FABRIZIO DE ANDRÉ ALL’HOTEL SUPRAMONTE

FABRIZIO DE ANDRÉ ALL'HOTEL SUPRAMONTE

L’Agnata, una grande tenuta tra i boschi della Gallura. Sono le 21.15 del 27 agosto 1979, nel salone di casa il cantautore Fabrizio De André sta sfogliando una rivista mentre la sua compagna, la cantante Dori Ghezzi, riposa in una camera vicina.

All’improvviso in casa irrompono alcuni uomini mascherati. Dodo, il pastore maremmano che fa la guardia alla tenuta, ringhia minaccioso agli estranei, che gli puntano la pistola pronti a ucciderlo. Per salvare il cane, De André gli ordina di mettersi a cuccia.

I malviventi non perdono tempo: fanno indossare indumenti pesanti ai due cantanti e poi li legano. Per fortuna la loro bimba di due anni Luisa Vittoria, “Luvi”, non c’è perché è a casa della nonna.
Dopo più di un’ora di viaggio, Fabrizio e Dori arrivano sul Lerno, un monte alto più di mille metri vicino al paese di Pattuda. Un luogo selvaggio in cui due prigionieri rimarranno quattro lunghi mesi legati a una catena all’aperto, quasi sempre bendati.

Nato a Genova nel 1940, Fabrizio De André vive un’infanzia difficile in una famiglia dell’alta borghesia, all’ombra del padre, il professor Giuseppe. Giuseppe De André è un uomo esigente che, già vicesindaco della città, diventerà amministratore delegato di alcune importanti aziende nazionali.

Diversamente dal fratello maggiore Mauro, brillante negli studi e futuro famoso avvocato, Fabrizio non si considera all’altezza delle aspettative del genitore. Si iscrive all’università, a giurisprudenza, ma preferisce passare il tempo con il suo grande amico d’infanzia Paolo Villaggio o passeggiando da solo nei carruggi, le strette vie della vecchia Genova. Qui fa la conoscenza di tanti derelitti, piccoli delinquenti e prostitute.

Nell’ottobre del 1961, la Karim, etichetta musicale fondata quello stesso anno dal padre Giuseppe con alcuni soci, pubblica il suo primo 45 giri che passa inosservato. In questo periodo sposa Enrica Rignon, detta Puny, appartenente a una delle famiglie ricche di Genova, che nel 1962 gli dà un figlio: Cristiano.
Nel 1964 dedica il brano “Marinella” a una prostituta morta ammazzata. Il pezzo diventa un successo quando Mina lo interpreta dopo tre anni.

Quasi senza accorgersene, nel corso degli anni sessanta lo schivo De André diventa uno dei più grandi cantautori italiani. Le sue canzoni, da “Il pescatore” a “Bocca di rosa”, dedicate a personaggi umili e sfortunati, diventano note, anche se non sono tra le più vendute.

Nel 1975, Fabrizio De André va ad abitare con Dori Ghezzi, che da poco ha chiuso una relazione con il campione di calcio Gianni Rivera.
Nata nel 1946, Dori è diventata famosa negli anni settanta cantando in coppia di Wess, un nero americano. Per lei De André ha lasciato la moglie Enrica.

Insieme decidono di andare a vivere in mezzo al verde, in Sardegna. Il cantautore compra una grande tenuta, chiamata l’Agnata, che in dialetto gallurese vuol dire “luogo riparato”, in mezzo ai boschi alla periferia di Tempio Pausania, a mezz’ora dalla Costa Smeralda.
Siccome ci vogliono ancora dei soldi per completare l’acquisto, la tenuta viene ipotecata.

Oltre a essere una grande attrazione turistica, la Gallura è anche terra di sequestri operati dalla “Anonima sarda”. Il 27 agosto 1979, anche i due cantanti vengono rapiti.
Durante la prigionia, Fabrizio De André e Dori Ghezzi vengono tenuti sempre all’aperto, nascosti tra i cespugli. Sono legati a una catena come cani, quasi sempre con gli occhi bendati, completamente isolati dal mondo.

Per scaldarsi, durante le notti gelate, dormono abbracciati su un giaciglio di frasche. Con l’arrivo dell’autunno, il clima diventa sempre più rigido. Per lavarsi il viso viene fornita loro l’acqua gelata di un ruscello, ma Fabrizio deve lasciarsi crescere la barba perché non ha nulla per radersi.
Si nutrono con pane duro della Gallura, pancetta, formaggio, prosciutto e tonno. In quattro mesi, solo due volte mangiano pastasciutta.

Fabrizio racconterà in seguito che aveva messo da parte una scatoletta di latta dai bordi taglienti: se un giorno avesse dovuto intuire che lui e Dori sarebbero stati uccisi, si sarebbe tagliato i polsi piuttosto che morire per mano dei rapitori.

Il cantautore racconterà pure che durante la prigionia aveva trovato la fede. “Ho sempre snobbato i riti religiosi, ma in certe occasioni bisogna aggrapparsi a qualcosa di superiore. Da ateo, mi sono ritrovato a pensare all’esistenza di Dio e a pregare. Credevo solo nell’uomo, ma questa esperienza mi ha fatto ritrovare la fede”.

Accanto a loro c’è sempre qualcuno che li controlla, in particolare si danno il turno un carceriere che parla sardo e un altro che si esprime in perfetto italiano. Le poche notizia che riescono a ottenere, Fabrizio e Dori le leggono sui pezzi di giornali che avvolgono il cibo fornito dai rapitori. Di rado possono ascoltare la radio, solo la telecronaca di qualche partita. Delle trattative sul loro rapimento non riescono a sapere nulla.

I rapitori hanno richiesto un riscatto di 550 milioni di lire. Come cantautore, Fabrizio De André è famoso e celebrato, ma da un pubblico abbastanza ristretto, forse perché ha sempre rifiutato di apparire in televisione e di andare al Festival di Sanremo. Insomma, non ha guadagnato molto: il suo conto in banca arriva a 30-40 milioni di lire, una cifra irrisoria per un cantante di successo.

Per questo i rapitori si aspettano che a pagare il riscatto sia il padre Giuseppe, che scambiano per un ricco industriale benché sia solo un manager. A causa di questo equivoco, le trattative vanno per le lunghe e, quando uno dei sequestratori, esasperato, dice a Fabrizio De André che ha un padre taccagno, in cantautore cerca di rispondergli per le rime. Il bandito però lo zittisce subito, minacciandolo: “Con me, non alzi la voce”.

Dori Ghezzi reagisce anche più vivacemente, usando parolacce. Il carceriere, per la prima volta, ride divertito, ma la seconda si adombra, così Dori preferisce non provocarlo più. Le viene chiesto di cantare, ma lei rifiuta perché non ne ha certo voglia. A Fabrizio neanche lo chiedono, forse non conoscono nemmeno le sue canzoni.

Comunque, se non altro, i banditi non li maltrattano in maniera gratuita. Anzi, cercano di tranquillizzarli dicendo loro che non è vero, come sostiene qualcuno, che i corpi dei sequestrati vengono dati in pasto ai maiali affinché non ne resti traccia. Sostengono che fanno quel “mestiere” solo perché sono molto poveri.

Papà Giuseppe, intanto, riesce a pagare il riscatto. Dori Ghezzi e Fabrizio De André vengono rilasciati in giorni diversi: lei il 20 dicembre, lui il 22.
Una volta libero, De André usa parole di pietà per i carcerieri: “Noi ne siamo venuti fuori mentre loro non potranno mai farlo”, dice. Racconta che, a volte, impietositi, i guardiani toglievano loro le manette e li lasciavano entrare in casa perché si riscaldassero. Il cantautore non perdona, invece, le “menti” del sequestro perché, come dirà, suppone che siano persone economicamente agiate.

Coloro che hanno gestito praticamente il sequestro vengono rapidamente individuati e arrestati. Al processo, tenutosi nel 1980, dieci dei rapitori di Fabrizio De André e Dori Ghezzi vengono condannati a pene tra il 10 e i 26 anni di reclusione.
Tra loro c’è anche Salvatore Vergiu, il “vivandiere” che aveva dimostrato umanità nei loro confronti, mentre gli organizzatori del rapimento rimarranno impuniti.

Quando si incontrano subito dopo la liberazione, il professor Giuseppe De André non vuole rivelare al figlio la cifra che ha dovuto sborsare.
Il Natale, che cade proprio in quei giorni, viene festeggiato nella villa genovese del padre, dove Fabrizio riabbraccia mamma Luisa e la figlioletta Luvi. Rivede pure Puny e il figlio Cristiano, che ha imparato da lui a suonare la chitarra e che si appresta a seguire le sue orme. L’incubo è finito.

Insieme a Dori, De André torna all’Agnata e, ispirandosi alla brutta avventura vissuta, scrive la canzone “Hotel Supramonte”. È il nome dell’arida e desolata regione sarda in cui la coppia è stata tenuta prigioniera.

 

Fabrizio De André muore nel 1999, a 58 anni, per un cancro al polmone. Dopo la sua scomparsa, la moglie Dori ha dato vita alla “Fondazione De André”, che cura il patrimonio artistico del cantautore scomparso e promuove iniziative musicali ed eventi.
Quanto all’Agnata, la splendida tenuta di campagna in cui la coppia venne rapita nel 1979, oggi è un hotel e ristorante a quattro stelle.

 

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