I SERIAL KILLER NEI FILM DEGLI ANNI NOVANTA

L’espressione serial killer è entrata a far parte del linguaggio comune. Si parla in continuazione di serial killer in televisione, al cinema e nei romanzi, ovviamente soprattutto nei gialli. In realtà questa figura criminologica è relativamente recente: i primi studi risalgono agli ultimi decenni del Novecento, quando negli Stati Uniti si registrarono diversi casi riconducibili a questo fenomeno.
Serial killer che passione!
Scoppiò così la mania mediatica dei serial killer, che godono di una popolarità e di un interesse sempre maggiori da parte del pubblico. Il delitto seriale rappresenta una delle espressioni più inquietanti e misteriose della criminologia: sono soprattutto l’efferatezza dei crimini e la mancanza di un movente a suscitare angoscia e interrogativi.
Il termine serial killer venne coniato negli Stati Uniti dall’Fbi, dopo molti studi sul fenomeno: riguarda una persona che uccide almeno due volte in luoghi diversi e intervallati da un periodo di “raffreddamento emozionale”.
Sulla scia di questi studi e dibattiti, gli anni novanta videro la figura del serial killer conquistare la cinematografia mondiale.
Il silenzio degli innocenti (1991)
Film di Jonathan Demme denso di archetipi junghiani che, accanto alla figura di un indimenticabile eroina, ci presenta uno dei più affascinanti assassini seriali della cinematografia mondiale. La protagonista è una aspirante agente del Fbi di nome Clarice (Jodie Foster).
Le esercitazioni di Clarice nella scuola d’addestramento rappresentano il suo mondo ordinario, che viene sconvolto da una chiamata esterna. I ritagli dei fogli di giornale sul caso di un pluriomicida rivelano all’investigatrice l’esistenza di un mondo straordinario in cui presto viene catapultata, quello dove si muore appena qualcosa va storto.
Clarice può accettare o rifiutare la chiamata dell’avventura, lei accetta e si trova ad affrontare nemici veri e falsi amici, fino allo scontro finale con Hannibal Lecter (Anthony Hopkins).
Gli occhi del delitto (1992)
Il cineasta e attore britannico Bruce Robinson, alla sua prima trasferta registica in America, si riallaccia al folto sottofilone dei thriller con le “eroine cieche”, il quale annovera film interessanti come Gli occhi della notte (Terence Young, 1967) e Terrore cieco (Richard Fleischer, 1971). La cecità sembra rappresentare lo stato di chi vive nell’errore.
Chi è cieco vive nell’oscurità, e solo la Luce può guarire questa infermità spirituale. Uno dei miracoli più ricorrenti dei Vangeli è, appunto, la guarigione della cecità. Ma Gesù non risana una semplice patologia della vista: la sua azione ha una portata molto più profonda.
Anche negli Atti degli Apostoli la cecità gioca un ruolo importante: Saulo di Tarso perde la vista sulla strada di Damasco, e solo dopo essersi convertito riacquisterà la luce degli occhi, cambiando nome in Paolo. Essere ciechi significherebbe, insomma, essere lontani dalla grazia da Dio, e quindi immersi nel peccato.
Kalifornia (1993)
Nel film di Dominic Sena, un criminologo e la sua fidanzata organizzano un viaggio nei luoghi dove sono avvenuti efferati delitti. Per dividere le spese imbarcano un’altra coppia: i due compagni di viaggio rivelano presto la loro vera natura…
Il fenomeno della morte rimane talmente lontano dalla capacità di comprensione umana che, oltre a suscitare un sentimento di paura, in alcuni casi determina una vera e propria ossessione per cui viene indagata a fondo allo scopo di trovare una soluzione all’incertezza dell’esistenza. In questa dimensione è inquadrabile anche il fenomeno, dovuto ai mass media, del turismo macabro nei luoghi in cui si sono verificati eventi delittuosi.
Questo “turista” è guidato dalla volontà di approfondire il significato del delitto, di rendere omaggio alle vittime o da una curiosità ossessiva. Alcuni studiosi individuano in tale fenomeno il desiderio di incontrare una morte simbolica o reale, non necessariamente associata alla violenza
Assassini nati (1994)
Il film diretto da Oliver Stone mette in scena una coppia di assassini. Tra le tipologie di serial killer esiste quella delle coppie criminali, che costituisce il 9% dei casi.
Non è necessario che siano stati entrambi i complici a uccidere: si parla di omicidio seriale in coppia anche quando è solo un membro a commettere l’atto e l’altro a volte assiste in silenzio o si limita ad aiutare a nascondere il cadavere.
Nella coppia assassina uno costituisce il soggetto attivo, l’individuo più forte e più intelligente, mentre l’altro rappresenta il membro debole (il succube), meno intelligente e facilmente suggestionabile del primo.
Cittadino X (1995)
Questo film tivu di Chris Gerolmo racconta la storia del mostro di Rostov, l’Hannibal Lecter russo, all’anagrafe Andrei Romanovich Chikatilo, nato il 16 ottobre 1936 in un villaggio sperduto dell’Ucraina.
Nel suo villaggio natio il cannibalismo si era diffuso a causa delle carestie provocate dal dittatore Stalin per punire i contadini che non accettavano la collettivizzazione delle terre: milioni di persone morirono di stenti. Inoltre una disfunzione sessuale aveva reso Chikatilo impotente a vita.
Il futuro mostro si laureò in Letteratura russa a Rostov e nel 1971 cominciò la carriera di insegnante. Nel dicembre del 1978 rapì una bambina di 9 anni, la seviziò e la accoltellò per il semplice piacere di farlo, poi la strangolò. Da quel giorno seppe come raggiungere finalmente l’orgasmo: attraverso la dominazione, la mutilazione, l’agonia inferta alle proprie vittime.
Le vittime sono tutte giovanissime, perlopiù bambini e adolescenti, e la dinamica sempre la stessa: le abbordava promettendo regali e le invitava in luoghi appartati per stuprarli, seviziarli, mutilarli e ucciderli a coltellate o strangolandoli.
Seven (1995)
Il film di David Fincher, con Morgan Freeman e Brad Pitt, racconta una storia dove le modalità di uccisione fanno parte di un processo rituale in un contesto religioso. L‘omicidio diventa così una sorta di preghiera verso un potere superiore.
L’assassino si vede come uno strumento di Dio, incaricato a praticare un male necessario per estirpare il peccato dal mondo. Una sorta di angelo sterminatore che ha il compito di punire i peccatori ovunque essi si trovino.
Un insopprimibile istinto di uccidere viene mutato, attraverso l’esecuzione rituale, in un processo di purificazione personale e sociale.
Copycat (1995)
Ogni volta che si verifica un crimine sensazionale, che riceve molta copertura mediatica e attira l’attenzione del pubblico, probabilmente ispirerà qualche disturbato di mente inducendolo a commettere un crimine simile per sentirsi importante. Questo accade più spesso per i crimini comuni, meno per gli omicidi seriali.
Ciononostante in Copycat, film di Jon Amiel, il protagonista duplica il modus operandi di famigerati psicopatici come gli Hillside Stranglers (Angelo Buono e suo cugino Kenneth Bianchi), Son of Sam (David Berkowitz) e Jeffrey Dahmer. Del resto è diffusa, da parte dei serial killer, l’ammirazione per i “colleghi”.
Per esempio, Peter Kürten, il celebre Mostro di Düsseldorf, era un grande fan di Jack lo Squartatore e Albert Fish, il pedofilo cannibale responsabile di alcuni dei più spaventosi omicidi negli annali del crimine americano, idolatrava il maniaco tedesco Fritz Haarmann, il cosiddetto Vampiro di Hannover.
Il collezionista (1997)
Nel film di Gary Fleder il serial killer non uccide ma colleziona. Otto donne sono state rapite, tutte belle e di successo. Tutte segregate in un posto segreto dove la loro vita dipende dai capricci dell’inafferrabile “collezionista” che si fa chiamare Casanova.
Si mettono sulle loro tracce il detective della polizia Alex Cross (Morgan Freeman) e la testimone chiave Kate McTiernan (Ashley Judd). Secondo l’interpretazione di Sigmund Freud, accumulare oggetti soddisfa bisogni psicologici legati al sesso.
Si tratterebbe di un’espressione della cosiddetta “fase anale”, quando il bambino raggiunge il controllo dello sfintere. Collezionare è creare un piccolo mondo dove esercitare una padronanza e una gestione totali, qualcosa di simile al sogno di ogni serial killer.
S.o.s. summer of Sam – Panico a New York (1999)
Il “Figlio di Sam” terrorizzò i cittadini di New York in quella che è ricordata come l’infame estate di Sam. David Berkowitz e il suo revolver calibro 44 reclamarono la vita di sei persone, ne ferirono altri sette e lasciarono un’intera città troppo spaventata per uscire a godersi la vita notturna. Il film di Spike Lee prende spunto da questi fatti reali.
Nel 1975, Berkowitz, che aveva sempre avuto un forte interesse per il satanismo, si unì agli adepti della Process Church of Final Judgment (La Chiesa del Processo del Giudizio Finale), meglio conosciuta come The Process Church o The Process. Si tratta di un gruppo fondato a Londra nel 1966 che è stato fonte di ispirazione dei delitti di Charles Manson. Berkowitz, in particolare, divenne un devoto alla divinità conosciuta come Samhain, il “diavolo druido”.
Sentiva di avere aperto una linea di comunicazione con questa divinità infernale, credendo di essere in contatto diretto con lui durante tutto il periodo della sua follia omicida che iniziò il 29 luglio 1976, quando sparò e uccise Donna Lauria.
The Killer – Ritratto di un assassino (1999)
Vann Siegert (Owen Wilson) è un serial killer che avvelena le proprie vittime: la voce narrante del film spiega che lo fa per aiutarle a morire senza dolore.
Il film di Hampton Fancher tratta il metodo di omicidio preferito dalle assassine dell’età vittoriana, nella seconda metà dell’Ottocento. Si tende a pensare all’avvelenamento come a un modo relativamente gentile di commettere un omicidio, non così selvaggio come, per esempio, lacerare la gola della vittima e strappargli gli organi interni.
Le atrocità perpetrate da Jack lo Squartatore, infatti, sembrano disumane nella loro ferocia, ma almeno sono state inflitte alle vittime dopo una morte rapida. Invece gli avvelenatori spesso sottopongono le vittime a morti lente e dolorose traendo piacere dall’osservare i loro tormenti.