HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS, L’HORROR DELLA DC

HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS, L’HORROR DELLA DC

House of Mystery e House of Secrets, i due storici albi antologici horror pubblicati dalla Dc Comics, vissero il loro periodo d‘oro tra la fine degli anni sessanta e l‘inizio dei settanta, sotto la direzione di Joe Orlando.

HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

 

I due comic book nacquero negli anni cinquanta (House of Mystery nel 1951 e House of Secrets nel 1956), sfruttando il filone horror. Dopo l’avvento del Comics Code, l’organo preposto alla censura dei fumetti americani operativo dal 1955, i temi virarono sul genere fantascientifico. Mentre in piena silver age ripiegarono sui supereroi, tornati in voga negli anni sessanta dopo il declino postbellico.

HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

 

Con il n. 174 di House of Mystery del maggio 1968, Joe Orlando prende in mano la direzione dell’albo.

Joe Orlando, nato a Bari nel 1927, era negli anni cinquanta un disegnatore della Ec Comics e negli anni sessanta della rivista Creepy (Zio Tibia) della Warren. Oltre ad avere pubblicato con i due principali editori di fumetti horror, nella metà degli anni sessanta realizzò anche, senza lode e senza infamia, alcuni dei primi numeri di Devil per la Marvel.

L’idea del disegnatore di origini italiane fu quella di riportare House of Mistery alle proprie origini, in un momento in cui le maglie del Comics Code si stavano allentando. Decise di riproporre le tematiche horror che avevano fatto la fortuna del fumetto americano sul finire della golden age.

HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

 

Siccome le vendite gli diedero subito ragione, di li a poco riesumò anche l’albo gemello House of Secrets, che aveva cessato le pubblicazioni con il numero 80 dell‘ottobre 1966 e che le riprese con il numero 81 nel settembre 1969.

HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

 

La direzione di Orlando, durata fino al 1977, mantenne alta la qualità degli albi chiamando a collaborare alcuni tra i migliori disegnatori dell’epoca. La moda del ritorno dell’horror nei fumetti degli anni settanta, nella quale anche la Marvel dovette di li a poco buttarsi a capofitto, nasce da questa intuizione.
Il declino avvenne a metà degli anni settanta, quando vennero utilizzati solo disegnatori filippini, alcuni bravi, dallo stile lontano dal gusto americano. Alla fine del decennio ritornarono i disegnatori americani e, a differenza dei comic book horror della Marvel, gli antologici della Dc continuarono a uscire anche negli anni anni ottanta.

Vediamo alcune storie rappresentative realizzate sotto la gestione di Joe Orlando.

 

House of Mystery n. 180, giugno 1969: His name is Kane (Gil Kane)

Gil Kane, che avrebbe dato il suo miglior contributo al genere horror partecipando alla creazione di Morbius, il vampiro tecnologico apparso sulle pagine dell’Uomo Ragno, muove i primi passi nel genere horror disegnando alcuni brevi fumetti per House of Mystery.

HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

 

Il suo è un disegno molto lineare, attentamente costruito per esprimere tridimensionalità, ma quasi privo di quelle ombre pesanti che nel genere horror contribuiscono alla creazione dell‘atmosfera (allo stesso modo il regista Stanley Kubrick non usò l’espediente dell’oscurità per Shining). Il grande disegnatore di origini lettone punta su altro per inquietare il lettore.

HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

 

La storia percorre senza soluzione di continuità l‘incerto confine che separa la realtà dal surreale. Partendo dai piccoli, apparentemente insignificanti, particolari della quotidianità accompagna il lettore quasi senza che se ne accorga in un mondo altro, dove regnano regole assurde e incomprensibili. A volte questa può essere una soluzione vincente.

 

House of Secrets n. 83, gennaio 1970: The stuff that dreams are made of (Alex Toth)

La paura e la suspense possono essere rese con maggior efficacia mostrando meno di quello che si potrebbe. Ciò che viene fatto vedere può essere meno impressionante di quello che viene suggerito alla fantasia del lettore. Ad Alex Toth non piaceva la violenza e l’horror espliciti nello stile Ec Comics, che riteneva troppo sfacciato.

HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

Collaborando spesso con gli albi antologici della Dc (oltre che con le riviste della Warren), Alex Toth si trovò abbastanza spesso a disegnare storie dell’orrore. Toth è ricordato come uno dei più grandi fumettisti horror americani perché riusciva a rendere credibili le emozioni dei personaggi mentre questi affrontavano la paura.
Come disegnatore, rimane su un livello a parte. Il suo realismo sintetico, creato senza sforzo apparente, si accompagna a una narrazione intuitiva e a un disegno sapiente sostenuto dall’osservazione e dalla ricerca.
HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

 

Nelle sue prove migliori, le storie di Toth riescono a coinvolgere completamente il lettore perché l’autore stesso sembra credere nei fatti che sta narrando. In questo caso ci troviamo di fronte a una storia psichedelica, che ondeggia tra un dolce mondo di sogni e una cruda realtà di malattia e morte.HOUSE OF MYSTERY E HOUSE OF SECRETS

I personaggi sembrano intenti a recitare come attori: i loro gesti, i movimenti e le espressioni sono resi con grande partecipazione. Tutto in questo fumetto è elegantemente disposto nello spazio come in una scenografia teatrale, come in un palcoscenico dove si sta rappresentando una tragedia.

 

House of Mystery n. 185, aprile 1970: The beautiful beast (Al Williamson)

Protagonista per molti decenni del fumetto americano, prima come disegnatore e poi come straordinario inchiostratore, Al Williamson è stato d’ispirazione per generazioni di giovani artisti.

 

Si era già dedicato al genere horror negli anni cinquanta, collaborando assieme a Wally Wood e a Frank Frazetta con la Ec Comics, ritagliandosi uno spazio tutto suo da qualche parte tra l’iperdettagliato Frazetta e la tridimensionalità di Wally Wood.

 

Anche in questo fumetto Williamson non si smentisce, disegnando da par suo un protagonista vigoroso e aitante nel pieno della maturità e una donna bellissima e letale, vestita con un bikini mozzafiato in una giungla di rami contorti e paludi mefitiche.

 

Il suo stile riconoscibilissimo, fatto di intricate linee sottili, alternate a macchie nere, raggiunge qui uno dei suoi picchi. Nelle ombre Williamson resta inimitabile, ombre profonde e avvolgenti che modellano e scolpiscono le forme e allo stesso tempo creano un’atmosfera cupa e malsana che si adatta perfettamente alla storia raccontata.

 

House of Mystery n. 186, giugno 1970: Nightmare (Neal Adams)

Neal Adams, copertinista principale dei primi House of Mystery diretti da Joe Orlando, con il suo segno nervoso percorso da una incontenibile carica di tensione inespressa è riuscito ad incarnare il mood del comic book.

 

Con il suo stile ricco di ombre, le espressioni facciali sempre portate all’estremo e le deformazioni anatomiche come se la realtà fosse filtrata attraverso una lente grandangolare, l’artista newyorchese mise in fila una serie di capolavori che contribuirono a ridefinire il genere.

 

Riguardo alle splendide copertine, Adams spiega: “Cercavo di evocare la paura nel lettore non mettendo in mostra direttamente l’evento terrorizzante, ma limitandomi a insinuare ciò che accadrà. Accadrà tra circa due secondi, ma non ora. Cosicché lasciavo all’immaginazione del lettore il compito di completare la scena”.

 

La storia che abbiamo scelto, se può essere definita di genere horror per alcune vignette che raffigurano oscure presenze e ambientazioni gotiche, è più che altro uno splendido racconto fantasy che colpisce il cuore narrando la delicata amicizia tra un fauno e una bambina.

 

House of Secrets n. 92, luglio 1971: Swamp Thing (Bernie Wrightson)

La storia è scritta da Len Wein, che aveva conosciuto Bernie Wrightson a una festa, dove entrambi se ne stavano alticci a osservare la neve che cadeva. Bernie era stato appena lasciato dalla ragazza ed era depresso. “Ce l’ho io una storia per te”, disse Len Wein, “una storia d’altri tempi, di amore e vendetta. Però devi illustrarla con lo stato d’animo che hai questa sera”.

 

Wrightson, probabilmente il più dotato per l’horror tra i disegnatori Dc, la disegna da par suo, mettendoci il cuore, realizzando forse la storia più bella tra quelle apparse su House of Secrets. Il disegnatore sapeva bene che il lettore deve essere coinvolto dall’inizio nella storia. Egli riusciva a ottenere questo risultato conferendo ai protagonisti fin dalle prime vignette un aspetto familiare e coinvolgente, con l’aggiunta di un pizzico di sensualità e umorismo.

 

 

Questo numero fu il titolo horror della Dc più venduto del periodo, inoltre ricevette una valanga di lettere di lettori che dichiaravano di aver provato profonde emozioni per la lettura della storia. I dirigenti della Dc vollero farne una serie, mentre contro ogni logica i due autori erano contrari.

 

 

Ritenevano che la storia fosse legata a motivazioni troppo profonde e personali, che fosse una specie di pezzo unico e che non avrebbe retto alla serializzazione.
Joe Orlando ci mise oltre un anno a convincerli, ma alla fine, nel novembre del 1972, usci il primo numero di Swamp Thing (la Cosa della palude). Personaggio che in seguito divenne famoso per il ciclo di Alan Moore, ma questa è un’altra storia.

 

House of Mystery n. 199, febbraio 1972: Snow fun (Wally Wood)

Wally Wood, uno dei più grandi disegnatori del fumetto americano, era stato una star della Ec Comics nella prima metà degli anni cinquanta. Sebbene la sua specialità fossero i racconti di fantascienza, il disegnatore del Minnesota realizzò anche alcune storie dell’orrore, tra le quali spicca un vero classico del genere: “Judy, non sei te stessa oggi”, pubblicato su Tales from the Crypt n. 9.

 

Invece in questa storia per la Dc, dove a dispetto del titolo non c’è niente di divertente (fun), ci mostra un disegnatore in gran forma che sfoggia il suo classico stile dettagliato, qui arricchito da ombre particolarmente pesanti che contribuiscono a rendere suggestiva l‘atmosfera. Come in altre storie di Wood anche qui si manifesta la sua visione cinica e deprimente del mondo, visto come luogo dove non risiede più la speranza e non esistono più personaggi positivi.

 

Un esploratore raggiunge una città dimenticata nell’Antartico dove vivono strani esseri. Questa esperienza lo segnerà per sempre.
La sfiducia di Wood nella scienza e negli esseri umani, che si evidenzia anche in questo fumetto, gli permette di realizzare situazioni cupe e dotate di una forza inconsueta.

 

House of Secrets n. 98, luglio 1972: Born losers (Mike Kaluta)

Fortemente influenzato dalle illustrazioni pulp degli anni trenta, Mike Kaluta riesce a incorporare queste suggestioni all’interno di uno stile personale morbido e ricco di ombre. Perfettamente adatto a rappresentare l’horror.

 

Verso la fine degli anni sessanta collabora con Bernie Wrightson alla realizzazione di alcuni lavori per la Dc, nei quali disegna gli sfondi nello stile iperdettagliato che lo renderà famoso.
In questo fumetto per House of Secrets da già prova di grande originalità, disegnando una splash page che raffigura una camera da letto devastata e piena zeppa di insetti striscianti.

 

Le figure umane sembrano malate, deformi e abbruttite, rese tridimensionali da una misurata disposizione delle ombre. Gli ambienti sono deteriorati e consunti, infarciti di oggetti inquietanti e consumati dal tempo.
Il fumetto racconta di uno scienziato pazzo che inietta in un pugile un siero ricavato dagli insetti che dovrebbe renderlo più forte.

 

Il racconto è pervaso da una tensione costante, creata mediante l‘uso ripetuto di deformazioni anatomiche e di prospettive sghembe. La paura sui volti è ottenuta calibrando sapientemente le fonti luminose e il posizionamento delle ombre, il disgusto è immediato alla visione del gigantesco insetto, risultato di una kafkiana metamorfosi.

 

House of Secrets n. 125, novembre 1974: Istant re kill (Frank Robbins)

Le opinioni dei lettori sul lavoro di Frank Robbins sono controverse. Alcuni, giustamente, lo ammirano per la forza dinamica dello stile, mentre ad altri non piace per niente. Ecco alcuni giudizi ingenui che si sentono spesso in giro: “I suoi personaggi sembrano fatti di gomma!”, “il corpo umano non può fare quelle contorsioni!”.
Il nome di Frank Robbins, il più dotato disegnatore della scuola di Miton Caniff, resterà per sempre nella storia del fumetto per il lavoro fatto con la striscia giornaliera di Johnny Hazard.


Nel campo dell’horror Frank ha fatto un lavoro caratterizzato da un tocco surreale. Ben visibile anche in alcuni episodi di Batman, segnati da atmosfere molto più dark della media di questo supereroe.
In questa storia, dove si racconta di un attore che ripete la scena dove uccide una bella ragazza più e più volte, fino ad ammazzarla davvero, il personaggio principale sembra sempre sull’orlo di un esaurimento nervoso.

Questa è una caratteristica tipica di Robbins: i suoi personaggi erano spesso frenetici e sudati. L’atmosfera cupa e misteriosa che tiene assieme un racconto horror in questo caso è sostituito da una crescente nevrastenia. Il tono generale della storia, inoltre, è volutamente sopra le righe, per rimarcare la tensione psicologica dei personaggi.

 

House of Mystery n. 230, aprile 1975: The doomsday yarn (Ramona Fradon)

Ramona Fradon è stata la prima donna a disegnare supereroi con un certo successo. Fu responsabile del rilancio di Aquaman durante la silver age, disegnandone oltre cento numeri durante gli anni sessanta. Nel 1965 è stata la creatrice grafica di Metamorpho, un personaggio interessante anche se poco utilizzato. Dotata, soprattutto all’inizio, di uno stile pulito che Howard Chaykin definisce “dogmatico”, parrebbe adattarsi poco alle storie del terrore, soprattutto per la sua vena caricaturale.

 

Invece i suoi primi lavori dopo una pausa professionale di otto anni tra il 1965 e il 1973, per seguire la figlia piccola, furono una serie di racconti brevi per House of Secrets.
Guardando “The doomsday yarn“ ci si accorge subito qual è il segreto della Fradon: le ombre.

 

Le figure della disegnatrice, che sarebbero forse troppo “cartoonesche”, si caricano di inquietudine e mistero grazie al sapiente uso delle ombre. Ombre che invadono le singole vignette occupando tutti gli spazi a disposizione, donando alla storia un sapore minaccioso e angosciante.

 

House of Secrets n. 139, gennaio 1976: The devil’s daughter (Steve Ditko)

Cosa chiedere di più al soldato Steve Ditko, nei suoi anni settanta poveri di soddisfazioni, dopo essere stato uno dei creatori dell’Uomo Ragno per la Marvel? Qui, pur inchiostrato da un Mike Royer rispettoso del segno e del tratteggio, il disegno risulta stanco e ripetitivo. Privo di quella magia che lo aveva reso celebre. Ditko era diventato un grande già prima della Marvel, quando lavorava alla Charlton, la casa editrice nota per pagare poco gli autori.

 

Solo 6 dollari e 50 centesimi per tavola, ma se come Steve Ditko eri capace di realizzarne 500 in un anno ci viveri più che decentemente. Pur trovandosi a operare per la Charlton nel periodo immediatamente successivo alla crociata anti-horror del dottor Wertham, Ditko riusciva, con il suo disegno strambo ed esasperato, a creare atmosfere intrise di una specie di lucida follia che risultavano funzionali ai fumetti horror, o “del mistero”.

 

In questa storia per la Dc ad ambientazione circense rimangono impressi qua e là solo rari sprazzi di genio, a causa di una realizzazione frettolosa e svogliata. Colpiscono comunque gli inquietanti tendoni del circo, gli animali oscuri e bizzarri e, soprattutto, l’ambigua figura della dolce ragazzina che alla fine si rivela una presenza demoniaca

 

In Italia molte storie tratte da questi albi uscirono a metà anni settanta ne I pocket del terrore della editrice Il Picchio di Franco Bellomi, nata dal disfacimento della Williams Inteuropa.

 

 

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati con *

Dichiaro di aver letto l'Informativa Privacy resa ai sensi del D.lgs 196/2003 e del GDPR 679/2016 e acconsento al trattamento dei miei dati personali per le finalità espresse nella stessa e di avere almeno 16 anni. Tutti i dati saranno trattati con riservatezza e non divulgati a terzi. Potrò revocare il mio consenso in qualsiasi momento, integralmente o parzialmente, con effetto futuro, ed esercitare i miei diritti mediante notifica a info@giornalepop.it

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

*