LE VENDITE MARVEL E DC DALLE ORIGINI A OGGI

Il panorama dei fumetti americani è il prodotto di due enormi innovazioni: una della Dc, di circa ottant’anni fa, e un’altra della Marvel durante gli anni sessanta. Queste innovazioni hanno aiutato ciascun editore a consolidare la propria identità e, all’epoca, a ottenere un vantaggio cruciale sulla concorrenza. Inizialmente fu la Dc, a essere il leader indiscusso del settore.

Era la Dc ad avere Superman, Batman e Wonder Woman, una redazione ben strutturata in uffici confortevoli ai piani alti di un grattacielo di Manhattan. La Marvel, dopo alti e bassi, alla fine degli anni cinquanta aveva un unico dipendente che lavorava in un piccolo ufficio di un’unica stanza seduto su cataste di riviste semiporno prodotte dal suo stesso editore: Stan Lee. Poi arrivarono Jack Kirby e Steve Ditko a dargli una mano.

Negli anni sessanta alla Dc consideravano i disegni della Marvel grezzi e bambineschi, non certo all’altezza dei loro artisti. Si sbagliavano, erano di fronte a un’innovazione cruciale e non seppero vederla. Del resto le due aziende erano profondamente diverse, soprattutto per quello che riguardava la filosofia di base.
L’editore della Dc, Harry Donenfeld, aveva fatto fortuna negli anni trenta con le pulp erotiche che avevano sempre la parola “spice” (piccante) nella testata. Ciò gli procurò molte noie con i magistrati e la polizia, tanto che dovette darsi un’aria rispettabile quando passò a occuparsi di fumetti.
L’editore della Marvel, Martin Goodman, era partito pure lui dalle pulp. Diversamente da Donenfeld non andava alla ricerca di rispettabilità, impegnato com’era a guadagnare il più possibile pagando il meno possibile i collaboratori. Se poi il loro lavoro aveva successo si poteva sempre passare a un ragionevole aumento.
Soprattutto, nei primi decenni la Dc era molto legata a un concetto tradizionale di qualità, la Marvel era invece sempre alla rierca dellla novità.
Ripercorriamo la storia dell’accesa rivalità tra le due case editrici sulla base del numero di albi pubblicati annualmente. Non intendiamo nel senso di serie, ma proprio di albi: un mensile avrà 12 albi all’anno.
1939: La rivalità inizia
La Marvel inizia a pubblicare comic books nel 1939 sotto il nome di Timely, in quell’anno ne pubblica solo due, Marvel Comics n. 1, datato ottobre 1939, e Marvel Comics n. 2, datato dicembre 1939.
Marvel comics n. 1 è oggi uno dei fumetti più ricercati dai collezionisti e ha raggiunto quotazioni da capogiro. È un numero storico poiché contiene la prima apparizione del supereroe di Carl Burgos, la Torcia Umana, del detective in costume di Paul Gustavson, chiamato l’Angelo, e dell’antieroe di Bill Everett, Namor il Sub-Mariner.

Il numero bruciò in pochi giorni una prima tiratura di 80mila copie, per cui Martin Goodman dovette mandarne in fretta e furia alle stampe una seconda, questa volta di 800mila copie.
La Dc era già nel campo dei comic books dal 1935 e aveva al suo attivo due campioni come Superman (1938) e Batman (1939). Nel 1939 pubblicò ben 67 albi, tra i quali i più venduti erano il mensile Action Comics, che pubblicava le avventure di Superman, e il mensile Detective Comics con le avventure di Batman.
1942: La Timely è la terza realtà sul mercato
Con i guadagni derivati dalle ottime vendite dell’albo Marvel Comics, Martin Goodman decise di produrre in proprio i fumetti (aveva iniziato servendosi di un’agenzia), arruolò quindi due giovani autori promettenti: Joe Simon come direttore e Jack Kirby come disegnatore.
Il dinamico duo creò la Visione su Marvel Mistery Comics n. 13 nel 1940, ma fu con l’iconico Capitan America, nel 1941, che si imposero all’attenzione dell’intero settore. Il primo numero di Captain America Comics andò esaurito nel giro di pochi giorni e la tiratura del secondo numero fu fissata in oltre un milione di copie.

L’eroe a stelle e striscie divenne rapidamente il personaggio più popolare della Timely. Nel 1942, con 65 albi pubblicati, l’azienda di Martin Goodman era diventata la terza realtà del mercato. Veniva dopo la casa editrice Dell, che aveva pubblicato 117 albi.
Al primo posto, con 146 albi c’era la Dc Comics. In quell’anno in particolare la Dc aveva fatto esordire sul n. 8 di All Star Comics una supereroina che avrebbe fatto parlare di sé, la leggiadra Wonder Woman.
1948: La Timely è la seconda realtà sul mercato
Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la popolarità dei supereroi crolla rapidamente. Per mantenere vivo l’interesse dei lettori, gli editori di fumetti iniziano a diversificare introducendo altri generi, come commedia, guerra, western, fantascienza, romanticismo, crimine e horror.
In particolare si impone il genere umoristico adolescenziale che insegue il successo di Archie. Per il genere adolescenziale la Dc ha Buzzy Brown, un musicista adolescente, Leave it to Binky di Hal Seeger e Bob Oksner, e Scribbly the Boy Cartoonist creato dall’ottimo Sheldon Mayer.

La Timely ha Patsy Walker, uno dei personaggi femminili più famosi in quegli anni, mentre Millie the Model tentava di raggiungere il pubblico femminile attraverso il mondo della moda, poi c’erano Tessie the Typist e Nellie the Nurse.
Andava molto bene anche il genere western. La Dc puntò sugli albi antologici pubblicando la poco fantasiosa (almeno nel titolo) Western Comics, mentre la Timely puntò più sui personaggi introducendo Two-gun kid e Kid Colt Outlaw.
Entrambe le aziende continuano a crescere, la Dc domina il mercato con 237 albi pubblicati in un anno mentre la Timely supera la Dell e si impone al secondo posto con 214 albi pubblicati (anche se sicuramente i singoli albi della Dell, con i personaggi Disney e altri altrettanto celebri, vendevano certo di più).
1958: L’implosione della Atlas
Gli anni cinquanta furono terribili per il fumetto. In particolare per le polemiche scatenate dalla pubblicazione del saggio “Seduction of the Innocent” (La seduzione dell’innocente) dello psichiatra di origine tedesca Fredric Wertham, uscito nel 1954. Il saggio mette i genitori in guardia dai fumetti, accusandoli di essere una delle principali cause della delinquenza giovanile. Così, nel 1955, viene fondata la Comics Code Authority (Autorità del codice dei fumetti), la severa autocensura degli editori.

Questo codice di autoregolamentazione porta alla scomparsa di tutti gli albi horror, alla chiusura di numerose case editrici e a una drastica riduzione delle vendite di fumetti. La Dc e la Timely (che nel frattempo aveva cambiato il nome in Atlas) però continuano a vendere sulle spoglie dei concorrenti.
La Dc vende grazie al rilancio del genere supereroistico iniziato nel 1956 e la Atlas grazie ai suoi fumetti di guerra, tornati di moda dopo il conflitto in Corea.
La situazione mutò improvvisamente nel 1958, l’anno della cosiddetta “implosione della Atlas”.

Martin Goodman, che distribuiva gli albi in proprio, nel 1957 per far quadrare i conti dovette passare alla American News Distribution Company. Peccato che di li a poco la American News Distribution chiuse l’attività, cosicché Goodman fu costretto a rivolgersi alla Independent News per distribuire i suoi albi.
La Independent News, di proprietà della Dc Comics, impose a Goodman di chiudere molti albi che vendevano poco e pubblicare un numero massimo di 8 pubblicazioni mensili, a meno che le copie vendute riprendessero ad alzarsi.
Stan Lee pubblica 16 bimestrali, per coprire le edicole, ma la Atlas dovette ridimensionarsi parecchio e i disegnatori vennero licenziati: d’ora in poi quelli rimasti sarebbero stati solo collaboratori esterni. Mentre la Dc passò dai 407 albi pubblicati nel 1957 ai 412 pubblicati nel 1958, la Atlas scese dai 351 albi del 1957 ai 96 del 1958. Non solo erano molti meno, ma ciascuno vendeva poco.
1968: Testa a testa
Gli anni sessanta furono un lungo testa a testa tra le due case editrici: una, la Marvel, cresceva sempre più velocemente e l’altra, la Dc, iniziava la sua parabola discendente. Le vendite della Dc raggiunsero il loro apice nel 1963, ma iniziarono a diminuire nel 1964. Il suo titolo di punta, Superman, che aveva venduto sulle 800mila copie a numero per tutta la prima metà degli anni sessanta, nel 1966 perse di colpo 100mila copie e continuerà a perdere copie per tutti gli anni che seguiranno (fino al 1986, anno in cui verrà rilanciato da John Byrne).
Ancora nel 1962 la Dc fatturava 100 milioni di dollari all’anno, mentre la Marvel 35 milioni. I nuovi supereroi di Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko però vendevano bene e nel 1963 la Indipendent News distribuì quattro nuove testate Marvel che si aggiungevano alle precedenti: l’Uomo Ragno, gli X-Men, i Vendicatori e il Sergente Nick Fury.

La Dc continuò a declinare anche se la Marvel ancora non la superava. Nel 1968 Martin Goodman, che amava affollare le edicole di testate anche quando vendevano poco, lasciò la Indipendent News della Dc per passare all’indipendente Cadence Distribution. Diede subito via libera ad altri 6 titoli: The Incredible Hulk, Sub-Mariner, The Invincible Iron Man, Nick Fury: Agent of Shield, Captain America e Dr. Strange. Nuove testate ancora seguiranno.
Nel 1968 la Dc pubblica 364 albi, in calo costante rispetto al record di 412 albi registrato dieci anni prima. La Marvel ne pubblica 221, in crescita costante dopo il 1958. Per la cronaca, The Amazing Spider-Man arriverà a eguagliare il numero di copie vendute di Superman soltanto nel 1974 (280.000), quando entrambe le testate erano in calo (Superman di più).
1973: La Marvel supera la DC
Nel 1971, a fronte di una grave crisi nelle vendite probabilmente dovuta anche all’alto numero di nuove serie della Marvel, imitata dalla Dc, le due case editrici si misero d’accordo per alzare i prezzi degli albi (che dal 1969 costavano 15 centesimi di dollaro). La loro intesa verbale prevedeva che il numero di pagine a fumetti di ogni albo passasse da trentasei a cinquantadue pagine (comprese le copertine), a fronte di un prezzo di venticinque centesimi. Così, per esempio, il n. 115 dei Fantastici Quattro costava ancora 15 centesimi, mentre il n. 116 era già schizzato a 25.
Tuttavia, dopo un mese l’editore Martin Goodman tornò alle trentasei pagine e abbassò il prezzo a 20 centesimi, offrendo comunque un margine di guadagno maggiore agli edicolanti. Questa mossa costò il primato di vendite alla Dc Comics, che si accodò più tardi al nuovo prezzo: dopo tanti anni la Marvel divenne la casa editrice di fumetti numero uno d’America.

Dal punto di vista creativo si cercò di contrastare il calo delle vendite dei supereroi con la ricerca di nuovi generi. La Marvel ebbe un buon successo nel fantasy con il personaggio di Conan, mentre Ia Dc puntò tutto sull’arrivo di Jack Kirby, che purtroppo non diede i risultati sperati.
Nel 1973 la Marvel supera per la prima volta la Dc nel numero di albi pubblicati: 532 a 402.
1996: La Marvel sull’orlo della bancarotta
Negli anni ottanta Jim Shooter, il nuovo direttore generale della Marvel, superò finalmente la crisi iniziata alla fine degli anni sessanta rilanciato il mercato, e la Dc gli rimase validamente dietro. Dal punto di vista artistico, le due aziende avevano dato vita ad alcune pietre miliari del fumetto come Daredevil: Born Again e Watchmen.
Negli anni novanta la Marvel si ritrovò in casa una generazione di disegnatori refrattari al contributo degli sceneggiatori, che la portarono al raggiungimento di numerosi record di vendite. Il primo numero della nuova testata Spider-Man (senza “The Amazing”) di Todd McFarlane vendette 1.325.000 copie, quello di X-Force di Rob Liefeld 5.000.000 di copie e quello degli X-Men di Jim Lee sbriciolò tutti i record, vendendo 8.186.500 copie. Erano comunque record limitati ai numeri uno delle serie, dovuti soprattutto alle “speculazioni” dei collezionisti.
La Dc, invece, più che sui disegnatori puntò sulle storie ed ebbe l’intuizione degli eventi “Batman Knightfall” e “Death of Superman”, entrambi premiati da vendite milionarie.

La scomparsa dalle scene del primo dei supereroi e lo storpiamento del secondo però segnarono anche l’inizio della crisi. La seconda metà degli anni novanta vede il precipitare del mercato fumettistico Usa in una gravissima crisi economica. Questa crisi colpì particolarmente la Marvel che nel 1992 era stata abbandonata da tutti i suoi disegnatori di punta, che si erano uniti per creare la casa editrice Image, e che nel 1996 si ritrovò sull’orlo della bancarotta.
Nel frattempo, dopo oltre 20 anni, la Dc, che aveva risentito meno della crisi, era riuscita a sorpassare di nuovo la Marvel nel numero di albi venduti. Nel 1996: 919 per la Dc e 841 per la Marvel.
2006: La Marvel torna prima
Alla fine del secolo le Big Two entrano in crisi. Nel 1997 il fumetto più venduto è Darkness della Image, Nel 1998 è Phatom, sempre della Image e nel 1999 è Tomb Rider, manco a dirlo della Image.
Nel 2000 la Marvel comincia a dare i primi segni di risveglio, Chris Claremont torna su Uncanny X-Men e su X-Men dopo nove anni di assenza e il risultato è che alla fine dell’anno i primi dieci titoli più venduti appartengono tutti a queste due testate.
Anche la Dc rispolvera i suoi assi nella manica e nel 2001 raggiunge ottimi risultati grazie anche ai fenomenali ordinativi di Dark Knight Strikes Again, il ritorno di Frank Miller nel mondo da lui creato negli anni ottanta.

Nel 2003 vende bene l’epica saga di Batman Hush di Jeph Loeb e Jim Lee. Nel 2004 tocca a Superman prevalere con la miniserie For tomorrow di Brian Azzarello e Jim Lee. La Dc risulta vincente anche nel 2005 con All Star Batman & Robin the Boy Wonder di Frank Miller e Jim Lee.
Bisogna aspettare il 2006 perché la Marvel torni a primeggiare con il crossover in sette albi di Mark Miller e Steve McNiven: Civil War. Un successo che le fa riconquistare la leadership perduta dieci anni prima. In quest’anno la Marvel torna prima anche per quello che riguarda il numero di albi pubblicati: 1433 contro i 1344 della Dc.
2022: La politica dei prezzi aumentati
Dopo un periodo di sostanziale equilibrio tra le due big durante gli anni novanta e i primi anni 2000, la Marvel cresce negli ultimi anni più della Dc.
Ancora una volta nella sua storia la Marvel ha raggiunto questi risultati con la strategia di aumentare il numero degli albi pubblicati che nel 2022 ha raggiunto l’incredibile numero di 3718, contro i 2498 della DC.
Si tratta di un mercato dove il numero delle copie vendute sembra sostanzialmente stabile, ma
i continui aumenti dei prezzi hanno fatto sì che i profitti per le case editrici continuassero ad aumentare.