MASTERCHEF, GLI ITALIANI SONO PIÙ CATTIVI DEGLI AUSTRALIANI

Masterchef Italia

Masterchef è un programma televisivo culinario creato dal regista britannico Franc Roddam per la Bbc nel 1990. Nel 2005 il format è stato rinnovato e si è diffuso in molti altri Paesi. È il programma culinario che ha prodotto il maggior numero di adattamenti internazionali, arrivando a circa 200 produzioni in 60 Paesi del mondo.

 

Il creatore di Masterchef: Franc Roddam

Franc Roddam, regista e uomo di spettacolo inglese nato nel 1946, ha dichiarato in una intervista di Ernesto Assante per il quotidiano La Repubblica: “Lavoravo a Hollywood e mantenevo un piede in Inghilterra, ma tutto era sempre più difficile. Ho capito che se volevo controllare il mio destino dovevo diventare un produttore, per poter guadagnare dei soldi da spendere per arte e cinema. Così è nato Masterchef: era la chiave di volta, l’ho visto come una cosa pratica. E oggi con quel denaro faccio tv, cinema, libri, fumetti, ma anche beneficenza. Non vorrei che si pensasse, però, che non amo Masterchef, trovo sia un programma bellissimo, che spinge la gente a chiedere di più, ad aspettarsi di più dalla vita”.

Non un talent show ma un “cooking show” che mescola generi diversi e, nelle intenzioni di Roddam, anche di più: “L’idea di base era democratizzare la buona cucina. Quando ero a Hollywood capitava spesso di mangiare male, andavo a cena con Larry Kasdan o Mel Brooks e tutti si lamentavano. A Londra invece trovavo ristoranti fantastici, ma davvero troppo costosi. Mi venne in mente uno slogan della rivoluzione francese, ‘Cibo per il popolo e dal popolo’, che sottolineava l’abbondanza ma non pensava alla qualità. Ecco, il cuore di Masterchef è la democratizzazione della qualità del cibo, che può essere raggiunta con le idee, non con il denaro. Mia nonna era una grande cuoca e spendeva con parsimonia. La nostra filosofia è quella di un programma educativo e di cultura culinaria. Non critichiamo la gente ma solo il cibo, non diciamo sei grasso o stupido, ma solo se i piatti sono fatti male o possono essere migliori. All’inizio era una competizione, lo è ancora nelle prime puntate, poi però conosci i concorrenti, soffri e gioisci con loro, ne vedi pregi e debolezze come in una serie tv, una soap o una fiction”.

 

Masterchef è un racconto di iniziazione

I concorrenti di Masterchef Italia si cimentano in varie prove culinarie sotto l’occhio attento dei giudici e degli spettatori. Il programma non ha conduttori: le puntate sono introdotte e chiuse dalla voce fuori campo di Simone D’Andrea e commentate da una voce femminile che è cambiata nelle varie edizioni.

I concorrenti nelle prime puntate spesso non sono del tutto consapevoli delle proprie capacità, anche perché non hanno frequentato delle qualificate scuole di cucina. Salvo alcuni, che sono convinti di essere superiori a tutti e proprio durante la gara prendono coscienza dei propri limiti.

Masterchef è il racconto di un percorso iniziatico in cui l’eroe si svela allo spettatore e prende coscienza di se stesso. In questo senso, il modello sono i racconti intorno al fuoco dell’Europa medievale e i canti degli aedi dell’antica Grecia.

 

La veglia nella stalla

La veglia nella stalla

 

Quando ero molto piccola mi sedevo nella stalla vicino alla mia zia preferita. Io sapevo che le altre persone non la consideravano molto e mi chiedevo perché non vedessero quanto fosse bella. Anche se in effetti non lo era in senso corrente.

Nella stalla c’era un dolce tepore perché il corpo delle mucche riscaldava l’ambiente. Mia zia Maria cominciava a raccontare. Tutti noi seduti intorno a lei, ai suoi piedi, volevamo sempre la stessa storia e la pretendevamo uguale, con gli stessi identici particolari.

Era la storia del giovane soldato tornato dalla guerra che incontra una strega. Volevamo che Maria ci dicesse come si chiamava e pretendevamo che si chiamasse sempre Giovannino. Non ci chiedevamo se la storia fosse vera, non era importante per noi. Cercavamo piuttosto il meraviglioso.

L’acciarino magico

 

Crescendo ho scoperto che la  favola che raccontava mia zia era molto simile a “L’acciarino magico”, pubblicata dall’autore danese Hans Christian Andersen nel 1835. Non so come mia zia la conoscesse, ma, di solito, le favole narrate nella stalla erano state apprese da un altro novellatore. Del resto, la favola del povero soldato che sposa una principessa e diventa ricco e famoso fa anche parte delle fiabe delle “Mille e una notte”.

Anche l’Odissea è il racconto di un eroe che parte per la guerra e, attraverso varie prove e difficoltà, matura. Impara a crescere, a rapportarsi con gli altri e a conoscere se stesso.

Nei racconti tradizionali le prove erano di abilità, di forza, di astuzia.
In Masterchef le prove sono di cucina.

 

Un reality o la realtà?

Sappiamo dai concorrenti di Masterchef che la produzione va avanti per mesi. Tutti i concorrenti, insieme ai giudici, vivono rinchiusi in un residence. Le riprese durano ore e ore alla presenza di un notaio, che ha il compito di controllare che la gara si svolga secondo le regole della trasmissione.

Sui social volano sempre accuse e sospetti, si dice che la gara non sia reale, o che sia truccata. I giudici avvantaggerebbero i beniamini del pubblico, manovrando la gara in modo da far vincere il concorrente più simpatico e popolare.

Un’inchiesta ha rivelato che gli spettatori dei cosiddetti reality, cioè delle trasmissioni che riprendono la realtà per farne uno spettacolo leggero senza sceneggiatura, non attribuiscono molta importanza al fatto che ciò che vedono sia reale o meno.

Come per noi bambini intorno al fuoco intenti ad ascoltare la fiaba che raccontava mia zia Maria, quello che contava era piuttosto la ripetitività della storia e quindi la sua prevedibilità. Eravamo affezionati a ogni personaggio e volevamo che fosse sempre uguale a se stesso.

 

Fair play australiano

Masterchef in Australia ha ottenuto un grandissimo successo. Viene mandato in onda tutte le sere ed è anche stato trasmesso in Italia doppiato. È un’edizione straordinariamente “buonista”, dove i concorrenti sorridono sempre e i giudici sono molto cortesi con loro. È rassicurante.

Poiché i cosiddetti reality sono monitorati in tempo reale e gli autori modificano lo spettacolo in base al consenso del pubblico, evidentemente gli australiani apprezzano in modo particolare il fair play, il gioco corretto. Un concetto che nasce nell’Ottocento in Inghilterra, concepito inizialmente per le competizioni sportive. Con il tempo si è esteso ad altri ambiti.

Nell’edizione australiana i concorrenti si aiutano, accettano l’eventuale eliminazione con dignità e ringraziando Masterchef per l’opportunità di cui hanno goduto. I giudici lodano sempre i piatti, accennando appena all’eventuale difetto che vi trovano.

Nelle gare tra professionisti e concorrenti vincono quasi sempre i dilettanti. I professionisti che partecipano a Masterchef Australia spesso aiutano i concorrenti anche nelle gare contro di loro.

 

Joe Bastianich: “Quel piatto è una merda!”

L’edizione italiana è figlia di quella Usa, tanto che per parecchi anni ha annoverato un giudice di Masterchef Usa, Joe Bastianich. Un ristoratore newyorchese, uomo d’affari, vignaiolo, figlio di ristoratori esuli istriani emigrati negli Stati Uniti.

Lo stile è molto più aggressivo del programma australiano. I concorrenti hanno meno fair play e spesso le puntate sono un vero gioco al massacro. Il modello, piuttosto di una gara sportiva fra contendenti, pare essere un combattimenti di gladiatori al Colosseo.
Evidentemente in Usa e in Italia l’aggressività paga in termine di ascolti.

 

La cattiveria dei giudici di Masterchef

I giudici dell’edizione americana e italiana sono molto più cattivi di quelli australiani. Anzi, di solito c’è un giudice  sprezzante e un altro buono e pacioccone. Sembrano aver ripreso le dinamiche tipiche delle squadre dei poliziotti dei film degli anni ottanta.

 

La cucina italiana

In Masterchef Italia e anche nelle altre edizioni esistono concorrenti convinti che la cucina italiana sia la più buona e quindi, per esempio, la pasta sia il miglior piatto del mondo.

Questo concetto era stato propagandato dall’americano Ancel Keys, il quale dimostrò, dati alla mano, che una dieta ricca di olio di oliva, povera di grassi animali e di carni rosse rallenta l’invecchiamento.

Secondo lo studio, la dieta degli abitanti di Nicotera (provincia di Vibo Valentia, in Calabria) degli anni cinquanta era migliore di tante altre e favoriva una lunga vita. Sicuramente le nostre abitudini ora sono in gran parte cambiate, i piatti non si cucinano più con i tempi e i modi delle nostre nonne.

In Masterchef stesso si fa largo uso delle pentole a pressione per concentrare in pochi minuti cotture che richiederebbero ore, e si abbonda nell’uso di burro, creme e panna.

 

La supponenza dei concorrenti

Molte persone sono convinte di essere grandi cuochi pur non avendo studiato cucina professionalmente. I concorrenti di Masterchef non devono aver fatto studi di cucina, almeno così recita il regolamento. Dovrebbero essere a tutti gli effetti dei dilettanti.

In Italia la cultura gastronomica deriva essenzialmente dalla tradizione, cioè dalla cucina delle nonne. L’Italia un tempo annoverava corti principesche in molte città a poca distanza le une dalla altre.

Nelle loro corti i principi, anche per ragioni di prestigio, amavano circondarsi di cuochi che venivano dalla Francia (i cosiddetti monsieur).
I cuochi francesi erano talmente rinomati che con il nome storpiato di monzù a Napoli e monsù in Sicilia venivano chiamati gli eccellenti cuochi di corte, anche se non erano francesi.

D’altra parte la cucina francese era stata fondata nel Cinquecento dai cuochi che Caterina de’ Medici si era portata in Francia quando era andata sposa a Enrico II. Sicuramente un po’ di quella cultura gastronomica di élite sarà filtrata nell’entourage della corte. Quando i sovrani andavano all’estero, magari per contrarre matrimonio, si portavano i propri cuochi e la cultura gastronomica emigrava così.

Quando ero bambina le mie giovani zie erano sempre a caccia di qualche ricetta e di qualche segreto delle famiglie altolocate, lasciati filtrare dalle cameriere.

Anche io ho imparato a cucinare da mia nonna e da mia madre. Sono cosciente di quanto siano complicate le procedure legate alla preparazione di un piatto. So quindi quanto sia difficile, se non impossibile, riuscire a fare un piatto solo con una ricetta in mano senza aver visto il procedimento. Anche perché le ricette sono spesso approssimative.

Per questa ragione sono convinta di non essere una grande cuoca e non andrei mai a Masterchef. Temo che un cuoco dilettante che non ha frequentato nessuna scuola di cucina in una trasmissione come Masterchef sia destinato al massacro.
A meno che si tratti di Masterchef Australia dove, sicuramente, gli farebbero i complimenti e lui sorriderebbe beato…

 

 

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