L’INVERNO DI JACK KIRBY, IL RE DEL FUMETTO

L’INVERNO DI JACK KIRBY, IL RE DEL FUMETTO

Nella vita di ogni uomo esiste un tempo finale, una stagione che preannuncia la conclusione e che, comunque la si viva, è pervasa da una sottile malinconia. Come fu l’inverno del “re”? Come passò gli ultimi anni su questo pianeta il ragazzo di Suffolk Street che era nato Kurtzberg e morì Kirby?

Era il 1981 quando Jack Kirby, dopo una remunerativa esperienza nell’animazione televisiva, era tornato a fare quello che aveva fatto per tutta la vita: disegnare fumetti. Con un certe successo, dato che a lui si devono personaggi Marvel come Capitan America, i Fantastici Quattro, Hulk, Thor, Iron Man, i Vendicatori, Nick Fury e gli X-Men. Accettò di lavorare per editori alternativi come la Pacific e la Eclipse Comics, due realtà editoriali dalle buone intenzioni nate nel boom iniziale delle fumetterie: vendere nelle edicole americane era troppo rischioso. Fragili ed effimere, intendevano usare il nome di Kirby per lanciare nuovi prodotti, ma non avevano abbastanza mezzi economici per sostenerli adeguatamente.

Per la Pacific di San Diego, Kirby riprese un suo vecchio progetto dando vita a “Captain Victory and the Galactic Rangers”, una serie durata 13 numeri, tra l’ottobre del 1981 e il gennaio 1984 (oltre allo speciale “The Space Musketeers” del 1983).
Il protagonista, copia sputata di Ikaris degli Eterni, era un eroico uomo di legge a capo di una squadra di ranger interstellari, una sorta di risposta a “Guerre Stellari”.
jack-kirby-captain-victory-splash-panels-2 jack-kirby-captain-victory-splash-panels-4 jack-kirby-captain-victory-splash-panels-6Sempre per la Pacific uscì la miniserie “Silver Star” (6 numeri tra febbraio 1983 e gennaio 1984) che narrava le vicissitudini di Morgan Miller. Dopo essere diventato un mutante genetico (Homo Geneticus) in seguito a un esperimento del padre, lo scienziato Bradford Miller, il nuovo eroe si vede affidato dalle autorità governative il compito di combattere nemici sovrumani.
comic-book-craze256 silverstarNello stesso periodo, la Eclipse Comics metteva sul mercato la stravagante “Anatra cacciatorpediniere”: Destroyer Duck, 7 numeri tra il maggio 1982 e il maggio 1984.
Si trattava di un progetto nato per sostenere la battaglia legale che lo sceneggiatore Steve Gerber aveva scatenato contro la Marvel per il possesso dei diritti di Howard the Duck al quale, oltre a Jack, avevano aderito artisti del calibro di Steve Ditko, Neal Adams e Sergio Aragonés.
Non era un capolavoro; Kirby aveva mille idee ma non possedeva la capacità di metterle su carta in maniera ragionata. La sua sfrenata fantasia avrebbe avuto bisogno di uno scrittore vero che tirasse le redini e desse ordine a una trattazione impetuosa ma confusa. Se poi si aggiunge il fatto che gli furono affiancati inchiostratori non eccelsi o inadatti come Michael Thibodeaux e Alfredo Alcala, si può spiegare lo scarso “appeal” che queste opere ebbero sui lettori.
018-destroyer-duck-01-jack-kirbyAnche se lo stile di Kirby diventava sempre più grezzo a causa dei problemi di salute, la grande Dc Comics tornò a bussare alle porte di casa Kirby, chiedendogli di realizzare una “graphic novel” che chiudesse le trame rimaste in sospeso nella Saga del Quarto Mondo.
Arrivò così il mediocre “Hunger Dogs”, che poco o nulla aggiunse all’epopea dei Nuovi Dei, rivelandosi un flop privo dell’epicità necessaria per un Gran Finalle.
Sullo sfondo, iniziava la battaglia legale contro la Marvel, che aveva creato con il vecchio “amico” Stan Lee, per la restituzione delle tavole originali, ma questo è un argomento talmente ingarbugliato da meritare una trattazione a parte.
jack-kirby-s-bombast-1-page-1Nel frattempo, la Topps, leader mondiale nel mercato delle “cards” da collezione, pensò al vecchio sovrano per il suo ingresso nel mondo dei comics, che l’aumento esponenziale delle fumetterie sembrava rendere attraente.
Numerose testate nacquero sulla base di antichi progetti kirbiani, realizzati da altri autori perché ormai il “re” faticava non poco a disegnare. Ci furono titoli come “The Power and the Glory”, “Jack Kirby’s Secret City saga”, “TeenAgents”, “Night Glider”, “Satan’s Six”, “Bombast”, “Captain Glory” e la ripresa di Silver Star e Captain Victory.
Un intero universo narrativo, definito pomposamente “Kirbyverse”, raccoglieva questa impressionante e disordinata esplosione di creatività ma, disgraziatamente, tutte le testate ebbero una vita breve e poco lusinghiera.

Questi insuccessi editoriali non scalfirono il mito e Jack passava di convention in convention a stringere mani e a ricevere premi tra gli applausi scroscianti dei colleghi e stuoli adoranti di fans. Eppure, qualcosa nel fisico minuto del “re” si era incrinato: gli occhi gli davano grandi problemi e una paralisi al braccio destro lo metteva in difficoltà persino nel firmare gli autografi. La leggenda vuole che nel corso di una di queste “convention” venne festeggiato con una grandissima torta. Le mani tremolanti di Jack non riuscivano a tagliare la prima fetta e dovette intervenire in suo aiuto la moglie Roz.

Fu proprio Rosalind “Roz” Goldstein, la donna che aveva sposato il 23 maggio 1942, a trovarlo privo di sensi nella sua casa. Il 6 febbraio 1994, una domenica, Jack Kirby se ne andò per sempre. Aveva 77 anni. Era alto solo un metro e sessantatré, ma era entrato nella storia del fumetto come un gigante e non ne è più uscito. Il “Re” è morto. Lunga vita al “Re”!

 

 

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