LA PAGINA COME UNITÀ NARRATIVA

Abbiamo più volte definito il fumetto come arte sequenziale. Come il cinema è composto da una serie di singole immagini messe in fila: fotogrammi nel caso del cinema, vignette nel fumetto. Le singole vignette, pur potendo assumere qualche volta un significato in sé (vedi articolo: “Le vignette indimenticabili della Marvel”), più spesso questo significato lo assumono quando sono concatenate tra loro. Abbiamo anche visto come un primo strumento per mettere assieme le vignette sia la “sequenza”, (vedi articolo: “Le più grandi sequenze della Marvel”).
Il momento successivo è la “pagina”. La pagina è l’unità fondamentale del racconto a fumetti, in un certo senso è essa stessa un piccolo racconto. È necessario che possieda una sua “unità narrativa”, che abbia cioè un inizio e una fine ben precisi. Tornando al parallelo con il cinema, una pagina rappresenta l’equivalente di una scena.
Tra i vari elementi che costituiscono una pagina, uno dei più importanti è la disposizione delle vignette. In linea di massima una prima suddivisione è tra gabbie regolari e irregolari. Nella prima sono inclusi gli schemi con vignette di dimensioni uguali disposte in maniera simmetrica. Nelle griglie irregolari invece abbiamo vignette di diverso numero, forma e dimensione. L’importante in entrambi i casi è che i vari elementi trovino una sistemazione logica ed equilibrata all’interno della tavola. Quando questo succede siamo di fronte a dei capolavori di composizione che sono prerogativa dei maestri del fumetto.
Frank Miller e la griglia di sedici vignette
In questa selezione mostreremo quasi esclusivamente pagine tratte dagli albi Marvel, che è stata la prima casa editrice a distinguersi nella ricerca di nuove formule. Iniziamo però con un’eccezione, presentando un albo della Dc Comics. Si tratta di un capolavoro assoluto: The Dark Knight Returns di Frank Miller.
In questa opera, Miller racconta per l’ennesima volta le origini di Batman. E lo fa alla sua maniera. In tre iconiche pagine di 16 vignette ciascuna, decomprime e scompone fino al limite il momento in cui la vita del personaggio cambia irrevocabilmente. Con queste tre pagine iconiche Miller ha apportato una nuova svolta che da allora ha influenzato gli sceneggiatori, i disegnatori e i cineasti di Batman.

È interessante riportare quanto lo stesso Frank Miller racconta a proposito. “Quello che cercavo principalmente era rendere questo momento il più intimo e personale possibile”. A tale scopo guardò al lavoro del grande Bernard Krigstein, un artista che aveva sperimentato sulla rappresentazione del tempo alla EC Comics.
“Era capace di suddividere in quattro o cinque vignette ciò che un altro avrebbe messo in una sola vignetta”, afferma Miller. “Volevo che il ricordo di quella esperienza nella testa di Bruce Wayne fosse così vivido che i dieci secondi dell’omicidio dei suoi genitori diventassero ore”.
Per questo Miller sì ispirò al capolavoro “Master Race” di Krigstein pubblicato dalla Ec, che presenta una dinamica simile.
Jim Starlin e la griglia di dodici vignette
Jim Starlin fu uno degli innovatori della Marvel degli anni settanta. Lo fece sia su Capitan Marvel, dove è passata alla storia una sua pagina psichedelica costituita da ben trentacinque vignette, sia, con forse maggiore consapevolezza e convinzione, su Warlock. Proprio da Warlock n. 9, dell’ottobre 1975, è tratta questa splendida sequenza muta che suddivide un’azione svolta in un tempo relativamente breve in ben dodici vignette.

La scelta è stata fatta per prolungare al massimo la tensione di un conto alla rovescia e creare una forte suspence. L’assenza degli sfondi dietro i personaggi e la colorazione diversa di ogni vignetta servono a mantenere elevata la leggibilità, nonostante la ridotta dimensione delle vignette.
L’azione coinvolge tre personaggi (Warlock, Magnus e Gamora), e questa pagina è probabilmente il modo più efficace per seguire da vicino le azioni dei tre contemporaneamente. Le pagine con un elevato numero di vignette tradiscono sempre la grande voglia di narrare del loro autore.
Steve Ditko e la griglia di nove vignette
Probabilmente quando è obbligata a operare all’interno di limiti rigorosi l’immaginazione è spinta al massimo e produce i risultati migliori. Le pagine dell’Uomo Ragno di Steve Ditko sono caratterizzate da una rigorosa suddivisione in nove vignette uguali, disposte su tre striscie di tre vignette. Una gabbia onnipresente che non accetta alcun compromesso e finisce per assumere un significato strutturale.

Raccontare tutto attraverso una griglia a nove vignette dà un senso continuo di opprimente claustrofobia. Si ha la sensazione di essere intrappolati, non solo nei temi e nelle parole, ma nella stessa struttura delle vignette. La sensazione di frustrazione e di emarginazione di Peter Parker è ribadita dalla rigida struttura della pagina.
Le tre strisce suddivise in tre vignette ciascuna, rappresentano tre potenziali unità narrative. Come vediamo in questo esempio, dove la prima striscia ha come protagonista il gangster Lucky Lobo, la seconda Goblin e la terza l’Uomo Ragno.
Jack Kirby e la griglia di sei vignette
Con il n. 36 dei Fantastici Quattro, nel 1965, Jack Kirby comincia a privilegiare la griglia a sei vignette. In questo albo, su un totale di 21 pagine, ben 8 hanno 6 vignette, 6 sono pagine di 5 vignette, mentre una ne ha solo due. La diminuzione del numero delle vignette, dalle 7-8 dei primi numeri alle 6 del periodo d’oro, permette a Kirby di realizzare pagine dal maggiore impatto grafico rispetto al passato.

Le pagine possono così essere strutturate secondo precise linee di forza che ne guidano la lettura e ne accompagnano l’azione, dando all’insieme una sensazione nuova di compattezza e armonia.
Nell’esempio scelto dominano le linee oblique, ma non mancano quelle orizzontali e quelle curve. Mentre le linee oblique sottolineano il progredire dell’azione, le orizzontali e le curve segnalano i momenti salienti dell’episodio. La griglia di sei vignette è probabilmente la più versatile, si presta a qualsiasi tipo di narrazione, comunicando al lettore una sensazione di profonda armonia.
Gene Colan e la griglia di quattro vignette
Apparentemente una pagina divisa in sole quattro vignette potrebbe risultare limitata dal punto di vista narrativo. In realtà risulta perfetta per una scena in tre atti: l’inizio è nella prima vignetta, le due vignette centrali sviluppano il conflitto e l’ultima ne ospita la risoluzione. Quattro due coppie di vignette uguali sovrapposte rappresentano una struttura dalla potente simmetria che permette di giocare con le linee, le diagonali e gli spazi.

Questa struttura era molto amata da Gene Colan, che la sfruttava per ottenere pagine dinamiche dove poteva sfruttare appieno le doti acrobatiche di Devil, a cui faceva compiere i salti e le capriole più spericolati dell’epoca.
Questa struttura gli permetteva di partire alla grande, disegnando pagine mozzafiato per poi rendersi conto solo verso metà storia che avrebbe dovuto comprimere il resto dell’episodio nelle pagine finali. Nella pagina che presentiamo vediamo una prima vignetta dove Devil affronta tre avversari, alla quale seguono tre vignette dove li sconfigge uno dopo l’altro.
Paul Gulacy e la pagina a vignette orizzontali
Nella divisione della pagina in vignette orizzontali assumono un valore narrativo anche gli spazi tra le vignette. In questo caso gli spazi bianchi diventano parte integrante della scena: separano i movimenti nel tempo, ma non nello spazio. Lo sfondo di norma rimane immobile e anche l’azione cambia generalmente di poco. Solitamente questa scelta viene fatta quando si vogliono rappresentare scene relativamente brevi, ma molto intense dal punto di vista emotivo. L’approccio di Gulacy è decisamente cinematografico.

La pagina di Shang-Chi presa a esempio traspone in un linguaggio fumettistico una scena tipica dei film di kung fu. Il crescere della tensione prima dell’esplodere della violenza.
Il modello per questo tipo di scene erano in realtà i film western, in particolare quelli di Sergio Leone. Memorabile da questo punto di vista il “triello” finale di Il buono il brutto e il cattivo.
Come in un balletto Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef si dispongono attorno all’arena fatale. Per cinque infiniti minuti si alternano i primissimi piani dei loro sguardi che si incrociano e si studiano. I tre interpreti ci tengono ipnotizzati e sospesi a guardare una situazione in cui non succede praticamente nulla.
John Byrne e la pagina a vignette verticali
Anche la pagina suddivisa in vignette verticali racconta generalmente un evento dalla breve durata temporale. I rettangoli alti e sottili si prestano particolarmente bene alla rappresentazione di due eventi simultanei, ciascuno visto da un punto di vista diverso. Oppure di uno stesso evento che procede attraverso lo scandire del tempo dettato dalle vignette.

Si tratta in genere di una scelta coraggiosa che pone diversi problemi compositivi, in quanto la particolare forma delle vignette permette soltanto la raffigurazione di immagini frammentarie che la fantasia del lettore dovrà completare.
D’altro canto, se ben impostate, permette la realizzazione di pagine altamente suggestive. Quella riportata è interessante, perché John Byrne sposta i punti focali lungo una linea a triangolo per dare il senso di movimento lento, ma continuo. La pagina risale a un episodio del 1975 della serie Doomsday+1, pubblicata dalla Charlton. Byrne era ancora agli inizi: il suo stile risentiva ancora dell’influenza di Neal Adams, ma il suo storytelling era già molto personale.
Jim Steranko e la pagina a vignette irregolari
Le vignette delle pagine analizzate finora erano vignette regolari, cioè tutte della stessa forma e della stessa dimensione. Ora analizziamo una pagina che contiene vignette di forma quadrata o rettangolare, ma di diversa dimensione. La pagina, davvero iconica, è opera di Jim Steranko, un grande innovatore e un maestro della impaginazione.

Si tratta di una vera e propria invenzione grafica: una pagina muta ambientata in una sala giochi, mostrata attraverso una serie di piccole vignette dai colori acidi. Nell’ultima, il responso che esce da una macchina che predice il futuro è il titolo dell’episodio: “Domani tu vivi, stanotte io muoio”.
Le vignette sono disposte in modo da generare un senso di allucinazione. Questo è rafforzato dalla colorazione visionaria e psichedelica, opera dello stesso autore. Il colore serve anche a rafforzare il senso di distacco e a rendere più comprensibile la complessità della azione, che avvenendo in una griglia irregolare non possiede un esplicito senso di lettura.
Neal Adams e la pagina a vignette diagonali
Neal Adams è stato uno dei più grandi innovatori della storia del fumetto. Per molti aspetti si può dire che esista un periodo “prima” è uno “dopo” di lui, tanto profonde e influenti furono le innovazioni che ha introdotto. Tra le principali c’è un frequente utilizzo di vignette a taglio diagonale che aggiunge alla narrazione drammaticità, dinamica e movimento.
Alla suddivisione della pagina in diagonali, Adams aggiunge l’impostazione di ciascuna singola vignetta secondo linee di forza diagonali che oltre ad aggiungere movimento al movimento hanno la funzione di guidare l’occhio del lettore attraverso il racconto.

Abbiamo uno splendido esempio nella pagina riportata, tratta da Uncanny X-Men n. 57. Questa suddivisione aggiunge una carica emotiva particolare agli eventi narrati, aumentando esponenzialmente il nostro livello di coinvolgimento. Se pensiamo che l’albo da cui è tratta uscì nel giugno 1969 possiamo farci un’idea della carica innovativa che Adams mise in questa breve run degli X-Men, che continuò a influenzare pressoché tutti i disegnatori Marvel per oltre un decennio.
Gene Day e la pagina a vignette sovrapposte
All’inizio degli anni ottanta ci furono molte innovazioni nel modo di concepire il layout di una pagina a fumetti. Tra i più grandi innovatori ci fu lo sfortunato artista canadese Gene Day. Emulo di Jim Steranko e di Paul Gulacy, infrangeva sistematicamente le regole imposte da Jim Shooter, il direttore generale dell’epoca.
Shooter era un assertore della griglia di sei vignette uguali per pagina, mentre Day se ne usciva ogni volta con splendide pagine o doppie pagine suddivise in un numero variabile di vignette disposte in modo sempre diverso.

Più Jim Shooter gli raccomandava di attenersi a uno storytelling dall’impostazione classica e più Gene Day si inventava qualcosa di strano e mai visto prima. La sua specialità erano le pagine a vignette sovrapposte.
Fondamentalmente si trattava di un un’unica grande vignetta di sottofondo alla quale erano sovrapposte, quasi come fossero incollate, un numero variabile di vignette più piccole. Arrivò a concepire soluzioni complicatissime, ma di grande suggestione, come nel caso di Shang-Chi qui proposto.
Todd McFarlane e la pagina senza griglia
Tra le molte innovazioni dei disegnatori “superstar” che fondarono l’Image nei primi anni novanta c’è la pagina senza griglia. Gli esperti non sono concordi a chi attribuire questa invenzione, ma sono molti a ritenere che sia Todd McFarlane il disegnatore che ne ha realizzato gli esempi più compiuti. Si tratta di una pagina che contiene vignette di forma e dimensione diversa, che invece di essere organizzate all’interno di una griglia sono posizionate sul fondo bianco in ordine sparso.

Nell’esempio riportato da un episodio dell’Uomo Ragno, la pagina si compone di sei vignette verticali di dimensioni sempre più piccola poste una dopo l’altra. La pagina avrebbe dato la stessa sensazione se le vignette fossero state tutte della stessa dimensione, andando così a costituire una griglia?
Ovviamente no. Diminuire le dimensioni delle vignette porta nel linguaggio fumettistico un effetto tipico del mondo musicale, dove una particolare notazione indica la progressiva diminuzione di intensità del suono.