LA SERIE DI WATCHMEN, SCHRÖDINGER E I PROMESSI SPOSI

Nel film 12 Monkey di Terry Gilliam, del 1995, ispirato al fotoromanzo/film francese La Jetée di Chris Marker, del 1962, viene magistralmente messo in scena uno dei più classici paradossi temporali: quello del viaggio nel tempo e della circolarità chiusa e perfetta della vita. In questo paradosso le azioni e i fatti all’interno dell’esistenza di una persona non influenzano più altri accadimenti secondo ramificazioni e percorsi differenti, che noi scegliamo, e che sono molteplici, ma secondo un percorso circolare e riproducibile all’infinito. Un’azione genera una reazione che a sua volta diventa azione per un’altra reazione. Un inizio influenza una fine che a sua volta determina quello stesso inizio precedente. La vita, in questo paradosso, si trova su un unico binario chiuso all’interno di una scatola da cui non possiamo uscire.

LA SERIE DI WATCHMEN, SCHRÖDINGER E I PROMESSI SPOSI

Questo paradosso temporale viene estremizzato nell’ottavo episodio (A God walks into Abar) della serie televisiva di Watchmen, ispirata al celebre fumetto di Alan Moore e Dave Gibbons. Nell’episodio, che narra la storia sentimentale tra il Dottor Manhattan e Angela Abar, è tutto un susseguirsi di circolarità composte da azioni/conseguenze/azioni che permettono di influenzare reciprocamente la vita dei due protagonisti, senza alcuna linearità temporale. Per fare un paio di esempi: il Dr. Manhattan si innamora di Angela e decide di incontrarla perché quest’ultima cerca di salvargli la vita prima dell’attacco della Cavalleria. Oppure, il fatto che Reeves decida di uccidere Crawford in seguito alla domanda retroattiva di Angela fatta attraverso Jon: due azioni molto distanti fra loro ne influenzano una terza collocata temporalmente fra le due.

Ma perché tutti questi continui paradossi temporali? La risposta sta nel fatto che Dr. Manhattan vive ogni istante della sua vita contemporaneamente e in più luoghi differenti. Per lui non vale né il concetto di tempo come lo intendiamo noi, né quello di spazio. È la rappresentazione di uno dei più classici paradossi della fisica quantistica: il gatto di Schrödinger (chi non conosce questo esperimento e la teoria alla base, ne può facilmente trovare la narrazione su internet). Il Dr. Manhattan è il gatto di Schrödinger, con la differenza che lui, Jon, ne è consapevole. Jon conosce ogni singolo istante della sua vita e la vive in contemporanea in ogni tempo e luogo. È vivo e morto allo stesso tempo. Come il povero gatto, Jon si trova in una scatola, da cui non può uscire, e all’interno della quale vede tutti gli avvenimenti della sua vita e della sua morte, passati, presenti e futuri.

La scatola del Dr. Manahattan è totalmente ermetica. Jon non può guardare al di fuori di essa e di conseguenza può solo “giocare” con le azioni e gli avvenimenti presenti all’interno. Non può decidere nulla e può solo prendere atto della propria vita, che è una sola e immutabile. Ma allora, se viene meno per Jon il concetto di libero arbitrio, e la scatola è isolata da influenze esterne e da istanze deterministiche, chi ha deciso cosa doveva esserci all’interno dell’involucro? Chi ha deciso, da subito, quale vita Jon dovesse vivere?

La vita prescritta e precostruita del Dottor Manhattan non può prescindere da un essere superiore generatore. Se il Dr. Manhattan è considerato dagli uomini un dio, esiste un dio ancora più alto che l’ha generato e ne ha scritto la vita. Chi è lo Schrödinger che l’ha rinchiuso in una scatola come un gatto? Non lo sappiamo ma possiamo immaginarlo. Ritorna così un topos classico della letteratura moderna, quello della Divina Provvidenza. Ne I Promessi Sposi, Manzoni mette la vita dei protagonist nelle mani divine di Dio, che ne determina e influenza ogni avvenimento, che sia positivo o nefasto. Renzo, Lucia, Don Abbondio e gli altri personaggi manzoniani, sono consapevoli, anche se non conoscono il futuro, che ogni accadimento è dovuto alla Provvidenza. Lo stesso fa Jon, totalmente passivo e assoggettato a questa forza esterna e superiore, e per cui non fa assolutamente nulla per ribellarsi. Il Dr. Manhattan è il fallimento totale della ragione e dell’uomo.

Manca ancora un episodio alla fine di questa prima stagione di Watchmen, ma non serve finire la serie per concludere questa riflessione a caldo. Da almeno quarant’anni gli indirizzi artistici e culturali sono fortemente influenzati dalla poetica narrativa di Cervantes, nonché da aspetti postspecisti e postumanisti. In poche parole, ci troviamo in quel periodo artistico ormai consolidatosi col nome di postmoderno. O meglio, ci trovavamo, prima di questo episodio di Watchmen, in cui la Provvidenza rientra a gamba tesa nella narrativa (e non solo). E se stesse arrivando un nuovo corso? Un revival neomoderno? Da Cervantes a Manzoni il passo potrebbe essere molto breve. Chissà, vedremo. Speriamo proprio di no.

 

 

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