ENGLISH GLAMOUR: SMITH, BOLLAND, DAVIS E BISLEY

ENGLISH GLAMOUR: SMITH, BOLLAND, DAVIS E BISLEY

In America non c’è stata solo l’ondata degli sceneggiatori britannici (Alan Moore in testa): anche qualche ottimo disegnatore della perfida Albione vi ha lasciato il segno.
Questi autori hanno un tratto distintivo comune? Direi proprio di sì: un certo glamour europeo, che non si riscontra allo stesso livello nei disegnatori americani dei comic book della silver age (Jim Steranko e Howard Chaykin a parte).

Passiamo allora in rassegna Barry Smith, Brian Bolland, Alan Davis e Simon Bisley.

 

BARRY SMITH

Il primo inglese che ha avuto successo nei comic book della silver age è stato Barry Smith (nato nel 1949), il quale, a un certo punto, ha iniziato a farsi chiamare Barry Windsor-Smith per evitare omonimie e darsi un tocco di nobiltà. Questo autore è stato forse l’ultimo disegnatore Marvel sottoposto a kirbizzazione violenta, dopo Buscema, Steranko e altri (come abbiamo visto negli articoli dedicati a questi mostri sacri del fumetto). All’inizio della carriera, verso la fine degli anni sessanta, Jack Kirby lo imitava davvero di brutto. Come possiamo vedere in questo team-up del 1969 con Devil e la Pantera Nera.

Il passaggio al suo stile definitivo avviene velocemente, perché la kirbyzzazione non è una costrizione: si impianta nell’animo. Per rendersene conto basta guardare la run di Barry Smith su Ka-Zar dell’anno dopo. Personaggio minore della Marvel ispirato a Tarzan, Ka-Zar si muove in un mondo dove convivono animali preistorici come Zabù, la sua tigre dai denti a sciabola, insieme a popoli antichi e a razze umanoidi mai viste. L’avevano creato Stan Lee e Jack Kirby in un episodio degli X-Men, dandogli il nome di un personaggio delle pulp e dei fumetti Marvel/Timely degli anni quaranta. Le posture dei personaggi di Barry Smith sono sempre kirbyane, il cambiamento avviene soprattutto nel segno.

I due bravissimi inchiostratori, Frank Giacoia e Bill Everett, seguono accuratamente le linee tracciate da Barry Smith.
Cliccare sulle immagini sotto per ingrandirle.

Di questo periodo, vediamo la tavola iniziale di una storiella horror della Marvel tratta dall’Eureka Pocket n. 14, “Terrore a colazione”.

Arriviamo finalmente a Conan il Barbaro, il personaggio creato per le pulp negli anni trenta da Robert Howard e rilanciato nel 1970 dallo sceneggiatore Roy Thomas per la Marvel. Il nome di Barry Smith rimarrà indissolubilmente legato a questo protagonista di una immaginaria epoca precedente a quella storica

Lo stile raffinato di Barry Smith, carico di un fascino misterioso che sa di antico e di arcano, raggiunge l’apoteosi nel giro di pochi mesi. A Conan, oltre il comic book a colori per i ragazzini, la Marvel dedica anche una rivista in bianco e nero per i più grandicelli, con maggiore violenza e qualche capezzolo.

 

 

 

 

Barry Smith dà il massimo quando disegna elementi non moderni…

… o situazioni immerse nell’immaginario magico.

Il successivo ritorno di Barry Smith nel mondo di oggi non l’ho apprezzato particolarmente, proprio perché il suo stile è più adatto per le storie ambientate nell’antichità. Il mio sogno è quello di vedere Barry Smith disegnare una storia nell’epoca bizantina.

Anche se Rune, creato nel 1993 per la casa editrice Malibu, dal punto di vista grafico era accattivante.

 

Interessante confrontare questo Devil post Conan con quello pre Conan visto all’inizio. Lo spirito di Kirby non è mai stato abbandonato da Barry Smith, dato che il suo stile si è personalizzato soprattutto dall’inchiostratura e dal continuo aumento dei particolari: basta confrontare l’edificio sullo sfondo di questa copertina con quello del disegno di Devil precedente.

Nelle illustrazioni, gli capita spesso di eccedere proprio nei particolari, finendo per risultare lezioso.

 

BRIAN BOLLAND

Più illustratore che fumettista, Brian Bolland (1951) nei fumetti risulta un po’ statico e impacciato. Malgrado questo, è indubbio che sia un artista originale e di alto profilo.

Bolland si fa notare, come molti autori inglesi, nelle pagine di 2000 AD, il settimanale di fumetti inglese noto per Judge Dredd, il suo eroe principale. Personaggio che, tra l’altro, presentai per la prima volta in Italia attraverso la Play Press.

Adesso sarà l’uomo-spaghetti a “magnarsi” Alberto Sordi

 

La trincea della Grande guerra è la mia illustrazione preferita di Bolland, per il riuscitissimo contrasto tra i soldati laceri e la bella topona senza pensieri.

Una copertina per l’edizione americana di Judge Dredd, scollacciata ed elegantissima insieme. Più sotto, la copertina del “Comics Journal” (rivista fumettologica iperpoliticizzata che ho seguito dall’inizio alla fine) dedicata all’invasione degli autori inglesi in America, con i soliti Zio Sam e John Bull a rappresentarli.

In America, Bolland ha disegnato molte copertine e pochi fumetti, quasi sempre per la Dc Comics.

Ecco la copertina di un libro che raccoglie le trasformazioni pazzesche di Jimmy Olsen (il giovane fotografo amico di Superman), nel vecchio comic book omonimo. In Italia se le ricorderanno i vecchi lettori di Nembo Kid. Erano gli anni cinquanta, quando i fumetti alla Happy days di Archie vendevano un fottio e Mort Weisinger, l’editor delle testate di Superman, cercava di imitarlo con buon successo diffusionale. Meno dal punto di vista della qualità

La maxiserie “Camelot 3000”, del 1982, è stata uno dei primi tentativi della Dc di realizzare fumetti per il pubblico adulto. Purtroppo il testo mediocre di Mike Barr e lo spaesamento fumettistico di Bolland hanno prodotto un aborto. Bella, comunque, fata Morgana.

Il lavoro più noto di Bolland, “The Killing Joke”, del 1988, è sceneggiato da un Alan Moore non del tutto convincente.

 

 

Può, alla conclusione dell’episodio, Batman scoppiare a ridere insieme al Joker dopo che questi ha ridotto la figlia del commissario Gordon alla paralisi, e poi ci ha fatto pure dei “giochi erotici” con la macchina fotografica? Povera Barbara, e dire che proprio grazie a lei ho iniziato a leggere i fumetti! Come racconto in “Batman Pop”.

 

ALAN DAVIS

Disegnatore glamour per antonomasia, Alan Davis (1956) si fa le ossa come assistente di Sydney Jordan sulla reincarnazione di Jeff Hawke in Lance McLane.
Senza lo sceneggiatore William Patterson, Jordan realizza fumetti noiosissimi.

Entrato nella filiale inglese della Marvel, Alan Davis disegna Capitan Bretagna. Qui sotto nella versione più recente.

 

Nella redazione della Marvel inglese lavorano i tizi che in seguito formeranno il famoso duo musicale dei Pet shop boys e Alan Moore. Quando alcuni dei transfughi della Marvel inglese fonderanno la rivista “Warrior”, Alan Davis sarà della partita. Stiamo parlando della prima metà degli anni ottanta, durante la quale compravo “Warrior” alla Borsa del fumetto di Milano.
Alan Moore scriveva due serie: V come Vendetta (non “per” come hanno tradotto erroneamente in Italia) e Marvelman. Marvelman l’ho conosciuto da bambino avendo letto alcune storie della sua breve edizione italiana: ero sconcertato da questo tipico supereroe americano in ambiente inglese. Non sapevo ancora che aveva sostituito l’edizione britannica del Capitan Marvel della Fawcett, del quale era quindi la copia.

Quello che segue è il suggestivo prologo del Marvelman di Alan Moore pubblicato dalla rivista di Max Bunker “Super Comics”. Negli ultimi anni il personaggio è stato ripresentato con l’orribile nome di Miracleman per evitare confusioni con la Marvel.

Questa storia è del 1982.

Poi, per la Dc Comics, Alan Moore mescolerà i concetti delle due serie che aveva realizzato per “Warrior”, cioè il ritorno del supereroe (Marvelman), con il futuro dittatoriale di V come Vendetta dando vita alla maxiserie dei Watchmen. Capolavoro dei comic book, pur non avendo i profondi significati che i fanzinari gli attribuiscono.

Alan Davis inizia a collaborare con la Marvel americana grazie a Chris Claremont, che aveva conosciuto nella filiale britannica (lo stesso Claremont è di origine inglese). Nel 1987, su “Excalibur”, uno dei gruppi mutanti legati agli X-Men, Alan Davis raggiunge la piena maturità artistica.

Davis sfrutta il successo per scrivere le nuove storie che disegna, proponendo con scarsa fortuna il gruppo Clandestine pubblicato dalla Marvel. In seguito fa la spola senza convinzione tra Marvel e Dc. Il momento magico di Alan Davis è passato per sempre.

 

SIMON BISLEY

Fosse nato qualche secolo fa, oggi Simon Bisley (1962) lo studieremmo a scuola durante l’ora di Storia dell’arte pur essendo un autodidatta. Apparentemente il suo stile è rude, ma a guardarlo meglio si capisce che pure Bisley è un illustratore glamour.
Negli anni ottanta inizia a collaborare con il settimanale inglese “2000 AD”, in seguito disegna l’antieroe Lobo per la Dc Comics. L’unico personaggio dei fumetti che ha avuto il coraggio di affrontare, da pari a pari, Dio in persona. Lobo è un ottimo antieroe, direi anzi che è l’unico nuovo personaggio di rilievo dell’universo Dc creato dagli anni ottanta a oggi (o ne dimentico qualcuno?).

Bisley è un illustratore eccezionale, come potete vedere con i vostri occhietti curiosi. Il suo immaginario, assolutamente moderno, non ha niente a che fare con il mondo trasognato delle pulp di Frank Frazetta. Neppure quando ne rivisita esplicitamente i temi.

 

Il diavolo bifacciale dell’ultima illustrazione ricorda il polpo gigante di Hokusai, almeno nella funzione orale.

Simon Bisley ha realizzato pochi fumetti, in genere graphic novel pubblicate da editori minori che non gli hanno creato problemi di censura. Ecco l’inizo di una storia del 1997, scritta dal leggendario Frank Miller: “Bad Boy”.

Gli autori inglesi della prestigiosa serie “Eleganza a corte” sono esauriti. Secondo voi, chi altro avrebbe meritato di essere della partita?
Be’, sicuramente Frank Quitely (anche se è scozzese).

 


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3 commenti

  1. Anche il Savage Dragon di Erik Larsen affronta Dio in storie degli anni novanta pubblicate da noi, credo, dalla Lexy.
    Il BWS di Rune è il mio BWS preferito. Istintivo, nervoso, non rinuncia alle sue radici pre raffaellite , ma decisamente + fumetto di lavori come Lupo Ferito e Vitamore I e II per gli X-Men di Claremont. Non era male nemmeno Archer & Armstrong che il nostro, con la solita modestia , riteneva l’unica testata originale della Valiant del tempo.
    Io trovo interessante anche Kevin O’ Neill. Soprattutto nella sua fase punk e nevrotica di Marshal Law e di Lobo alla San Diego Con alla ricerca dell’albo in cui muore Superman. Lo apprezzo naturalmente anche sulla Lega dei Gentiluomini Straordinari. Meno nelle tavole di Nemesis.
    Ho un debole anche per John McCrea ( Demon, Hitman e The Monarchy ) persino quando disegna Superboy.
    Il mio gulity pleasure sono gli spigolosi Cam Kennedy e Mike McMahon. Non credo che oggi avrebbero le stesse chances di disegnare Punisher e Bats, ma mi piacciono: è come vedere Alessandrini o Tacconi sotto acido.
    Brendan McCarthy è bravo ed eclettico, ma difficile reggere tutta una sua storia – credo di non aver mai finito Rogan Gosh – a meno che sia un singolo, bellissimo, episodio di Shade the Changing Man scritto dal suo partner in crime Peter Milligan ( anni fa Tank Girl Magazine della Magin Press pubblicò il loro Skin con un naziskin focomelico ).
    Io apprezzo anche il sintetico Paul Grist ( da noi il suo Kane ed il suo Mudman. Spero che qualcuno prima o poi traduca il suo Jack Staff ( nato dal concept per un rilancio di Union Jack che la Marvel ha cassato ).

  2. Io avrei aggiunto anche Kevin O’Neill! il suo Marshal Law da ragazzino mi aveva “stregato”.

  3. Da inserire senza dubbio Steve Dillon e John Bolton.
    Due super.

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