PERCHÉ I CINECOMICS SONO SBAGLIATI

Intervistiamo Sauro Pennacchioli, uno dei massimi esperti mondiali di minchiologia (disciplina che studia le cose inutili), sui cinecomics Marvel.
Cosa dire del successo che ottengono in questi anni al cinema, e in misura minore in tv, i personaggi della Marvel?
Bisogna capire cosa intendiamo per “personaggi Marvel”. Quelli dei giganti che li hanno creati, Jack Kirby e Steve Ditko sotto la guida di Stan Lee, non sono quelli che vediamo al cinema, anche se indossano gli stessi costumi.
Allora partiamo dai personaggi originali…
All’inizio degli anni sessanta Stan Lee era il direttore dei fumetti della Atlas (poi Marvel), la casa editrice di Martin Goodman che era entrata in crisi per vari motivi. Lee non guadagnava più come prima, quando venivano pubblicate decine di testate: nessuna era di grande successo, ma il loro alto numero gli permetteva di portare i soldi a casa. Gli venne allora l’idea di circondarsi di disegnatori in grado di scriversi le storie da soli. In questo modo Stan Lee saltava la fase dell’ideazione, del soggetto e della sceneggiatura, incassando i soldi per i testi semplicemente riscrivendo i dialoghi.
In pratica il lavoro di un redattore, per il quale era già pagato a parte…
Be’, in realtà faceva di più, perché la riscrittura di Stan Lee rendeva leggibili e intriganti storie che, pur fantasiose, sarebbero state dei mattoni indigesti con i testi originari di Jack Kirby e Steve Ditko. D’altra parte è pur vero che Lee non sarebbe stato in grado di creare un vero personaggio.
Che tipo di supereroi uscirono?
Bisogna premettere che poco prima di creare i supereroi su richiesta dell’editore, Kirby e Lee realizzavano un sacco di storie con mostri fantascientifici ispirati al giapponese Godzilla e ai suoi epigoni dei B movie americani, in pratica delle rivisitazioni di King Kong, e quindi del mostro di Frankenstein, come ho spiegato in un bellissimo articolo per Giornale POP (vedi qui – NdR). I personaggi che ne uscirono erano dei mostri tormentati. Mostri per i loro poteri, raramente per l’aspetto. Non erano personaggi unidimensionali come quelli della concorrente Dc Comics, tutti mantelli e distintivo, ma esseri umani con un’anima. I personaggi della Dc sono spesso intercambiabili, per esempio abbiamo avuto diversi Flash, perché lì conta più il costume della persona che lo indossa. Non era così nella Marvel classica degli anni sessanta.
Scendiamo nei particolari…
Ogni personaggio della Marvel copriva un sottogenere: i Fantastici Quattro la fantascienza dei B movie, Thor il mondo mitologico, Iron Man la guerra fredda, l’Uomo Ragno la malavita metropolitana, Dottor Strange la magia eccetera. Poi, siccome il disegnatore-creatore era quasi sempre Jack Kirby, questi mondi avevano dei punti di contatto, così, ogni tanto, i personaggi si incontravano. Però è importante dire che si cercava sempre di non cancellare il mondo reale sotto l’ingombrante presenza dei supereroi. Il mondo reale veniva trasfigurato, ma rimaneva sempre. La gente che vedevamo all’interno dei fumetti era anche scettica sull’esistenza dei supereroi, a volte pensava che fossero delle montature, qualcosa di finto.
Poi cosa successe?
Dopo gli anni sessanta arrivarono inevitabilmente i settanta. A seguito del successo di questi supereroi, Martin Goodman tornò a invadere il mercato con decine e decine di serie, e Stan Lee poté tornare a guadagnare abbastanza come direttore generale. Assunse un gruppetto di giovani sceneggiatori per scrivere le storie e fondamentalmente seguì poco gli sviluppi dei fumetti Marvel. Intanto Jack Kirby e Steve Ditko se n’erano già andati perché si sentivano sfruttati, e in effetti lo erano.
Quali furono i cambiamenti?
Negli anni settanta la Marvel fu influenzata soprattutto da Roy Thomas, il braccio destro di Stan Lee. Il quale creò e fece creare dagli altri autori un numero infinito di personaggi. Basta vedere la sua serie degli Invasori, ambientata nella Seconda guerra mondiale, dove in ogni numero aggiungeva al gruppo un supereroe che era un personaggio in costume dotato di superpoteri uguali a quelli di qualcun altro. I supereroi diventavano così solo personaggi colorati, privi di una reale personalità, e invadevano completamente il mondo reale: in una storia si vedevano più uomini mascherati che persone normali. La magia Marvel era già finita.
Adesso possiamo passare alla loro trasposizione sul grande schermo?
Dopo un buon inizio che più o meno cercava di ricalcare i personaggi nella loro versione classica, penso ai primi film dell’Uomo Ragno e al primo di Iron Man, in pochi anni anche al cinema si è passati all’accozzaglia informe di super-tizi che nei fumetti abbiamo visto a partire dagli anni settanta.
Ma il mondo Marvel non è un po’ tutto fantastico, “trasfigurato”, come dicevi poco fa?
Sì, è infatti abbiamo il “maggia” al posto della mafia. Cioè l’equivalente fantastico di una organizzazione criminale reale. Ma questo è un fantastico “diluito”, meno di cartapesta rispetto al mostrare un nuovo supereroe saltare fuori da ogni angolo. O a rappresentare supereroi che si fidanzano tra loro eccetera. Il mondo reale così sparisce, anche quando i dialoghi diventano più elaborati e profondi. Invece nella Marvel classica il mondo reale era il prerequisito necessario per rendere interessanti i singoli supereroi.
Cos’altro c’è?
Paradossalmente, il fatto di essere dei film live action li rende dal punto di vista delle immagini estremamente più realistici rispetto ai fumetti disegnati in maniera stilizzata da Jack Kirby e Steve Ditko. Pure questo limite lo troviamo già nei fumetti degli anni settanta, quando gli esempi grafici a cui guardavano i disegnatori erano diventati l’iperrealismo di Neal Adams (vedi qui – NdR) e “l’iper-anatomismo” di John Buscema (qui). In conclusione: nei fumetti le storie erano piene zeppe di supereroi, e quindi poco realistiche, disegnate però con stili sempre più fotografici.
Finito?
No, ci sarebbe anche da dire che nei film i personaggi vengono cambiati senza motivo. Per esempio, zia May da vecchietta diventa una milf, Flash Thompson da bullo biondo muscoloso diventa un furbetto nero magrolino… il film così finisce per c’entrare poco o niente con i fumetti.
Allora, come dovrebbero essere i supereroi nel piccolo schermo?
Secondo me la televisione non è adatta per le storie che necessitano di molti effetti speciali, e quindi ai supereroi tratti dai fumetti. Per avere effetti di buon livello occorrerebbe spendere troppo. Quindi, a meno di fare uno splendido cartone animato alla Batman di Paul Dini e Bruce Timm, che sarebbe la cosa migliore, se dovessi pensare a una serie tv dell’Uomo Ragno, per esempio, riporterei fedelmente le relazioni personali del primo Peter Parker con zia May, Betty Brant/Liz Allan/Gwen Stacy, Flash Thompson, J. Jonah Jameson eccetera. Gli metterei come nemico permanente Kingpin, che non occorre rielaborare con gli effetti speciali, e a ogni episodio gli farei affrontare i suoi scagnozzi dall’aspetto assolutamente comune. Gli unici effetti speciali, molto curati, riguarderebbero il personaggio dell’Uomo Ragno mentre si attacca alle pareti, lancia la ragnatela eccetera. La serie la farei trasmettere non da un clone di Netflix, ma da un grande network americano come l’Abc (che tra l’altro è di proprietà della Disney), in modo da avere più soldi per girarla. Nel complesso sarebbe una limitazione consapevole del fumetto, tenuto conto del mezzo in cui viene trasposto.
E sul grande schermo?
Ci sarebbero meno limitazioni, anche se un film live action e un fumetto hanno caratteristiche diverse di cui bisogna tenere conto. Per esempio, puoi fare una Gotham gotica sul fumetto e farla sembrare credibile grazie allo stile di un grande disegnatore, mentre sul grande schermo avrà sempre qualcosa di teatrale e posticcio. A meno di farne una città del futuro. Comunque al cinema lascerei perdere i live action, sia perché, come abbiamo detto, i supereroi dal vero non sono credibili, sia perché si finisce per spendere gran parte del budget per gli attori divenuti superstar. Farei invece dei curati e quindi costosi lungometraggi animati con lo stile grafico del primo film de Gli Incredibili della Pixar, anche se ovviamente non comici. Qui la Gotham gotica la puoi fare come nel fumetto. Immagino dei film animati non farciti con una marmellata di supereroi e che lascino spazio al contesto non supereroistico in cui ci si muove il protagonista: l’eroe in costume deve spuntare fuori solo alla fine del film, dopo che abbiamo visto le sue vicissitudini nel mondo reale come persona normale. Il protagonista deve essere quindi la persona normale, non il supereroe. Questo per ragioni drammaturgiche (ricordi che Goldrake entrava sempre nel robottone solo alla fine del cartone?… ah, no, sei troppo giovane) e sempre se vogliamo fare dei film veri, che magari verranno premiati con gli Oscar (per quello che può importare). Non solo per sgranocchiare un po’ di popcorn dimenticandoci quello che abbiamo visto il giorno dopo.
(Intervista a cura di Alice Alberti).
Io non sono molto d’accordo. I testi di Stan Lee erano davvero puerili.
L’arrivo di Roy Thoms ha reso i vendicatori quel super gruppo in grado di affrontare minacce mondiali, ha ripescato un sacco di personaggi del passato e quando ne inventava di nuovi aveva spunti interessanti, avrà creato molti super ma nessuno di loro era piatto.
A mio avviso se il lettore di Lee poteva essere il tredicenne, il lettore di Thomas non aveva età.
Però sono gusti personali.