DIECI PAGINE DI FUMETTI PERFETTE

DIECI PAGINE DI FUMETTI PERFETTE

Le pagine perfette sono le tavole dove testo e immagine si integrano alla perfezione, dove non c’è nulla da togliere o da aggiungere. Una pagina che ci costringe per un attimo a interrompere la lettura per ammirarla. Sono pagine che rimangono impresse nella mente anche dopo anni.
Queste pagine sono una delle principali ragioni per cui amiamo leggere fumetti.

T

Hergé: Tintin, “L’Isola nera”

Nella prima vignetta abbiamo la tranqulla immagine quotidiana di Tintin a spasso con il cane per la campagna francese. Nella seconda qualcosa interviene a turbare la quiete: graficamente vediamo soltanto una onomatopea, ma Tintin ci svela che sta arrivando un aereo. Nella terza vignetta il disegno mostra un aereo dal comportamento strano. Nelle tre vignette successive l’aereo atterra e Tintin si precipita per portare aiuto. Nell’ottava vignetta Tintin osserva che l’aereo non ha la matricola, introducendo un elemento di ambiguità nella narrazione. La vignetta successiva ci conferma che i due occupanti dell’aereo sono personaggi piuttosto loschi, ma Tintin non appare preoccupato. Nella undicesima vignetta il colpo di scena: uno dei due malviventi estrae una pistola e spara. Nell’ultima vignetta l’aereo riparte mentre Tintin rimane a terra, apparentemente ferito a morte. Le pagine di Hergé hanno un ritmo incalzante, l’azione procede fluida e scorrevole, senza pause superflue, i dialoghi sono sempre complementari alle immagini.
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Gianluigi Bonelli e Galep: Tex, “Il giuramento”

Il mito di Tex è stato costruito nei decenni su pagine come questa, cariche di epica e di emozione. La coppia di autori, tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta ne realizzò parecchie di questo livello. Si noti il progredire del pathos espresso nei disegni delle prime tre vignette, anche il lettering si rafforza man mano e la gestualità del ranger diventa più decisa. Con pochi segni Galep suggerisce, sullo sfondo, un vento impetuoso che spinge le nubi. Tex pronuncia il suo giuramento al cielo, mentre i suoi pard assistono muti e il vento sta diventando una tempesta di sabbia.

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Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo: Ken Parker, “Lily e il vagabondo”

Forse mai il conflitto tra lo spirito e la carne era stato descritto cosi bene in un fumetto. Ken ferito e immobilizzato non mangia da giorni. L’istinto di sopravvivenza gli suggerisce di cibarsi della cagnetta Lily, che gli è stata accanto tutto il tempo. La chiama gentilmente, ma intanto afferra la lama per colpire. Sembra che la carne abbia vinto. Poi i due si guardano negli occhi. Lo sguardo dell’uomo è lo sguardo disperato di chi sta lottando per la propria vita. Lo sguardo dell’animale è quello pieno d’amore di chi per l’altro sarebbe pronto a fare qualsiasi cosa, anche a lasciarsi mangiare. Poi lo spirito riprende il sopravvento. Ken si ricorda di essere soprattutto un uomo, con dei principi e una morale. E allontana da sé la cagnetta per non cadere in tentazione. Prima con le mani, poi con le grida e infine scagliando un sasso. La fama sempiterna che il duo di autori si è guadagnata tra gli appassionati di fumetti nasce da pagine come questa.

Hugo Pratt – Gesuita Joe, “L’uomo del Grande Nord”

Hugo Pratt era un maestro nel raccontare a fumetti. In questa pagina la caratterizzazione del personaggio principale avviene tramite le sue azioni. Nella prima vignetta con pochi segni il maestro di Malamocco ci introduce nell’ambiente: il Grande Nord canadese in autunno, quando cadono le foglie. Nella seconda vignetta Gesuita Joe scorge due uccellini che amoreggiano su un ramo. Nella terza, il colpo di scena, Joe estrae la pistola e spara agli uccellini. “C’è troppa gioia in questo bosco”, è la lapidaria frase che dice sul carattere del protagonista più di mille discorsi. La quinta e la sesta vignetta ci riportano alla storia, al luogo di un appuntamento dove l’avventura può cominciare.

Chris Claremont e John Byrne: X-Men, “Il fato di Fenice”

Nonostante i dialoghi di Claremont che debordano dalle vigentte di Byrne, questa rimane la pagina memorabile di una delle saghe più amate dai lettori. Jean (Fenice) e Scott (Ciclope) discutono sullo sfondo, in primo piano c’è un’antica arma aliena dei kree di potenza inaudita. Primo piano di Jean, che racconta come Fenice Nera sia una parte di lei e che è una parte troppo pericolosa. Primo piano di Scott, che ha intuito le intenzioni di Jean e la scongiura di non uccidersi. Jean aziona l’arma e si uccide: l’ultimo suo grido è il nome dell’amato. Zoomata finale all’indietro su Ciclope che ripete cose che sappiamo e ribadisce le motivazioni del gesto di Jean. Della donna non rimane che una striscia di vapore che si alza verso il cielo. Tre vignette che spezzarono il cuore ai fan.
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Andrea Pazienza: “Giorno”

“Giorno” è un opera unica nella fumettografia di Pazienza. È un opera concepita come un meccanismo ad orologeria, dove tutto si incastra alla perfezione. Qui il maestro di San Severo raggiunge un equilibrio che ha del sovrannaturale. Tutto sembra risplendere di luce propria. Notte. I portici di Bologna. Due ragazzi chiamano un loro amico che non scende. Stanchi di aspettare se ne vanno. Il loro amico è inginocchiato sul pianerottolo dell’appartamento della sua ragazza che intanto lo sta tradendo con un altro. Il monologo con il quale lui la scongiura di aprirgli la porta è da brividi. Talmente realistico da far pensare che l’autore abbia vissuto da vicino qualcosa del genere. Uno di quei dialoghi dalla forza dirompente che non hanno niente di scolastico o di artificioso, che rimangono impressi per sempre nella mente. Uno di quei dialoghi che hanno aperto ad Andrea Pazienza le porte dei cuori dei suoi lettori e lo hanno reso unico. Poi all’improvviso il velo della notte con le sue tragedie viene squarciato dall’alba che si posa pigramente su Bologna, mentre inizia un nuovo giorno con le sue consuetudini e le sue banalità.
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Frank Miller: Devil, “L’ultima mano”

Con Frank Miller i fumetti Marvel diventano adulti. Se Stan Lee aveva complicato le vite degli eroi dei fumetti rendendoli più umani, Frank Miller porta alle estreme conseguenze questo processo. Gli eroi diventano personaggi complicati, dalle psicologie discutibili e dalla morale ambigua. Devil sta lottando con Bullseye dopo che questi ha ucciso Elektra. I due rimangono appesi a un filo, con Devil che sostiene Bullseye per un braccio. Il killer si ribella a questa situazione, si rifiuta di essere salvato da Devil e vuole ucciderlo. Devil gli dice che non ucciderà più nessuno e lo lascia cadere nel vuoto. Tutto questo in cinque vignette verticali che pesano come macigni e dalle quali non si torna più indietro.
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Katsuhiro Otomo: Akira – Volume uno

Tetsuo ha perso il controllo e sta picchiando a sangue un motociclista della banda rivale. Kaneda se ne accorge e va a fermarlo. Tetsuo si divincola dalla stretta di Kaneda e gli dice che non prende ordini da lui. Akira è anche la storia di un’amicizia. Kaneda gli chiede: “Cos’hai detto”? E Tetsuo lo ripete. La tensione tra i due cresce. E arriva al massimo nelle due vignette finali con i volti contrapposti ripresi dal basso. Con Akira i manga iniziano a conquistare l’Occidente. La cultura giapponese restia all’espressione delle emozioni nella realtà ribalta tutto nei manga. Akira è un’emozione continua. Le adrenaliniche scorribande dei motociclisti, la violenza degli scontri fra bande, la paura nelle fughe dalle autorità. Non si era mai visto nulla di simile nel fumetto occidentale.

Alan Moore e Dave Gibbons: Watchmen, “Anche l’abisso guarda”

È attraverso un’implacabile gabbia di nove vignette per pagina che Alan Moore racconta i suoi Watchmen. Lo psichiatra della prigione si siede davanti a Rorschach. Soggettiva dello psichiatra, Rorschach scherza sulla sua condizione di prigioniero. Soggettiva di Rorschach, lo psichiatra propone il test delle macchie. Si tratta di una macchia già vista alla quale Rorschach aveva risposto, mentendo, che vi vedeva “una bella farfalla”. Oggi no. Oggi sente di potersi lasciare andare e allora dice la verità. Dice di vederci “un cane con la testa spaccata”. Watchmen racconta la perdita dell’innocenza. Lo psichiatra chiede “cosa pensi che gli abbia spaccato la testa?”. La risposta è “io”. Rorschach è diventato ciò che è.
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Marianne Satrapi: “Pollo con le prugne”

Con “Pollo alle prugne” l’iraniana Marianne Satrapi racconta la triste storia del fallimento morale e sentimentale di un uomo che alla fine decide di lasciarsi morire. Ma lo fa in modo leggero e scherzoso, sottolineando ogni volta come la vita intorno a lui vada avanti. In questa pagina il musicista a letto immagina diversi modi di darsi la morte, ma conclude che sono tutti faticosi e preferisce attendere la fine sdraiato. Nelle vignette successive viene messo in evidenza, sempre in modo scherzoso, il contrastato rapporto con la moglie, una delle ragioni dello stato depressivo del musicista.

1 commento

  1. Bellissimo articolo che induce brividi e pelle d’oca in tutti noi che amiamo visceralmente i fumetti.
    Avrei aggiunto la tavola dell’Uomo Ragno in cui Goblin uccide Gwen facendola cadere dal ponte di Brooklyn, che ho sempre trovato assolutamente straordinaria. (Tratta da UOMO RAGNO ed. Corno n. 133 “Qualcuno deve morire” di Gerry Conway, Gil Kane, John Romita Sr, Tony Mortellaro)

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