LUCA DELFINO, L’ASSASSINO CHE MALTRATTAVA LE DONNE

LUCA DELFINO, L'UOMO CHE MALTRATTAVA LE DONNE

Nella notte tra il 27 e il 28 aprile 2006 le telecamere poste nelle viuzze del centro di Genova, dove ferve la movida, riprendono un litigio tra Luca Delfino e Luciana Biggi. Solo dieci minuti dopo, poco più in là, Luciana viene sgozzata con un coccio di bottiglia. La mattina successiva, Delfino va a casa dei genitori, dove si toglie subito la tuta e le scarpe per metterle in lavatrice. Agli inquirenti, che sospettano sia lui l’assassino, spiega che si era vomitato addosso il vino. Tutto finisce in un nulla di fatto.

Luca Delfino nasce a Genova nel 1977, da padre operaio e madre casalinga. Quando è ancora piccolo, la mamma si suicida nella cucina di casa sparandosi un colpo di fucile. In seguito, il padre si risposa. Luca non va bene a scuola e dopo la terza media abbandona gli studi. Cade presto nell’abisso dell’alcol e della droga, che lo costringono a una vita vagabonda. Sempre senza soldi, dorme spesso alla stazione Brignole.

Capelli lunghi e barba incolta, il suo unico capo d’abbigliamento è una tuta. Tira avanti con piccoli furti: una volta lo sorprendono mentre sta rubando i tergicristalli di un’auto. Più spesso, ruba le borse delle signore che si avventurano di sera negli stretti vicoli di Genova, i famosi caruggi. Nel 1998, a 21 anni, viene denunciato per molestie a una minorenne. Nonostante tutto, a molte ragazze piace essere corteggiate da Luca per le sue doti apparenti: la gentilezza, la generosità e il senso di protezione che trasmette. Ogni giorno scambia più di cento sms con una decina di giovani donne che lo adorano, anche se spesso rimangono deluse dalle sue prestazioni di amante.  

Nel 2006, Luca si fidanza con Luciana Biggi, una bella ragazza alta un metro e settanta, con i capelli castani e gli occhi verdi. Ex istruttrice di fitness di 38 anni, ne ha 9 più di lui. Dopo la morte del fratello per overdose, e di entrambi i genitori per tumore, Luciana aveva lasciato il lavoro. Ora vive alla giornata, facendo uso saltuario di droga. Dopo alcuni mesi passati insieme a Luca, lei lo lascia esasperata dalla sua gelosia. L’uomo non accetta di essere abbandonato e la tempesta di telefonate. Quando riesce a rintracciarla, si toglie la cintura dei pantaloni e la prende a cinghiate davanti agli amici. Malgrado episodi come questo, i due sembrano riavvicinarsi e tornano a darsi appuntamento. Fino alla tragica notte tra il 27 e il 28 aprile 2006, dove litigano per l’ultima volta.

Passano tre giorni e ancora non si conosce l’identità della donna trovata morta in mezzo al vicolo, perché le è stata portata via la borsa con i documenti. Finché Bruna Biggi, la sorella gemella di Luciana, dopo avere tentato varie volte di chiamarla al telefono, va in Pretura per chiedere se la donna trovata morta ha sulla spalla il grande tatuaggio di una ragazza nuda con le ali. Avuta la conferma, scoppia a piangere. I primi sospetti cadono sull’ex fidanzato Luca Delfino. Il trentenne viene indagato per l’omicidio, ma non arrestato, malgrado la richiesta in questo senso del capo della Squadra mobile. La Procura, infatti, pensa che a uccidere Luciana potrebbe essere stato anche un ladro di passaggio, che le ha portato via la borsa.

Alla conferenza stampa organizzata dal suo avvocato, Delfino si presenta con i capelli tagliati corti, un giubbotto al posto della solita tuta e un’aria da persona rispettabile. «Luciana e io c’eravamo lasciati da due settimane», spiega con calma, «litigavamo spesso, è vero, ma mi piaceva anche se era matta come un cavallo. Mi ha piantato perché non ho la macchina, lei voleva una vita comoda». Poi cambia tono: «Luciana aveva cominciato a drogarsi, frequentava i marocchini, individui pericolosi. Glielo dicevo di stare attenta, ma lei andava da loro perché offrivano la cocaina alle donne». Il giorno precedente alla morte, la sua ex avrebbe fatto a botte con la gemella Bruna, poi era andata nel garage dove stava lui.

«Ci univa la sensibilità, anche se lei era più grande di me. Ero l’unico a capirla». Avevano mangiato degli spaghetti preparati lì e poi si erano addormentati insieme, sempre nel garage. Si erano incontrati anche il giorno dopo. «Quella sera avevamo bevuto molto e poi abbiamo litigato perché lei voleva i soldi per la droga e io non li avevo». In realtà, secondo un testimone, il litigio era nato perché lui le aveva preso il cellulare per vedere chi le aveva telefonato: era geloso e voleva controllarla anche adesso, che stavano faticosamente cercando di rimettersi insieme. «A un certo punto se ne è andata», conclude Delfino, «e allora io sono tornato a casa con il pullman».  

L’anno seguente, con i suoi soliti modi cortesi, Luca riesce a conquistare la 33enne Antonella Multari. Da tutti giudicata una “brava ragazza”, Antonella fa la commessa in un negozio di abbigliamento di Vallecrosia, in provincia di Imperia. Lui va a vivere a casa sua, instaurando subito un rapporto intenso ed esclusivo. I sospettosi genitori della donna, Rocco e Rosa, chiedono informazioni su quel tipo strano e scoprono che è indagato per omicidio. Lo dicono alla figlia, la quale, per quanto già vittima della gelosia ossessiva del fidanzato, non si decide a lasciarlo. Antonella è la classica “crocerossina” che si innamora di un uomo problematico nell’illusione di riuscire a cambiarlo.

Solo dopo quattro mesi di convivenza, quando lui diventa così violento da lasciarle lividi su tutto il corpo, lo sbatte fuori di casa. Luca Delfino, al solito, la prende male e la picchia più di prima. Così Antonella lo denuncia ai carabinieri per aggressione. La donna ritorna in caserma nei giorni successivi, raccontando di essere sempre pedinata e minacciata dall’ex, ma nessuno interviene. Al persecutore che vorrebbe costringerla a tornare insieme a lui, Antonella risponde secca al telefono: «O si sta con te, o si muore», e riattacca.

La mattina del 10 agosto, Delfino infila un coltellaccio sotto la tuta, ruba un motorino e va alla ricerca di Antonella. Sa che quel giorno andrà nella vicina Sanremo per farsi la lampada in un centro estetico. Alle 14, appena si trova sola in strada, le si avvicina per sferrarle 40 coltellate al collo, al seno e all’addome. Un camionista che vede la scena coraggiosamente lo blocca, ma è troppo tardi per salvare la vittima. Con la tuta imbrattata di sangue, Delfino non può negare di averla uccisa. Quando lo interrogano, risponde: «Non è vero che sono violento, io le donne le amo e le proteggo».

Al processo, fa dichiarazioni folli come: «Fatemi vedere Antonella, voi me la nascondete» e «Antonella mi chiede in regalo un cane, a me che sono in galera dove mi chiamano assassino anche i muri». Per gli psichiatri, l’imputato ha una personalità sadica. Con il rito abbreviato viene condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione per l’omicidio di Antonella Multari, più 5 anni di custodia in una struttura psichiatrica, dato che gli è stata riscontrata la seminfermità mentale.

Nel febbraio 2011, al processo che lo vede imputato dell’omicidio di Luciana Biggi, viene assolto per insufficienza di prove. I primi soccorritori avevano talmente inquinato la scena del delitto da rendere impossibile l’esame dei reperti.

Infine, il 18 marzo 2014, Delfino viene condannato ad altri 2 anni e 2 mesi di reclusione per violenza sessuale nei confronti di una metronotte, avvenuta nell’agosto 2007, due giorni prima dell’uccisione di Antonella.

Nel carcere di Sanremo, Luca Delfino passa il tempo a leggere, ama citare le poesie del cinese Li Tien Min, e lui stesso scrive poesie mistiche in cui si affida al giudizio di Dio. Dopo una rissa in carcere, gli vengono revocati i benefici per la buona condotta (i quali prevedono uno sconto di 45 giorni ogni sei mesi), che in seguito gli vengono ripristinati tra le polemiche.




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