DONATELLA COLASANTI, LA SOPRAVVISSUTA DEL CIRCEO

Come tutte le sere, il 29 settembre 1975 un metronotte inizia il suo lavoro in via Pola, a Roma. Passa in rassegna le saracinesche abbassate e vi infila un bigliettino. Alle 22.50 gli sembra di sentire un grido soffocato, ma forse è solo un’impressione e tira avanti. Ma ecco di nuovo quel suono, che pare allo stesso tempo lontano e vicino. Guardandosi intorno vede solo una Fiat 127 bianca parcheggiata. Sì, le urla provengono proprio da lì: dieci minuti dopo, i carabinieri forzano il bagagliaio dell’auto. Come se fosse sbucata direttamente dall’inferno, ne esce una ragazza nuda e ferita. Riesce a dire solo di chiamarsi Donatella. Accanto a lei c’è un’altra giovane, morta. In ospedale, i medici riscontrano nella ragazza un grave stato di shock, fratture multiple dovute a percosse e bruciature da sigaretta. Malgrado ciò, lei ringrazia il cielo per essere miracolosamente scampata a quello che verrà chiamato il massacro del Circeo.
Tutto ha inizio alcuni giorni prima, quando due amiche romane, Rosaria Lopez, di 19 anni, e Donatella Colasanti, di 17, vanno a vedere un film insieme. All’uscita dal cinema vengono avvicinate da un giovane vestito elegantemente che dice di chiamarsi Carlo (il suo vero nome è Gian Pietro Parboni Arquati). Il ragazzo le invita in un bar, dove le presenta a due suoi amici, Gianni Guido e Angelo Izzo. Il primo è un ragazzo di 19 anni dai capelli e gli occhi neri, alto e snello. Il secondo ha 20 anni, occhi sporgenti azzurri ed è decisamente più basso. Le ragazze rimangono colpite dai modi educati e simpatici dei due. Dopo aver chiacchierato, si danno appuntamento per il 28 settembre, alle quattro del pomeriggio. All’incontro si presentano solo Gianni e Angelo, che propongono alle ragazze di raggiungere Carlo a casa sua, sulla costa laziale. Rosaria e Donatella accettano l’invito e salgono sulla loro Fiat 127, pur non sapendo quasi nulla di quei due. Convincerle non è stato difficile, perché appare evidente che appartengono a famiglie agiate, alla “Roma bene” del quartiere Parioli.
In auto, Rosaria Lopez cerca di darsi un tono spiegando che ha deciso di andare con loro solo per fare un dispetto al fidanzato, con il quale ha appena litigato. Inoltre è stanca del mondo grigio in cui vive e racconta che vorrebbe andarsene di casa per diventare un’attrice dei fotoromanzi. Anche Donatella Colasanti è felice di non dover rincasare subito, perché si sente incompresa dai genitori. Alle 18 la macchina si ferma davanti a una villa sul promontorio del Circeo, in provincia di Latina. Una grande abitazione che si affaccia sul panorama dell’isola di Ponza, disposta su tre piani, con giardino, taverna e garage.
Carlo non c’è, anzi, la villa è completamente deserta. Comunque Angelo Izzo e Gianni Guido hanno le chiavi ed entrano insieme alle ragazze. Le quali, all’inizio, accettano la loro corte ricambiando le carezze e i baci. Quando però i due cercano di andare oltre, Rosaria e Donatella rifiutano con decisione e, anzi, chiedono di essere riaccompagnate subito a casa. Seccato, Gianni tira fuori una pistola e le minaccia, dicendo che lui e il suo amico fanno parte della banda dei Marsigliesi, la famosa organizzazione criminale. Le due giovani, terrorizzate, scoppiano a piangere ma non serve a niente, perché vengono costrette a spogliarsi e ad avere rapporti con loro. Poi vengono chiuse in un bagno senza finestre, dove trascorrono una notte insonne stando abbracciate per resistere al freddo. La mattina, vedendo che hanno rotto il rubinetto di un lavandino, Angelo si infuria e le riempie di schiaffi.
Al posto di Carlo, che non ha niente a che fare con questa vicenda, e che non era neppure il padrone della villa, come invece avevano detto Gianni e Angelo, arriva un terzo giovane, Andrea Ghira: un tipo robusto dai capelli castani e mossi, che le ragazze non hanno mai visto prima. Si tratta del figlio 22enne dei padroni di casa, che in quei giorni sono assenti. Il padre è un importante imprenditore edile, con un passato di campione olimpionico della pallanuoto. Nel 1973, Ghira è stato condannato a 20 mesi di carcere per rapina a mano armata: non ha bisogno di soldi, ma gli piace atteggiarsi a gangster.
Dopo i suoi soci, anche Andrea Ghira vuole divertirsi con le ragazze. Prima le costringe ad abbracciarsi tra loro e a fingere di essere due amanti, poi afferra Rosalia e la porta con sé in una camera, mentre Izzo e Guido cercano a turno di violentare Donatella. Alle 19.30, i tre delinquenti discutono su cosa fare delle ragazze e alla fine prendono la decisione di addormentarle con un farmaco. Ma dopo tre iniezioni di sonnifero per ciascuna, le due giovani disperate sono più sveglie di prima: «A quel punto prendono Rosaria e la portano in un’altra stanza», racconterà in seguito Donatella. «Dicono che la devono cloroformizzare, ma io la sento piangere e urlare. Poi, all’improvviso, il silenzio».
I tre hanno picchiato la ragazza per poi farla annegare nella vasca da bagno. I giovani tornano da Donatella e la colpiscono in testa con il calcio della pistola, quindi le mettono una cintura al collo e la trascinano per tutta la casa: «Più stringevano e più mi sentivo soffocare», racconterà, «la vista mi si annebbiava, vedevo tutto nero».
La diciassettenne sviene e, quando ritorna in sé, vede uno degli aguzzini che preme un piede sul suo petto dicendo: «Questa non vuole proprio morire». Mentre la credono ancora stordita, Donatella riesce a raggiungere il telefono per cercare di chiamare aiuto, però viene raggiunta e colpita a sprangate. A quel punto capisce che l’unico modo che ha per salvarsi è fingersi morta. «L’avevamo pestata così tanto che non ce la facevamo più», confesserà tempo dopo Izzo. La ragazza, con gli occhi chiusi, si sente trasportare a braccia e fatta cadere nel bagagliaio della Fiat 127. Poco dopo, accanto a lei, viene sistemato il corpo dell’amica Rosaria. Sente una voce dire: «Guarda come dormono bene».
Poi i tre salgono in auto e partono. Durante il viaggio, Donatella cerca di scuotere l’amica con il gomito, ma rimane inerte. L’auto si ferma a Roma, vicino a un ristorante, dove i giovani vanno a cenare come se niente fosse. Donatella ne approfitta per chiamare aiuto con tutto il fiato che le rimane. Dopo che il metronotte l’ha sentita e ha chiamato i carabinieri, Gianni Guido e Angelo Izzo vengono arrestati a casa loro nel giro di poche ore, mentre Andrea Ghira non verrà mai catturato.
Durante il processo, che si svolge nel 1976, Donatella Colasanti viene rappresentata dall’avvocatessa Tina Lagostena Bassi. Tutti e tre i carnefici, compreso Ghira che è riuscito a scappare, vengono condannati all’ergastolo. L’anno dopo, Guido e Izzo cercano di fuggire prendendo in ostaggio un secondino, ma senza successo.
Nel processo d’appello del 1980, per Gianni Guido la condanna viene ridotta a 30 anni, dopo che il giovane ha versato un risarcimento di 100 milioni di lire alla famiglia della ragazza uccisa, dichiarandosi pentito. Ma nel 1981 riesce a evadere e scappa in America Latina. Arrestato a Buenos Aires, la capitale Argentina, Gianni Guido evade di nuovo. Finché, nel 1994, viene catturato a Panama (dove vendeva automobili) ed estradato in Italia. In carcere si laurea e scopre la fede. Tornerà libero nel 2009, dopo 22 anni di prigione.
Ma che fine ha fatto Andrea Ghira? Dopo un periodo trascorso a Malindi, in Kenya, dove ha gestito fino al 1986 una pizzeria italiana con il nome di Lorenzo, fugge in Spagna e si arruola nel Tercìo de Armada (una sorta di Legione straniera) sotto il falso nome di Massimo Testa de Andres. Raggiunge il grado di caporalmaggiore, ma nel 1994 viene espulso dal corpo perché dedito agli stupefacenti. Sprofondando sempre di più nella droga, nello stesso anno muore per overdose. Solo nel 2005, attraverso l’esame del Dna sul suo cadavere sepolto in Marocco, viene ufficialmente riconosciuto.
Intanto, nel 2004, Angelo Izzo ottiene la semilibertà. In carcere è diventato amico di un pentito della Sacra Corona Unita: il 28 aprile 2005 va a Campobasso, dove uccide la moglie e la figlia dell’uomo: Maria Carmela Linciano, di 49 anni, e Valentina Maiorano, di 14. Catturato, viene condannato a un secondo ergastolo.
In tutto questo tempo, Donatella Colasanti ha continuato a soffrire per il ricordo dell’atroce aggressione e dell’uccisione di Rosaria Lopez. Muore a soli 47 anni, il 30 dicembre 2005, per un tumore al seno.
L’avvocatessa Tina Lagostena Bassi, che l’aveva rappresentata al processo, lascia i tribunali per diventare parlamentare: la nuova legge sulla violenza sessuale del 1996 porta la sua firma. Due anni dopo, conclusa la carriera politica, affianca il giudice Santi Licheri nella trasmissione televisiva Forum. Scompare nel 2008, a 86 anni.
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Ricordo benissimo un articolo su Gente, avevo 10 anni e ne rimasi impressionato a dir poco, come tuttota del resto, pazzesco…
neanche una parola sul fatto che tutti e tre i simpatici soggetti erano estremisti politici.
Appartenevano all’area neofascista.
Ancora oggi sono fatti sconvolgenti. I genitori non avevano sospetti che i loro figli fossero dei criminali? Non ci credo.
Mi domando quello che ha trovato la fede cosa fa oggi, come pensa di espiare un simile gesto
Una finta fede..
Non potrei mai crederci.
L’essere umano può pentirsi certo di errori, manchevolezze, azioni immorali…ma quando si tratta di vivere una vita spregevole fino a questo punto, togliendo la vita ad altri esseri umani….quella è la tua inclinazione, è la tua natura, è qualcosa che è dentro di te da sempre. 🙂