi i legami tra gli argomenti delle storie e i grandi problemi sociopolitici del periodo come la droga, il terrorismo e la situazione carceraria. Politica questa che alcuni giudicano controproducente. I numeri 92, 93 e 94 non si fanno ricordare, nel n. 92, disegnato da Gil Kane, l’Uomo Ragno incontra Iceman degli X-Men.
I numeri 93 e 94, entrambi disegnati da Romita, presentano due supercriminali da sbadigli: Il ritorno di Prowler e il Coleottero. Il 95 fa parte dei numeri problematici, dove Peter, in trasferta a Londra, deve affrontare un gruppo di terroristi che vuole dirottare un aereo come succedeva spesso in quei tempi. A seguire quella che è passata alla storia come la trilogia sulla droga. Pare che un funzionario governativo dell’Istituto Nazionale di Salute Mentale avesse richiesto a Stan Lee di sensibilizzare i giovani verso il problema della droga.
Stan Lee, andando contro le direttive del Comics Code, realizzò una storia coinvolgente che vedeva Harry Osborn cadere nella tossicodipendenza. I tre numeri uscirono senza il bollino bianco a forma di francobollo di approvazione del Comics Code, ma “il mondo non crollò”, come ricordò un sarcastico Stan. Anzi, la vicenda mise in luce l’obsolescenza del codice autocensorio, che subì una revisione: si stabilì che la tossicodipendenza poteva essere menzionata se rappresentata come “abitudine viziosa”. Il 99 affronta il problema delle carceri e delle rivolte dei detenuti.
Nel n. 100 Peter si risveglia con la scioccante sorpresa di ritrovarsi quattro paia di braccia in più, per un totale di otto arti (comprese le gambe) come i ragni. Dopo la trilogia sulla tossicodipendenza, Stan Lee si prese una pausa per quattro numeri lasciando il timone delle storie a Roy Thomas, con l’indicazione di creare un nuovo supercriminale con le caratteristiche di un vampiro, per assecondare la nuova moda dell’horror che stava esplodendo nei fumetti di quel periodo.
Roy Thomas creò un vampiro senza riferimenti magici (come la resurrezione dopo la morte o il timore per le croci) che esordi nel n. 101: Morbius. Uno scienziato, affetto da una rara malattia, sperimenta su di sé una cura dagli esiti imprevisti. Morbius è uno dei cattivi più riusciti dai tempi di Kingpin, tratteggiato in modo splendido da Gil Kane.
1972 – 288mila copie
La perdita di lettori non accenna ad arrestarsi. Altri 19mila in meno.
Nel numero 104 si conclude la scialba avventura con protagonista Kraven, iniziata nel n. 103. Segue una trilogia dedicata a Spencer Smythe e ai suoi robot. Personaggio di Ditko comparso per la prima volta sul n. 25, era tornato nel n. 28 e nel n. 58. Le storie si assomigliano tutte perché seguono uno schema ripetitivo: lo scienziato inventa un nuovo robot sempre più sofisticato e pericoloso per catturare il tessiragnatele, ma ogni volta gli va buca.
Queste storie si potevano reggere sulle 22 pagine, ma stavolta l‘avventura è diluita su tre numeri risultando di una noia mortale. A seguire il canto del cigno della coppia Lee-Romita: l’episodio in due parti “Vendetta dal Vietnam”, una storia di rivalsa e perdono costruita attorno all’esperienza bellica di Flash Thompson che costituisce uno degli apici dell’arte di Romita, il quale qui sfoggia un tratto estremamente libero, fluido e naturale che riesce a unire personaggi e ambientazione in modo inestricabile.
Il n. 110, l‘ultimo scritto da Stan Lee, presenta un nuovo villain: il ridicolo Gibbon, un freak in cerca di rivalsa. Questo numero ci dà l’occasione per riflettere sul tallone d’achille della gestione Romita: la banalità e la scarsa personalità dei supercattivi. Se si eccettua Kingpin, personaggi come Shocker, Prowler, Kangaroo e Gibbon non lasciano davvero il segno, le storie più belle hanno come protagonisti il ritorno dei cattivi inventati da Steve Ditko: Goblin, Octopus, Lizard e l’Avvoltoio.
Con il numero 111, Stan Lee, costruttore insieme a Jack Kirby e Steve Ditko dell’universo Marvel, lascia il suo scranno di The Amazing Spider-Man, che è ancora, nonostante il continuo calo, l’albo più venduto della Casa delle idee, al diciannovenne Gerry Conway.
“La precocità è una maledizione ben nota, la maggior parte della pressione che sentivo come giovane sceneggiatore me la autoimponevo”, ricorda Conway.
“Volevo essere accettato dagli altri sceneggiatori e disegnatori come un loro pari, il che mi portava a fingere di essere più maturo di quello che ero. Scrivevo istintivamente quello che mi suggeriva lo stomaco e quando l‘istinto riusciva ad adattarsi al materiale che stavo sceneggiando i risultati mi riempivano di orgoglio, oggi come allora”, ricorda sempre Conway.
In realtà dopo una striminzita storia con protagonista Kraven apparsa nel n. 111, Conway decide di non rischiare e riesuma il Dr. Octopus, una certezza, in una avventura lunga quattro albi.
La storia comincia con la scomparsa di zia May ed è piuttosto confusionaria. Convivono all‘interno di essa due cattivi: il classico Dr. Octopus e il nuovo di zecca Testa di Martello. Forse Conway non si sentiva sicuro a lanciare un nuovo supercriminale e ha usato la stampella di Octopus, fatto sta che ne esce una storia piuttosto caotica.
1973 – 273mila copie
Persi altri 15mila lettori. L‘anno inizia con una trilogia che vede ricomparire il nome di Stan Lee tra gli autori accanto a quello di Conway, anche se assomiglia molto a una specie di trucco per imbonire il pubblico. La storia, imperniata sulla figura di Richard Raleigh, è un rimaneggiamento di Spectacular Spider-Man Magazine n. 1 del 1968 (una serie per il “pubblico maturo” nel formato rivista di cui uscì solo due numeri). Raleigh,un politico carismatico vicino al mondo del crimine, con l’aiuto di Man-Monster, una creatura del dottor Thaxton, cerca di essere eletto sindaco di New York.
Il fatto che questa storia, abbastanza insipida, sia stata diluita su tre albi ci porta a una cattiva tendenza che purtroppo, salvo un parziale arretramento durante la direzione di Jim Shooter, non ha fatto che peggiorare negli anni: ai tempi di Steve Ditko una storia del genere non avrebbe richiesto più di un numero, solo i capolavori occupavano più albi.
Il n. 119 e il n. 120 sono dedicati a Hulk, nel n. 120 ritorna alle matite Gil Kane, mentre Romita passa alla inchiostrazione. “Stan e io lo chiamavamo l’El Greco del fumetto, eravamo entrambi convinti che disegnasse Peter Parker troppo alto e troppo magro”, ricorda John Romita.
“Così durante il lavoro di inchiostrazione gli allargavo la faccia per farlo apparire alto 1 metro e 80 invece di 1 e 90. Spesso sbagliava le espressioni facciali di Gwen o Mary Jane, che io dovevo correggere. Intendiamoci, disegnava delle belle ragazze, ma non erano la Gwen e la Mary Jane che il pubblico era abituato a conoscere. Quando disegnava le figure sullo sfondo le teste e le mani erano semplici cerchi a matita, che io mi dovevo inventare durante l‘inchiostrazione”, riporta sempre Romita in una intervista.
Ma è con il numero 121 che Gerry Conway, giocando un asso, entra non solo nella storia dell’Uomo Ragno ma in quella del fumetto in generale.
“La notte in cui morì Gwen Stacy” rimane uno dei fumetti di supereroi più strazianti mai pubblicati. Inizia come una ennesima battaglia dell’Uomo Ragno contro Goblin, il suo arcinemico, e si trasforma in una tragica saga quando Gwen Stacy muore nonostante tutti gli sforzi per salvarla. Ed è il colpo di frusta nel tentativo di Spider-Man di salvare Gwen, lanciata nel vuoto da Goblin, che la uccide. In uno dei più grandi pezzi di lettering di Artie Simek, un piccolo “snap!” è posto vicino al collo di Gwen.
Questo numero funge da spartiacque, segnando irrimediabilmente la fine della leggerezza della Silver Age e l’inizio di una Bronze Age caratterizzata da tematiche più adulte e cupe. Non ci sfugge neanche il fatto che questo straordinario evento potrebbe essere un escamotage per cercare di frenare la preoccupante emorragia di lettori. Se cosi fu, l’espediente in un certo senso funzionò: il trend negativo di vendite ebbe fine e la testata continuò a viaggiare più o meno sullo stesso numero di copie per molti anni ancora.
Maledetto Conway
Articolo interessante. In effetti le storie di quel periodo non sono un granchè, più seriose che serie, con la serie che diventa un disco rotto, Peter in crisi, gli Stacy che rischiano la vita in continuazione finchè non li fan fuori uno dopo l’altro, in generale qualcosa di poco divertente e poco memorabile (però Shocker mi sembra che un pochettino il segno lo lasci) …
Insomma, non era Gwen ad essere diventata noiosa, come hanno affermato gli autori per giustificarsi, erano gli autori che, mi sembra, scrivevano già allora con la calcolatrice, gli “shock” (non di Shocker) per risollevare le vendite; senza l’apporto di Ditko si è andati alla deriva sempre di più.
Ma va detto che, prima di arrivare a quella pessima storia che i lettori votano come la migliore, la Marvel fece la prova eliminando altre fidanzate: Una (Capitan Marvel), Janice Cord (Iron Man), Lady Dorma (Namor, e qui siamo già a Conway), e lo fece anche dopo, con Jarella (Hulk, storia quasi copiata da quella della morte del Capitano Stacy), e di Devil non ne parliamo. E nessuno vota quelle storie nei referendum: quella dell’UR non è certo migliore, è solo una pessima operazione di mercato, tant’è che viene poi citata ogni tanto nelle storie, per mantenere vivo l’effetto, e che Gwen non viene ripescata, sfuggendo alla sorte di altri personaggi magari ripescati dalla morte o da vecchie storie, e stravolti e fatti morire o rimorire per le solite storie ad effetto, tipo Bennet Brant o lo stesso clone di Gwen.
Va detto che anche i personaggi Timely/Atlas sono stati considerati spesso carne da macello da far morire nel corso di varie storie, partendo da Bucky e proseguendo con Whizzer&Miss America, la Torcia Umana originale, Toro, Betty Dean, Kent Blake, Marvel Boy …