L’IMPORTANZA DELL’UFFICIO DIRITTI DI UNA CASA EDITRICE

L’IMPORTANZA DELL’UFFICIO DIRITTI DI UNA CASA EDITRICE

Anni fa una mia amica, responsabile della acquisizione e gestione dei diritti in una media casa editrice, tenne dei corsi universitari incentrati sul suo lavoro. Stretta nei tempi tra ufficio e lezioni mi chiese di scriverle il breve discorso conclusivo del suo corso, cosa che feci.

Il mondo è pieno di aspiranti editori velleitari che non hanno la minima idea di come si faccia un libro, spesso persino di che cosa sia un libro. Quel semplice scritto, qui rielaborato e ampliato, è rivolto soprattutto a loro, ma penso possa interessare chiunque pensi che il libro è un oggetto etereo che fiorisce come per magia in giardini celesti frequentati da redattori aromatizzati alla rosa impegnati in un continuo scambio di sorrisi beati.

L’ufficio diritti si può considerare come l’interfaccia in ingresso di una azienda editoriale: principalmente si occupa della acquisizione delle opere dell’ingegno che in seguito l’azienda trasformerà in prodotti commerciali – cercherà cioè di dar loro un valore economico e di trarne un profitto – e la cui esistenza sarà pubblicizzata tramite l’interfaccia in uscita, l’ufficio stampa.

Un’opera dell’ingegno è come dice il nome un qualcosa scaturito dall’ingegno creativo di un individuo. Può essere il testo di un romanzo o di una canzone, o un progetto grafico eccetera. L’importante è che si tratti di una creazione dell’intelletto e che sia priva di valore in sé. Esistono produzioni che hanno un valore intrinseco: un barile di petrolio, il grano di un raccolto; un’opera dell’ingegno di suo non vale niente. Può anche essere l’idea di un nuovo combustibile, ma in quel caso entra perlopiù in gioco l’ufficio brevetti, o un quadro a olio, nel qual caso sarà compito dei mercanti d’arte e delle gallerie attribuire a una crosta un prezzo che qualcuno sia disposto a pagare.

Una volta che il comitato editoriale di una casa editrice abbia deciso quali testi pubblicare, è compito dell’ufficio diritti acquisire appunto il diritto di utilizzare commercialmente quei testi, siano essi in forma di libro già uscito in altra lingua, opera originale nella lingua di pubblicazione, oppure libro commissionato ad hoc a un autore.

Nell’attività quotidiana, il numero di diritti da acquisire per evitare rischi è aumentato esponenzialmente negli anni. Se fino a una decina di anni fa si poteva, per esempio, riprodurre in un libro a cuor leggero l’immagine di una cartolina, ora è opportuno verificare che quell’immagine non faccia parte del patrimonio di una grande agenzia come Getty Images. Anche per le opere fuori diritti come un quadro del Seicento è necessario e spesso snervante verificare che il diritto di quella specifica riproduzione fotografica non appartenga a qualche sconosciuto fotografo della Lapponia. Sono anche aumentati enormememente la complessità contrattuale e i limiti di utilizzo. Un caso didascalico è quello delle immagini di copertina; si compera il diritto di usare un’immagine per una copertina: quell’immagine non può quasi mai essere usata fuori del suo contesto. Ci si può fare solo la copertina, e per un certo numero di copie del libro, e per un certo numero di anni. Questo significa che se si vuole fare una presentazione di un titolo in libreria bisogna star cauti a produrre dei poster che raffigurino il libro presentato, perché i detentori dei diritti dell’immagine potrebbero obiettare che quell’utilizzo esula dai termini contrattuali, meglio chieder prima. Mi raccontava Anna Maria Gandini che, ai tempi di Linus, con i Peanuts ci facevano quello che volevano, dai poster ai diari a qualsiasi altra cosa, senza pagare niente in più. Vent’anni fa i contratti erano di un paio di pagine, adesso sono almeno di dieci, spesso venti.

Un’immagine di Altan per una copertina costa un sacco di soldi, che tu sia Mondadori o un microscopico editore. Se poi viene in mente di usarla per farne un segnalibro pubblicitario della casa editrice, se ne devono tirar fuori altrettanti, o finire in tribunale.


L'IMPORTANZA DELL'UFFICIO DIRITTI DI UNA CASA EDITRICE

La copertina di Altan contribuì poco o niente a far vendere questo divertente libro che nel Regno Unito alla fine degli anni Sessanta aveva invece venduto centinaia di migliaia di copie.


A prima vista il compito può apparire semplice, quasi meccanico: basta telefonare o scrivere al tale autore o alla sua agenzia, o alla tale casa editrice estera e mettersi d’accordo.

Ma le cose sono in realtà più complesse, e richiedono:

1. competenze tecniche: la conoscenza delle normative internazionali sul diritto d’autore, della sua gestione amministrativa e contrattuale, e delle consuetudini non scritte che regolano le acquisizioni e le gestioni dei diritti; per esempio, le agenzie letterarie non fanno quasi mai un prezzo per i diritti, sta all’editore fare una proposta; se è troppo bassa sarà considerata offensiva e si sciuperanno i rapporti con quella fonte di materiale, se troppo alta si butteranno via dei soldi e l’ingenuitá sarà vista comunque come mancanza di professionalità. Se non sai che cifra sparare rischi dei pasticci e lo puoi sapere solo con l’esperienza (e un buon intuito). Entrati con il tempo in confidenza professionale si potrà poi discutere sulle cifre, ma possono volerci anni. Le agenzie di fumetti di solito proclamano invece loro il prezzo, prendere o lasciare;

2. competenze date dalla conoscenza dell’ambiente editoriale, ovvero la capacità di sapersi orientare tra la miriade di case editrici, agenzie letterarie e relativi subagenti eccetera; inoltre, un conto è scrivere da sconosciuto a una gigantesca agenzia letteraria di Londra, un altro è alzare il telefono e chiamarne il referente per il proprio Paese che si conosce da sempre;

3. e in particolare competenze che possono essere acquisite soprattutto con il lavoro sul campo e con il consiglio di persone esperte: il buon esito di una importante trattativa di acquisizione può dipendere da una proposta economica che si intuisca appena migliore rispetto a quella della concorrenza (offrire 200 senza intuire che il concorrente si fermerà a 100 non rende un buon servizio all’editore), o da un momentaneo accordo di non belligeranza con un concorrente: non farmi svenare per questo titolo e io mi ritiro per quell’altro autore; così come è compito dell’esperto ufficio diritti intuire quando ritirarsi al momento giusto da un’asta feroce per la vendita di un bestseller americano, anche attraverso i moniti dell’ufficio commerciale della propria casa editrice, che alla fin fine decide spesso in modo insindacabile che cosa vada pubblicato e che cosa no. Ho assistito ad aste telefoniche incredibili per l’acquisizione dei diritti degli autori più venduti, con rialzi a suon di decine di migliaia di euro. Fino a una quindicina di anni fa non era raro che una casa editrice pagasse anche cinque o seicentomila euro per i diritti di un autore importante. Adesso è spesso l’autore che deve pagare per farsi pubblicare.


L'IMPORTANZA DELL'UFFICIO DIRITTI DI UNA CASA EDITRICE

Esiste una marea di diritti in circolazione. Il rosso usato dalla Coca Cola è coperto da diritti, può usarlo commercialmente solo la Coca-Cola Company. Nel catalogo Pantone è chiamato, guarda un po’, Coke Red. Anche altri colori appartengono a grandi aziende, per esempio il marrone UPS.


La persona che si occupa dell’ufficio diritti deve dunque possedere sia competenze tecniche sia competenze umane, e tanto più le due capacità saranno integrate, tanto migliore sarà il suo lavoro.

A volte il compito dell’ufficio diritti è invece simile a quello di un investigatore, quando per esempio si debba risalire ai proprietari dei diritti di testi pubblicati magari mezzo secolo prima; a volte invece è simile a quello di un abile azzeccagarbugli, quando si tratti di evitare – legalmente si intende – costi spropositati legati magari all’acquisizione di una singola fotografia da inserire in un testo. Alcune case editrici devono la loro fortuna all’avere usato testi e traduzioni di persone di cui si è persa ogni traccia: la legge dice che se si può dimostrare di aver fatto ogni ragionevole tentativo di contattare i proprietari dei diritti di un’opera, non si incorre in nessun problema legale usando quel materiale senza averlo (ancora) pagato. Il giorno in cui il proprietario di quei diritti si fará vivo gli si dovrà ovviamente pagare quanto dovuto in riferimento al valore medio di un’opera analoga. In altre parole, non è che un domani uno salta fuori e chiede un milione di euro per una sua poesia, verrà pagato quanto sarebbe pagato un autore altrettanto dimenticato. Ma di solito non salta fuori nessuno. C’è anche chi bara e usa vecchie traduzioni modificandole qua e là e firmandole poi con nomi di fantasia, ma non è una bella cosa.


Senza volontà di risparmio mi sono trovato più volte in una situazione di autore disperso, come nel caso di una copertina realizzata usando il fumetto Dropouts, di Howard Post. Era una striscia notissima ai tempi d’oro di Linus, tuttavia nonostante estese ricerche (lettere ai suoi editori, ai suoi agenti eccetera) non fu possibile rintracciarne l’autore, si mise così in fondo al volume un disclaimer dandosi disponibili a pagare quanto dovuto il giorno in cui chi di dovere si fosse fatto vivo.


I diritti acquisiti non sono poi abbandonati a se stessi: l’ufficio diritti deve diligentemente amministrare e pagare quanto dovuto agli autori, e in collaborazione con il solito ufficio commerciale deve decidere quando un’opera sia da ritirare dal catalogo, o se sia opportuno ripubblicarla una volta esaurita. Qui entra in gioco la qualità umana del responsabile, perché spesso non è facile comunicare a un proprio autore che un suo libro finirà al macero. Uno screzio e si rischia di perdere sue successive, più vendibili opere. Deve talora anche occuparsi della rivendita di quei diritti: mettiamo (caso che mi è davvero capitato) che una casa editrice slovacca di audiolibri voglia tradurre e pubblicare su CD un libro i cui diritti sono in quel momento nelle mani di una casa editrice. Salvo diversi accordi, quest’ultima si occuperà della trattativa dividendo poi il guadagno con il proprio autore. Si chiamano diritti secondari.


I diritti su un’opera scadono dopo settant’anni dalla morte del suo autore. Quando Sigmund Freud andò fuori diritti, diversi editori si affrettarono a tradurlo in italiano, nonostante esistesse già da tempo l’eccezionale edizione curata da Cesare Musatti per la Bollati Boringhieri. Un po’ che non si sentiva il bisogno di una nuova versione, po’ perché di Freud cominciava a non importare niente a nessuno, l’operazione non andò particolarmente bene.


Questo è un piccolo spaccato dell’attività di un ufficio diritti, che è a sua volta uno dei tantissimi elementi che costituiscono una casa editrice. Sono certo che molti di voi prima di oggi non l’avevano mai neanche sentito nominare, ma in realtà è uno dei più indaffarati e stressati settori del mondo editoriale. Come nella vita, data per scontata la competenza, le buone relazioni sono tutto. Se a suo tempo la responsabile dei diritti di una grande casa editrice non avesse garantito personalmente sulla mia serietà professionale, nessuna agenzia mi avrebbe mai venduto neanche mezza riga, neanche se avessi offerto cifre folli.

Senza ufficio diritti, le case editrici sarebbero come monadi librarie leibniziane, alla deriva in uno spazio silenzioso in cui autori e lettori non avrebbero mai la possibilità di incontrarsi.

(Copyright © 2021 Andrea Antonini, Berlino).

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