DRACULA 2020, TRA JAMES BOND E SHERLOCK HOLMES

DRACULA 2020, TRA JAMES BOND E SHERLOCK HOLMES

Dracula è quanto di più simile a un bordello possa esserci. Un soggetto “mercenario” che da circa centoventi anni viene sfruttato a mani bassissime da cani e porci. Qualunque forma mediatica, almeno una volta, ha assunto la figura del Conte Dracula come fonte d’ispirazione.

Perciò non mi sorprende che pure Steven Moffat e Mark Gatiss

… abbiano allungato le zampe su Dracula.

 

A beneficio di quelli che gli ultimi cento anni li hanno passati su un asteroide, Dracula, scritto da Bram Stoker, risale al 1897. Si tratta di un romanzo epistolare, cioè la storia avanza attraverso lo scambio di lettere tra i personaggi.

Si tratta di uno dei grandi classici della letteratura gotica, certo. Intramontabile caposaldo della letteratura mondiale, d’accordo. Ma il punto è che sono centoventi e passa anni che ‘sta pappardella viene sfruttata e maneggiata in ogni modo possibile e immaginabile.

A partire dagli anni trenta, con i primi adattamenti cinematografici della Universal, fino ad arrivare alle attuali serie tv. Ultima delle quali, Penny Dreadful del 2016, il Conte appare come antagonista. Moffat e Gatiss, dopo avere già sfruttato un’importante figura della letteratura classica con la serie Sherlock, hanno avuto la bella pensata di riprovarci. Alla fine, il risultato è…

… Dracula ha le capacità, ma non si impegna.

 

Se c’è una cosa che ripeto in continuazione è che non c’è niente di peggio di un adattamento che snatura e stravolge temi e concetti del materiale originale su cui si basa. Ché un conto è adattare o liberamente ispirarsi. Altro paio di maniche è andarsene completamente per frasche.

The Others di Alejandro Amenábar con Nicole Kidman è un bell’esempio di ghost story: solido, funzionale, girato con quattro spicci, fu un grosso successo al botteghino. Il film è liberamente ispirato a Il giro di vite di Henry James. E fin qui tutto bene.

Al contrario, Io sono leggenda con Will Smith, dichiaratamente basato sull’omonimo romanzo di Richard Matheson, è quanto di più orribilmente sbagliato possa esserci. Perché manda bellamente a puttane l’intero senso della storia originale. Stravolge il significato, banalizzando all’inverosimile il concetto. Riducendolo alla solita porcata dell’americano-eroe che salva il mondo con il suo sacrificio.

 

Ecco, Dracula, miniserie tv prodotta da Bbc e distribuita su Netflix, si prende grandi, grandissime libertà con il materiale originale. Tuttavia, bisogna considerare che in questo caso ormai è un fatto usuale, per non dire ovvio. Con un secolo e passa di adattamenti sul groppone, sono pochissimi quelli che si attengono al materiale originale.

L’esempio più eclatante riguarda il personaggio di R.M. Renfield. Oggi tanti sono convinti che Renfield sia il predecessore di Jonathan Harker, un agente immobiliare mandato in Transilvania a trattare con il Conte l’acquisto di alcune proprietà in Inghilterra, che ne diventa schiavo e impazzisce. Invece, non è così.

Questa è l’interpretazione del personaggio che appare in Dracula di Todd Browning del 1931, con Bela Lugosi. Riportata pedissequamente di film in film per decenni, fino a portare tutti su questa falsa convinzione su Renfield. Che nella storia originale era già pazzo e rinchiuso in una cella nel manicomio del dottor Seward.

DRACULA 2020, TRA JAMES BOND E SHERLOCK HOLMES

 

Questa nuova serie concettualmente è molto vicina a The Others, per capirci. Ispirandosi, e rendendo omaggio, a una pletora di fonti diverse, si divide in tre episodi di circa un’ora e mezza ciascuno. Ognuno dei quali si concentra, dilatandolo al massimo, a un determinato punto del romanzo. Il primo riguarda l’arrivo di Jonathan Harker in Transilvania, l’incontro e la relativa fuga dal castello di Dracula.

Il secondo episodio si svolge sulla Demeter, la nave su cui il Conte Dracula si imbarca per raggiungere l’Inghilterra. Mentre il terzo… beh, è ambientato nella Londra contemporanea del 2020. Il passo falso che ha fatto schiantare rovinosamente a terra, di faccia, la serie.

L’approccio mystery-whodunit che Moffat e Gatiss hanno dato alla serie è originale, a tratti stravagante e per lo più riuscito. Senza farla più lunga del necessario, il Dracula originale di Stoker ha una certa, come dire… mancanza di spessore.

Diverse parti, per quanto possano anche essere secondarie nell’economia della storia, avrebbero necessitato di un minimo di backstory. Tanto per capirci, la fuga di Harker dal castello di Dracula è piuttosto affrettata. Per questo in molti adattamenti si vede la sovrapposizione tra la storia di Harker e quella di Renfield.

 

Inoltre, come nella più classica delle tradizioni gotiche, Dracula è il “mostro” e basta. Un contraltare per i buoni, il loro ostacolo da superare. Le sue azioni sono malvagie perché rappresenta il male. Anche per questo mi è sempre piaciuto il Dracula di Coppola. Il romanticismo intrinseco, a tratti forse troppo melenso, può piacere come no. Però, in fondo, Coppola ha saputo dare una motivazione un tantino tangibile al personaggio.

Il caso della serie inglese è, bene o male, lo stesso: l’intero soggiorno e relativa fuga dal castello vengono approfonditi e impostati come mistero da risolvere nel primo episodio. Narrato dallo stesso Harker, interrogato nel convento a Bucarest dove ha trovato rifugio.

Allo stesso modo viene trattato Dracula in generale. Nel senso che viene approfondita e, più o meno, chiarita la differenza tra un non-morto come lui e quelli che infetta e schiavizza, tramutati in ghouls. Soprattutto, in modo orizzontale attraverso i tre episodi della serie, i come e i perché possa o non possa fare determinate cose.

DRACULA 2020, TRA JAMES BOND E SHERLOCK HOLMES

 

Perché Dracula, nonostante dimostri di sbattersene altamente, comunque non riesce a sopportare la vista della croce? Perché le persone che trasforma in ghouls possono tranquillamente uscire di giorno mentre lui no? Perché non può entrare in un luogo se non quando apertamente invitato?

Sempre nel primo episodio viene introdotta la suora Agatha Van Helsing (Dolly Wells). Un personaggio veramente brillante, divertente e riuscito, che si pone subito come antagonista di Dracula. A proposito, apro e chiudo breve parentesi.

Il fatto che il professor Abraham van Helsing sia stato sostituito da Agatha Van Helsing a qualcuno potrebbe non piacere. Invece a me non tange assolutamente. Il punto è che il personaggio è interessante. Funzionale e piacevole alla storia. Sorta d’intrigante nuovo accessorio che spinge a interessarti alla vicenda e a farti chiedere dove andrà a parare questa inedita variazione sul tema.

Questa è la grande differenza che passa fra una buona e una cattiva scrittura. Tipo, che so, il remake al femminile dei Ghostbusters del 2016, per dire. “Ehi, guardatemi! Ho scritto dei personaggi da schifo in una storia che fa ancora più schifo. Però, oh, sono donne. Acclamatemi perché ho abbattuto le fondamenta della società fallocentrica, ho sconfitto il patriarcato perché i Ghostbusters sono femmine”. Santo. Cielo.

 

Comunque, tornando al nocciolo della questione, Claes Bang nel ruolo di Dracula è, in una parola, fortissimo. In grado di passare dal drammatico all’ironico in modo naturale. Il suo è un Dracula cattivo e contento di esserlo. Diverte e si diverte a fare il sofisticato alla James Bond per nascondere una natura mostruosa e animalesca.

Il fatto che Bang somigli inquietantemente sia a Bela Lugosi sia a Christopher Lee è tutto grasso che cola. Sia Claes Bang che la Wells, nei rispettivi ruoli di Dracula e Agatha, sono fantastici e portano sempre a casa la giornata. I primi due episodi sono brillanti, intelligenti e divertenti. Il problema sta nel terzo e ultimo episodio ambientato ai giorni nostri.

In Sherlock gli elementi modernizzati della storia hanno un contesto e un senso, qui no. Ci sono già una valanga di storie con persone del passato che si trovano nel futuro e viceversa. Le gag basate sulla confusione creata dalla diversità delle epoche a volte riescono e altre no, dipende dai film.

DRACULA 2020, TRA JAMES BOND E SHERLOCK HOLMES

 

Spesso sembra solo una scusa per tirare fuori orribili battute senza sbattersi più di tanto. Questo è il caso di Dracula. Forse è una cosa solo mia, ma non ho trovato divertente Dracula uscire scemo davanti a un frigorifero. Certo, il fatto che poi usi le app d’incontri a uso just eat è una cosa simpatica. Fino a un certo punto.

I primi due episodi di questo Dracula sono abbastanza avvincenti, intriganti e, perché no, intelligenti. Sollevano domande, curiosità, suggerendo una svolta eccezionale che poi, sfortunatamente, non arriva. Il problema sta nel fatto che nell’ultimo episodio hanno trasportato il corpus centrale del romanzo originale provando a farlo coesistere con le modifiche dei primi due episodi.

Il risultato? Una mezza fetecchia. Non perché le cose siano fatte male. Alcune soluzioni visive sono molto suggestive e azzeccate. Piuttosto, si sente proprio che è una cosa tirata via. Storia e personaggi all’improvviso non hanno più senso né motivazioni, e manco caratterizzazione.

Un po’ come se, a un certo punto, si fossero scocciati di tutto il teatrino. Un episodio fatto tanto per mettere un punto, poco plausibile, alle questioni sollevate precedentemente. Un peccato, ché se ci fosse stata la stessa cura dei primi due episodi, questo nuovo Dracula avrebbe potuto essere eccezionale.

Resta comunque un prodotto brillante, che fa quel che deve fare. Soprattutto, è la prima cosa interessante su Dracula venuta fuori negli ultimi quindici anni o giù di lì.

Ebbene, detto questo credo sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

2 commenti

  1. Per me Moffat e Gatiss avevano già fatto la stessa cosa con Sherlock: serie molto bella fino ad un certo punto, svacco totale nel finale.

  2. Non guardo una serie televisiva dai tempi di Levinson & Link – Columbo ed Ellery Queen – e cioè dai gg in cui per me Vlad era essenzialmente quello della Tomba di Dracula di Wolfman/Colan/Palmer via A.S.E. della Editoriale Corno e forse anche il dinamico duo di autori inglesi ha voluto omaggiare il conte che si sveglia in un tempo che non gli appartiene come è accaduto nei seventies dello scorso secolo al vampiro della Casa delle Idee che si è battuto contro Silver Surfer, Spidey e gli X-Men. Tutto sommato gli è andata bene a paragone di quello di Mamma DC che negli Elseworld d Moench/Jones – anche se non è detto a chiare lettere – deve stare attento a non imbattersi in sangue infetto. Da predatore non morto ergo immortale a vittima via plasma. Il parassita del presente/futuro è/sarà un virus che sovrascrive le informazioni nel wetware verso il quale stiamo correndo. Vlad sarà solo una romantica anticaglia di quelle polverose in cui ci imbattiamo quando decidiamo di pulire il solaio. So goes life.

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