IL FUMETTO CHE ILLUMINÒ LA TUA GIOVINEZZA

Tradizionalmente il fumetto è rivolto ai ragazzini, a tal punto da essere spesso identificato con loro. A prescindere dalla recente evoluzione del genere, in particolare la crescente popolarità delle graphic novel per adulti, il legame tra i fumetti e la giovinezza continua a esistere.
I fan desiderano mantenere in vita i loro eroi anche dopo la morte del loro creatore: da Astroboy a Blake e Mortimer i personaggi continuano a essere rianimati, con vari gradi di successo. È come se i lettori confortati nella loro infanzia da questi fumetti non potessero sopportare di vederli scomparire.
C’è una sorta di spinta atavica dietro il nostro rapporto con i fumetti, una nostalgia inconsolabile mescolata, forse, con un irresistibile desiderio di non crescere completamente. Una sete di innocenza che continuiamo a portarci nel nostro passato e che i fumetti ci permettono di soddisfare.
Il fumetto possiede un’altra caratteristica che lo rende unico: la capacità di rimanere impresso in maniera indelebile nella nostra memoria.
Nel flusso di immagini che ci circonda, i fumetti hanno un posto speciale e indimenticabile. Hanno la capacità di prolungare la vita dei disegni ben oltre il tempo di lettura. Le sequenze di illustrazioni più notevoli continuano a vivere con noi, accompagnandoci per sempre.
C’è qualcosa di unico e profondo in questo: i fumetti rappresentano il mezzo privilegiato per rinnovare le emozioni sepolte della nostra infanzia.
Proviamo a vedere come alcune persone, note e meno note, siano state illuminate in giovinezza da un fumetto.
Tex
“Negli anni sessanta c’era Tex. Tre Tiramolla valevano un Tex”, ricordano gli autori comici Gino e Michele. “Anche usato, anche strausato, anche con l’alone di una tazzina di caffè delle mamme distratte, sulla copertina. Era il fumetto più collezionato in quegli anni. Noi, i più piccoli del gruppo non siamo mai arrivati ad averli tutti, ma qualcuno dei nostri amici più grandi pare di si. Bisognerebbe chiederlo a loro”.
“Bisognerebbe chiederlo a un certo Sergio che abitava in via Hajech e che dicevano tutti che ci aveva la testa e i piedi per diventare meglio di Rivera. Chissà se Sergio ha ancora tutti i Tex. Chissà se li legge ancora. Sergio Cofferati, già segretario della Cgil, ha scritto in un’intervista che sul comodino tiene William Faulkner e Phil Dick. Eppure siamo sicuri che sotto la lampada da notte, magari cerchiato dal segno di una tazzina di caffè, c’è sempre anche il suo vecchio Tex. In fondo nessuno di noi l’ha mai abbandonato del tutto”.
Kriminal
“M’era capitata per le mani una copia vecchia e strausata di Omicidio al riformatorio”, racconta Filippo Scozzari, una delle colonne di Frigidaire negli anni ottanta. “Il leggendario numero 5 di Kriminal, il primo capolavoro finalmente firmato Magnus, in cui una povera troietta, condita da pizzi e mutandine, era finita impalata sulle lance di un cancello. La storia non la ricordo, era certamente una vaccata, ma non riuscivo a staccare gli occhi dai disegni: mutande, culo, bellissima fighina infilzata, occhi fissi per sempre ad esplorare il mistero dell’altra sponda, arrapamento, atrocità nuovissima, ‘sto tizio, chi era?”.
“Altro che gli avvoltoi di Tex. Mi arrovellavo, tizio, chi sei? e per lenire questo mio lavorìo interiore, e contemporaneamente guadagnare facili consensi con gli amici del pallone per strada, ritoccai a china e a bianchetto la morta, in pratica rifacendo al contrario ciò che i pusillanimi baciapile della Editoriale Corno avevano combinato agli originali di Magnus prima di pubblicarli. Le denudai il culo”.
I Fantastici Quattro
“Per il Natale del 1972 mio padre acconsentì a regalarmi i primi dieci numeri arretrati dei Fantastici Quattro“, ricorda il blogger Orlando Furioso. “I giorni trascorsi tra la spedizione del bollettino postale e l’arrivo del pacchetto contenente gli albi nuovi fiammanti (e completi di manifesti e adesivi!) furono tra i più interminabili della mia vita”.
“Una volta arrivati gli albi, a parte il preoccupante deliquio in cui vivevo e col quale probabilmente preoccupai ogni essere umano mi fosse anche solo accidentalmente vicino, ero veramente esagerato nella mia felicità, non feci altro che leggerli, leggerli e rileggerli ancora. E ancora e ancora e ancora. Fino a che… la preside della scuola non mandò a chiamare mio padre per chiedergli se non volesse valutare la possibilità di farmi avere qualche colloquio con la psicologa scolastica, visto che evidentemente quei giornalini mi stavano friggendo il cervello (beh, non credo disse proprio così, ma il senso era quello)”.
Ken Parker
“Un giorno del marzo 1979, nel primo pomeriggio, mentre aspettavo l’autobus che, da scuola, mi riportasse a casa… più precisamente, mentre ciondolavo attorno all’edicola di piazza Manin, vicino alla porta che si apre su piazza dei miracoli a Pisa fui incuriosito dalla copertina di Un uomo inutile, diciannovesimo numero della prima serie di Ken Parker“, ricorda Francesco Manetti, fondatore della Dime press e della Dime web. “Cosa aveva di speciale quel fumetto?”.
“Come poteva la storia di un soldato arrivato all’età della pensione interessare un ragazzetto di dodici anni e mezzo che sicuramente aveva per la testa tutt’altri pensieri? Beh, a esser sincero, forse mi aveva colpito la sensualità degli sguardi che Natalie lancia a Ken; una sensualità mai vista in un fumetto popolare, neppure nei vecchi Kriminal. Recuperai velocemente i precedenti diciotto numeri della serie e da allora non mancai mai all’appuntamento mensile con Ken fino alla primavera del 1984, quando furono pubblicati gli ultimi due albi della prima storica serie”.
Zanardi
“Il fumetto italiano più provocatorio che abbia mai letto credo per me rimarrà sempre Zanardi di Andrea Pazienza”, afferma Matteo Bussola, uno dei disegnatori di Adam Wild. “Non perché sia un capolavoro (per quanto) ma complice anche l’età in cui lo lessi. Il me stesso adolescente non poteva non essere marchiato indelebilmente dall’iconicità e dalla potenza quasi archetipica di figure come Zanna, Petrilli, e Colas”.
“Non mi riferisco solo al primo ciclo, attenzione, ma anche a quello un filo più maturo serializzato su Comic Art verso la fine degli anni ’80. Una storia in particolare, quella in cui si sbattono in tre la madre dell’amica, mi è rimasta nel còr e per la mia ingenuità di sbarbo di provincia in tempi in cui Internet era ancora utopia, fu un vero shock”.
Dylan Dog
“Mi sono accostato a Dylan Dog con l’albo n. 43, Storia di nessuno“, ricorda Fabrizio Accatino, autore dei testi di numerosi Dylan Dog. “Una di quelle storie che restano per sempre. Mi ricordo di questo fumetto che passava di mano in mano durante le lezioni, sotto i banchi di scuola. Quando arrivò a me lo lessi, ne rimasi folgorato e decisi di comprarlo. Ho amato tantissimo quella storia e il n. 74, Il lungo addio. Un albo assoluto perché rappresenta un autentico delirio poetico, con cui Sclavi perde ogni contatto con il realismo”.
“In quell’albo tutto diventa onirico, una sorta di incantesimo magico che si snoda tra le pagine, piene di visioni, filastrocche, canzoni. Mentre leggevo gli albi di quegli anni, ho realizzato che quell’incredibile ciclo di storie sarebbe stato per sempre ineguagliabile. Ancora oggi sono convinto che i primi cento numeri di Dylan Dog siano stati probabilmente il corpus fumettistico più bello, suggestivo, appassionante, poetico dell’intera storia del fumetto italiano. Leggendoli ho capito cosa avrei voluto fare da grande”.
Nathan Never
“Giugno 1991, esce in edicola il n 1 di Nathan Never. A quell’epoca ero nel mio diciottesimo anno di vita, l’anno dell’esame di maturità, ed ero un adolescente abbastanza solitario, che percepiva il mondo in cui viveva attraverso le descrizioni che ne venivano fatte nelle canzoni, nei giornali e nei fumetti”, ricorda il blogger I.K.E.
“Quello che mi colpi fin da subito, fu l’atmosfera di lucido disincanto in cui il protagonista vive e racconta quello che vede attorno a lui, mentre cerca di affrontare un mondo in cui lui non è il punto di riferimento, l’eroe attorno a cui ruota tutto, ma è semplicemente un uomo intrappolato in un meccanismo più grande di lui. In tutti questi anni, Nathan Never e il suo mondo sono stati dei compagni di viaggio, con cui ho passato ore bellissime immerso nelle loro storie: storie di uomini e donne che sfidano la vita senza nessuna garanzia né di vincere contro il male, né di arrivare a un lieto fine, sempre e comunque dando tutti loro stessi”.
Sin City
“Ero a Rimini quando per la prima volta ho aperto il primo volume di Sin City“, ricorda la seguitissima food blogger Grazia Giulia Guardo. “Assorta e presissima ricordo di averlo letto tutto d’un fiato, continuamente e maniacalmente. Stando lì a disegnare con l’album e il cartoncino. Ferma immobile stretta in quelle storie un po’ troppo forti con tematiche certamente pesanti”.
“Quel bastardo giallo in particolare è una storia che ti tormenta e tocca le corde più profonde della tua sensibilità. Un argomento tra i più forti, se non il più forte in assoluto, che riesce a commuoverti fino a straziarti. Il cuore me lo ha disintegrato e lacerato. Questo amore tormentato tra John e Nancy fatto di gratitudine e passione. Di paura e coraggio. Di atti eroici e promesse mantenute, è quanto di più bello e ‘struggentemente’ romantico e passionale possa esserci”.
Blankets
“Di Craig Thompson ho letto prima Habibi di Blankets“, ricorda l’appassionato di fumetti Daniel Estes. “Quando l’ho letto non potevo credere che avevo aspettato così tanto tempo per dare un’occhiata a questa opera d’arte meravigliosa, piena di immaginazione e pathos giovanile. Fin dall’inizio ti accorgi che Thompson è un artista e un narratore di talento. Voleva fare qualcosa di diverso da tutte quelle storie piene di azione senza cadere nel nichilismo tipico di molti fumetti alternativi”.
“Si tratta di un libro autobiografico, il viaggio spirituale dell’autore da adolescente ad adulto nel Midwest invernale. Leggerlo, o meglio ancora, viverlo è come entrare in punta di piedi in un sogno condiviso, fluttuando da un momento all’altro. Alla fine del libro ero così ispirato che volevo lasciare tutto e andare a scrivere la mia personale graphic novel. Tale è il potere di questo libro”.
E quale è stato il fumetto che ha illuminato te?…
Storia e gloria della dinastia dei paperi
Paperino e i nipotini vanno sulla Luna per recuperare un forziere di MOnete che Zio Paperone ha nascosto prima del primo viaggio sulla Luna grazie ad un razzo di archimede.
quando atterrano il forziere cade in acqua egli antenati dei paperirimangono una manciata di monete, che hanno un potere magico:
basta sfregarle e, dalle nebbie dei tempi si sprigionano le storie dei
“…i fumetti rappresentano il mezzo privilegiato per rinnovare le emozioni sepolte della nostra infanzia”. Riporto testualmente quanto da lei scritto, sig. Trogi, perché lo ritengo profondamente vero. Cerchiamo nel fumetto quella visione meravigliosa del mondo che solo gli occhi di un bambino può avere. É come entrare nella macchina del tempo e ricalarsi nei panni del fanciillo che eravamo. Quando tutto ci stupiva e la ragione non riusciva ad offuscare la meraviglia di ciò che ci circondava. Quando tutto era possibile, anche girare in calzamaglia in una metropoli o col solo perizoma im una foresta preistorica, il tempo davanti a noi era infinito, e tutto poteva ancora accadere.Non tutti i fumetti letti oggi riescono a creare queste sensazioni, ma quando ci riescono, i nostri capelli bianchi scpmpaiono, le rughe svaniscono e la voce ridiventa squillante e cristallina. Come per magia, ricompare il bambino. Complimenti per lo splendido articolo.
Quanti anni avevo la prima volta che mi capitò di guardare una storia a fumetti? Non posso ricordarlo, poichè nel 1937 quando ebbi la ventura di venire al mondo, mio fratello maggiore Franco, allora di anni sette, già aveva fra le mani Albi e giornali a a fumetti quali !i Corriere dei Piccoli, l’Avventuroso, Topolino giornale e relativi albi e anche Il Vittorioso allora appena uscito nelle edicole; arrivato all’etò di anni cinque, nel 1942, le cose viste e poi successivamente lette, rimasero nella mia memoria. Quindi i ricordi iniziarono a sedimentarsi in qualche parte del mio cervello preposta a tale funzione! Di allora ricordo Dick Fulmine Albogiornale e Jacovitti autore di storie per me allora straordinarie, quali quelle di “Cucu” e successivamente le avventure di Pippo, Pertica e Palla più cane Tom, alle prese con spie e villain vari, fra i quali l’impnotizzatore circense Putifarre!! Poi la folgorazione di Mandrake e L’Uomo Mascherato sulle pubblicazioni Nerbini!
Una formazione quindi pluralistica, nella quale convivevano anime del fumetto assai diverse fra di loro, con origini eterogenee e lagate ad Immaginari fra di loro estremamente differenziati!
Personalmente iniziai ad acquistare fumetti a dieci anni, nel 1947, “Il Vittorioso” per Jacovitti soprattutto, poi qualche albo di Mandrake e Phantom anche nell’edizione del romano Capriotti.
Da allora non ho mai abbandonato il fumetto. Anche ora da vecchio guardo le edicole, anche se sono rimasto molto legato ai fumetti del passato come Blake e Mortimer di Jacobs, anche se le storie apocrife non le trovo sempre di mio gusto!!
Ken Parker e Hugo Pratt (tutto)