DIABOLIK SI ISPIRA A TOTÒ DIABOLICUS

DIABOLIK SI ISPIRA A TOTÒ DIABOLICUS

Enzo Facciolo, disegnatore storico di Diabolik, il personaggio creato da Angela Giussani, è scomparso nel 2021 a 89 anni. Dal n. 10 di Diabolik, del novembre 1963, Facciolo impostò lo stile grafico definitivo del personaggio e continuò a contribuire a realizzarlo fino a oggi, con una lunga pausa dal 1979 al 1998.
A lui si deve quindi la fisionomia del protagonista basata sull’attore Robert Taylor, su richiesta delle stesse sorelle Giussani.

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Ispirazioni da Robert Taylor per il volto di Diabolik in un disegno di Enzo Facciolo

 

Nel 2022 è uscito il film Diabolik diretto dai Manetti Bros., una sorta di remake del terzo episodio dei fumetti, con il primo incontro tra il criminale ed Eva Kant. Si è preferito narrare quell’evento, piuttosto delle sue origini, anche per mostrare subito il costume e le altre sue caratteristiche tipiche.

 Luca Marinelli nel film Diabolik

 

Del resto, nonostante tanti episodi dedicati al suo passato, chi sia veramente Diabolik resta avvolto nel mistero, essendo stato raccolto in mare neonato da alcuni criminali, cosicché nessuno ne conosce le origini e il vero nome.

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 Neppure Diabolik sa chi è (dal 107° episodio del 1968)

 

C’è chi ha ipotizzato che Diabolik sia figlio di Fantômas, creato nel 1911 dagli scrittori francesi Marcel Allain e Pierre Souvestre, primo antieroe letterario “inguainato dalla testa ai piedi in una calzamaglia nera”, che in mare trovò una fine nel 1914, e la cui seconda serie proseguì poi fino al 1963.

Poiché Diabolik esordì nel 1962, tale passaggio di consegne appare perfino possibile. Ma al di là dell’origine fittizia, da dove la creatrice Angela Giussani ha tratto ispirazione per Diabolik?

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Il primo romanzo di Fantomas (1911) e una delle prime pubblicità di Diabolik (1963)

 

Com’è noto la storia del n. 1 di Diabolik ricalca il primo romanzo di Fantômas del 1911, con delle scene identiche. Come quella del padre che accusa il figlio d’omicidio e della donna in manicomio che dà in escandescenze appena riconosce l’assassino. Ed è risaputo l’aneddoto sull’autrice che avrebbe trovato quel libro in treno.

Di certo si sa solo che Angela Giussani ne possedeva una copia, in un’edizione italiana del 1915: se l’avesse davvero trovata per caso 47 anni dopo, abbandonata su un treno, sarebbe stata molto fortunata…

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Copia del primo romanzo di Fantomas di proprietà di Angela Giussani (ristampa del 1915)

 

Il titolo del primo capitolo del romanzo, “Il Genio del Delitto”, diventò quello del n. 5 di Diabolik e il colpo di scena finale, con il condannato sostituito, fu usato su Diabolik n. 3 (dal titolo simile al volume 11 di Fantômas). Vedi l’immagine sotto.

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Titoli e copertine simili per Fantomas vol. 11 (1913) e Diabolik n. 3 (1963)

 

Dal quartiere Belleville di Parigi, citato in un punto del libro, può essere derivata Clerville, l’immaginaria città-stato in cui Diabolik risiede e colpisce, e anche i comprimari furono ricalcati su quelli di Fantômas.

L’ispettore Ginko al posto dell’ispettore Juve, Gustavo Garian al posto del giornalista Jérôme Fandor. E, dal n. 3, Lady Kant al posto di Lady Beltham, entrambe vedove di un lord che aveva vissuto in Africa e complici dapprima esitanti del criminale.

Ma, naturalmente, tra Fantômas e Diabolik ci sono anche alcune differenze…

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Un Fantomas dei serial francesi (1914), di una edizione italiana (1928) e il primo Diabolik (1962)

 

Fantômas nascondeva il volto “sotto un lungo cappuccio, una maschera fluttuante”, non un passamontagna aderente. Benché fosse capace dei più incredibili travestimenti (così come il suo avversario Juve), nei romanzi non usava delle improbabili maschere di plastica che riproducono le fattezze di chiunque.

Solo in un film del 1964 ne fu attribuito l’uso anche a Fantômas, riprendendo forse a sua volta l’idea da Diabolik.

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 Un’immagine da Diabolik n, 1 (1962) e una dal film Fantomas ’70 (1964)

 

Come sarà avvenuto il passaggio dalle caratteristiche dell’uno a quelle dell’altro? Sarà stato dovuto solo a un’Angela Giussani alla prima esperienza di sceneggiatrice, o l’autrice si sarà ispirata anche ad altri epigoni intermedi di Fantômas?

Già, perché dalla sua nascita Fantômas di epigoni ne ha avuti, eccome…

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Locandina in lingua inglese del serial francese Les Vampires (1915)

 

Dei costumi neri attillati, simili a quello che poi avrebbe portato Diabolik, erano già stati indossati da un’intera banda di ladri nel serial cinematografico francese del 1915 Le Vampires (I Vampiri) di Louis Feuillade, regista che poco prima, tra il 1913 e il 1914, aveva diretto ben cinque brevi serial di Fantômas.

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L’attrice Musidora nelle vesti di Irma Vep in Les Vampires (1915)

 

Il capo della banda de I Vampiri era una donna, Irma Vep, interpretata dall’attrice Musidora, ma il passaggio dal cappuccio alla Fantômas al passamontagna alla Diabolik avvenne con tali film, 47 anni prima dell’esordio dell’antieroe ideato da Angela Giussani, il ché non significa per forza che l’autrice li avesse visti.

Tra l’altro da Les Vampires furono tratti anche alcuni libri, le cui copertine avrebbero potuto da sole ispirare Diabolik.

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Primo romanzo della serie Les Vampires (1916)

 

Per il nome Diabolik, Angela e la sorella Luciana Giussani, a lungo coautrici dei testi della serie, intervistate dichiararono solo che fu ispirato all’antiquato termine “diabolo” (dal latino diabolus e dal greco diabolos), che sta per diavolo, ovvio.

Si dà il caso che tra il 1922 e il 1923 Diabolos fosse stato un altro nome di Fantômas…

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Locandina del secondo episodio del serial americano Fantomas (1921)

 

Nel 1921 fu prodotto negli Usa il serial Fantomas in 20 episodi, ma quando uscì in Francia lo scrittore superstite del personaggio, Marcel Allain, non approvò come era stata rielaborata l’opera e la serie fu presto ritirata e ridistribuita, in quel Paese, con il titolo Les Exploits de Diabolos (Le Imprese di Diabolos).

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Romanzo tratto dal serial Les Exploits de Diabolos (1923)

 

Angela Giussani si sarebbe quindi ispirata per il nome di Diabolik a questo serial in versione francese di 40 anni prima, oggi perduto? O al romanzo che ne fu tratto nel 1923, dallo scrittore F. J. Janin? È difficile dirlo, ma da lì può essere iniziata l’associazione tra un criminale alla Fantômas e un nome simile a Diabolo.

In altri casi, degli assassini trasformisti assunsero nomi diversi, come Il Distruttore, apparso nel romanzo di Agatha Christie del 1927 The Big Four (Poirot e i Quattro).

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1939: The Phantom Blot, Macchia Nera, esordisce nelle strip di Topolino

 

Nei fumetti comici vengono rappresentati con costumi neri alla Fantômas i criminali Macchia Nera, nato nelle strisce di Topolino disegnate da Floyd Gottfredson nel 1939, e Zagar, creato nel 1946 da Jacovitti come acerrimo nemico del suo arcipoliziotto Cip.

1946, Zagar esordisce nella storia Cip contro Zagar

 

Zagar derivò il suo nome dal precursore di Fantômas del 1909: Zigomar. Ispirandosi sia a lui sia a Fantomas, il buffo Zagar era capace dei travestimenti più strani e incredibili.

La tuta con il tempo divenne così stretta da sembrare quasi la sua pelle (un po’ come sarà per Diabolik) e, in seguito, porterà dei guanti chiari simili a quelli di Fantômas sui poster di un film del 1947.

Il poster di un film di Fantomas del 1947 e Zagar con gli stessi guanti nel 1974

 

Macchia Nera in originale ha un nome che evoca quello di Fantômas: The Phantom Blot, cioè la Macchia Fantasma. All’inizio sotto la larga veste indossa una calzamaglia nera attillata.

In una storia italiana del 1955 usa per mimetizzarsi un costume bianco, come (e questa è solo una curiosità) farà Diabolik sul n. 7 del 1963 e nel film del 1968.

Macchia Nera nel 1955 vestito di bianco come Diabolik sul n. 7 (1963) e al cinema (1968)

 

Suona poi come Diabolik il titolo d’un film francese del 1954 di Henry G. Clouzot che le Giussani potrebbero aver visto, Les Diaboliques (I diabolici), la cui grafica scritta come con il sangue sui poster italiani anticipava quella della testata del loro albo disegnata da Remo Berselli, soprattutto nella prima versione poi scartata.

Locandina italiana di Les Diaboliques (1956) e prima versione scartata della testata Diabolik (1962)

 

Giungiamo all’aprile 1957, quando lo scrittore italiano Italo Fasan pubblicò sotto lo pseudonimo Bill Skyline il romanzo Uccidevano di Notte, su un serial killer chiamato… Diabolicus.

Il nome è forse ispirato al Fantômas-Diabolos del 1922 o forse all’allora recente film I Diabolici. Poteva passare inosservato, essendo apparso sulla collana “Gialli della Metropoli” di un piccolo editore, ma l’anno dopo qualcuno parve trarne ispirazione…

Copertina del romanzo Uccidevano di Notte (1957)

 

Il 14 febbraio 1958, a Torino, un giovane operaio fu ucciso a colpi di trincetto. Il suo omicidio, unidici giorni dopo, fu rivendicato per lettera da qualcuno che si firmava… Diabolich.

Prima lettera firmata Diabolich (1958)

 

In un’altra lettera, con cui il mese dopo annunciò che avrebbe compiuto altri delitti, l’assassino scrisse di riferirsi a sé stesso come Diabolic, senza l’acca, quando avvertiva e Diabolich, con l’acca, quando uccideva.

Seconda lettera firmata Diabolic

 

Può darsi che nelle intenzioni dell’assassino l’acca, come d’uso in italiano, dovesse servire a marcare di più il suono della C dura, suono che si sarebbe potuto anche scrivere in modo più chiaro e univoco con… la cappa.

Articolo de La Stampa, il quotidiano di Torino, sull’omicidio compiuto da Diabolich (1958)

 

Il caso fece un certo scalpore, tanto da essere riportato pure in Francia, e l’editore del romanzo di Fasan si affrettò a ripubblicarlo, a marzo 1958, stavolta con il vero nome dell’autore e il titolo modificato in “Diabolic”.

Copertina di Curt Caesar del romanzo Diabolic di Italo Fasan (1958)

 

Molti hanno affermato che Angela Giussani si sarebbe ispirata a questo omicida mai identificato, o a questo romanzo, per il nome Diabolik, ma ancora una volta non ci sono conferme.

È anche possibile che non ne avesse sentito parlare, poiché il caso ebbe sì molta risonanza sulla stampa torinese ma non altrettanta su quella di Milano, dove l’autrice viveva, e il romanzo non ebbe poi un grande successo o vasta diffusione.

Copertina di Big-Ben n. 1(1961)

 

La prima ispirazione per la creazione di un personaggio mascherato dovette venire ad Angela Giussani dalla prima serie a fumetti pubblicata dalla sua editrice Astorina, dal 1961 al 1963, Big-Ben, edizione italiana della strip pugilistica statunitense Big Ben Bolt, sul cui n. 10 apparve un boxeur dalla “maschera di plastica” che, riprodotta sulla copertina di una successiva raccolta, fece registrare un’improvvisa impennata delle vendite.

Copertine di una raccolta di Big-Ben e di Diabolik n. 1 (1962), entrambe di Brenno Fiumali

 

Da quella strip disegnata da John Cullen Murphy, dai tipici grigi a retini, è probabile che Angela Giussani abbia preso l’idea di usare analoghi retini anche su Diabolik, che, agli inizi, sarebbe stato realizzato con stile affine a quello del disegnatore di Big Ben Bolt.

Le fisionomie di personaggi delle prime storie di Diabolik furono ricalcate su quelli di Big-Ben e l’idea della pantera da cui Diabolik avrebbe preso il nome, citata nella storia delle origini del 1968, può essere stata ispirata da una tigre di nome Satana, apparsa sul n. 16 di quella serie.

La tigre Satana su Big-Ben n. 16 (1962) e la pantera Diabolik dal 107° albo di Diabolik (1968)

 

L’idea di un antieroe dal preciso nome e costume potrebbe esser poi derivata direttamente da un certo film… che potrebbe aver spinto l’aspirante autrice ad andarsi anche a leggere, o rileggere, i romanzi di Fantômas.

Poster del film Totò Diabolicus (1962)

 

Quello che infatti fu certamente ispirato, almeno in parte, dall’omicidio del 1958 fu un film comico diretto da Steno e interpretato dal grande Totò: Totò Diabolicus, uscito nell’aprile del 1962.

Film che non è, come oggi molti pensano, una parodia di Diabolik, il cui primo albo sarebbe apparso in edicola solo a novembre di quell’anno. Ma con l’immediatamente successiva serie di Diabolik ha in effetti affinità sospette, a cominciare dal nome.

Locandina del film Kind Hearts and Coronets (1949)

 

 

Il nome Diabolicus per l’assassino del film doveva esser stato ripreso dalla prima versione del romanzo di Fasan, dopo il clamore suscitato dal suo quasi omonimo imitatore nel mondo reale. Per il resto la trama ricalcava un film inglese del 1949 di Robert Hamer dal macabro humour nero tipicamente anglosassone, Kind Hearts & Coronets (alla lettera “Cuori gentili e corone funebri”, in Italia intitolato Sangue Blu).

Nel film inglese un gentiluomo elimina uno a uno tutti i suoi nobili parenti interpretati da un camaleontico Alec Guinness, per vendicare la madre che era stata ripudiata e impossessarsi dell’intero patrimonio di famiglia. Nella parodia italiana del 1962 è Totò a interpretare sia le vittime sia il colpevole, con effetti esilaranti.

Locandina del film Totò Diabolicus (1962)

 

Sulle locandine si può notare come anche il titolo del film con Totò fosse spesso scritto in caratteri rossi tutti maiuscoli, come la futura testata di Diabolik, ma tali vaghe analogie potrebbero anche essere solo casuali.

La tuta nera di Diabolicus nel film di Steno (1962)

 

In Totò Diabolicus c’è un altro elemento fondamentale, ispirato probabilmente a Fantômas ma forse anche ai ladri del serial Les Vampires, che anticipa direttamente Diabolik. Il misterioso assassino per commettere i suoi delitti indossa una tuta nera, con tanto di passamontagna che gli nasconde del tutto la testa, e per di più è sempre armato di pugnale, proprio quella che sarà l’arma preferita dal personaggio delle Giussani.

Pugnale alzato da Diabolicus per colpire

 

Non solo, in certe foto promozionali e locandine del film, Totò indossa un cappuccio stile Mefisto il cui orlo superiore termina a punta in mezzo alla fronte, come… l’apertura per gli occhi del cappuccio di Diabolik.

Ritratto fotografico di Totò nelle vesti di Diabolicus

 

Dato che il primo albo del Re del Terrore sarebbe uscito sette mesi dopo il film, se ne può dedurre che la sua creatrice lo avesse visto.

Anche per un ulteriore piccolo dettaglio rivelatore. Diabolik non era l’unico nome in lizza per il personaggio, l’altro nome possibile a cui Angela Giussani aveva pensato per il suo inafferrabile criminale era, guarda caso, proprio… Diabolicus.

Scena di Totò Diabolicus con Béatrice Altariba

 

Anche la bella amante che nel film si presta con molte esitazioni ad aiutare Diabolicus nell’eseguire l’ennesimo efferato delitto (interpretata dall’attrice francese Béatrice Altariba e probabilmente ispirata all’altrettanto titubante Lady Beltham complice di Fantômas), potrebbe aver suggerito il ruolo di Eva Kant nella serie a fumetti.

Somiglianza tra Grace Kelly e la prima Eva Kant (1963)

 

Ufficialmente il viso dell’eterna compagna di Diabolik sarebbe stato basato su Grace Kelly (che si innamorava di un affascinante ladro interpretato da Cary Grant nel film di Hitchcock del 1955 Caccia al Ladro), ma tale ispirazione è evidente più che altro nella prima apparizione.

In seguito ne resta traccia solo nel lungo collo, nei capelli biondi all’indietro e nella raffinata eleganza. Saranno coincidenze dovute alle mode, ma varie pettinature di Eva Kant paiono ricalcare piuttosto quelle sfoggiate nel corso degli anni da Béatrice Altariba.

Somiglianze tra Béatrice Altariba ed Eva Kant

 

 

Insomma, si ritrovano nel film con Totò, ancora più che nei libri o film di Fantômas, molti aspetti di Diabolik e, come se non bastasse, nel finale del film di Steno c’è un elemento ancora che dimostra, ormai quasi senza alcuna ombra di dubbio, come Totò Diabolicus sia stato veramente il prototipo di Diabolik…

Totò minacciato da Diabolicus

 

Nel finale, infatti, c’è un colpo di scena in cui una maschera di gomma riproduce, benché rozzamente, le fattezze di Totò in uno dei suoi ruoli e la guardia del corpo che la indossava è uccisa al suo posto.

È possibile che quest’idea forzata e surreale, funzionale a una storia comica ed efficace solo nella penombra, abbia potuto ispirare ad Angela Giussani l’idea delle famose e più perfette maschere di Diabolik?

Totò nelle vesti di Diabolicus e un Diabolik comico di Silvia Ziche

 

Se è così (e a questo punto è estremamente probabile), oltre a tutti i riconoscimenti che hanno avuto, si dovrebbero fare i complimenti alle sorelle Giussani anche per come sono riuscite a trasformare un film del Re della Risata nella ben più cupa, e longeva, saga avventurosa del Re del Terrore.

 

(Da La seconda cosa)

 

 

2 commenti

  1. E che dire del brano “Kriminal Tango”, di Piero Trombetta (1959), a cui seguirono nel 1960 le versioni di Marino Marini e Roby Guareschi. Mentre “Kriminal” fumetto è uscito per la prima volta nel 1964 …

  2. Teresio Spalla . collaboratore di GIORNALE POP
    Ho avuto modo di conoscere e lavorare con alcuni degli sceneggiatori del film e il direttore della fotografia (Enzo Barboni, poi E.B.Clucher, regista-inventore di “Trinità” ecc) che ebbe un rapporto fisso col produttore – Gianni Buffardi – genero di Totò, il quale, come molti altri in quel periodo, faceva questi film con il “minimo garantito” degli esercenti e poi, prima dell’uscita, rivendeva il prodotto ricavandone un relativo guadagno.
    ***
    Quello era l’ultimo periodo del declino di Totò al cinema, che si conclude con la morte, in cui i film con il Principe De Curtis finivano nelle terze visioni, nei cinema rionali e di paese, ed erano congegnati a basso costo, come parodie e non invenzioni originali per lui.
    ***
    Qui la parodia doveva essere del film “Sangue Blu” (Uk@49) – una “commedia nera” tipicamente britannica in cui Alec Guinness ricopriva ben otto ruoli e dalla trama simile se si osserva attentamente – rieditata nelle sale italiane nella stagione ’61-’62 con grandissimo successo.
    ***
    Oggi siamo disabituati a pensare al cinema europeo (inglese, francese, tedesco) come ad un protagonista del nostro mercato cinematografico. Ma, allora, queste tre cinematografie, in special modo quella inglese, venivano subito dopo, per incassi, al cinema italiano e americano. E Guinness era un “divo” apprezzato e conosciuto dal grosso pubblico.
    ***
    Siamo anche disabituati a pensare ai film con Totò come prodotti di terza scelta, maltrattati dai critici, in mano a produttori cialtroni.
    Buffardi (che morì a 49 anni di lectospirosi dopo il “tuffo di Ferragosto” nel Tevere) era tra questi potendosi inoltre giovare di avere in casa il grande attore comico il quale, comunque, a 64 anni, era malato, stanco, disilluso, e soprattutto semicieco per cui aveva sempre vicino Castellani a sostenerlo e aiutarlo.
    ***
    Enzo Barboni, Mariano Laurenti (aiuto-regista insieme allo stesso Mario Castellani), Stelvio Massi (operatore alla macchina), Roberto Gianviti (autore del soggetto con Vittorio Metz) e l’attore Pietro De Vico (allora popolarissimo in tv con “La Nonna del Corsaro Nero”) concordano nell’affermare che si trattava di un film con pochi soldi, costumi e scenografie recuperate da altri film, persino le musiche di Piccioni sono tratte da suoi motivi composti precedentemente.
    Inoltre bisogna valutare che De Vico e Raimondo Vianello, pur famosi in tv, erano considerati comici secondari e da non pagare poi molto, perché allora questo era il rapporto del cinema con la televisione, altra cosa a cui non siamo più abituati.
    ***
    L’esplosione del successo dei “fumetti neri” (cominciato con “Diabolik” alla fine del ’62) fu comunque un colpaccio per la Titanus che aveva acquistato tutto il pacchetto da Buffardi.
    Si stamparono più copie e il film venne riproposto nelle sale nell’estate del ’63 quando non tutti gli italiani andavano in vacanza e certi cinema erano affollati anche a Ferragosto.
    ***
    Ciò che ho scritto non toglie assolutamente niente alla realtà che oggi, estrapolato dal contesto produttivo del tempo, questo film ci appaia ricco di grandi performarce di Totò, seppure, a mio parere, il contesto narrativo non è formidabile come nelle pellicole degli anni Quaranta e Cinquanta.
    Sempre secondo me è il tipico film tardivo con Totò dove, se non ci fosse Totò (che s’inventò molte cose sul momento, compreso nella scena dell’operazione chirurgica che fa sbellicare dalle risate) non rimarrebbe niente.
    ***
    Del resto questo era il pensiero della critica di allora, la quale rimproverava a Totò di prestare la sua bravura a film indegni di lui. Il che, nell’ultimo periodo, è quasi vero.
    Questi critici – ma non solo loro, tutto il mondo culturale direi – avevano visto Totò trionfare in teatro, rivaleggiare in bravura con comici e commedianti di tutto il mondo che avevano successo nei cinema italiani.
    Forse avevano le loro ragioni che vanno contestualizzate prima di contrastarle.
    ***
    Poi, negli anni Settanta, arrivarono dei critici, allora giovani, che riscoprirono Totò.
    Era quello che gli serviva per reclamare, attraverso la polemica, i posti occupati dalle generazioni precedenti.
    A ciò va aggiunto l’apporto fondamentale che diede la compagna di Totò – Franca Faldini, donna di rara intelligenza e capacità critica – ai primi libri e alle prime rassegne riabilitative nei cineclub.
    Ma fu grazie alla riscoperta da parte del pubblico giovane che il grande comico napoletano divenne, nel giro di pochi anni, quello che oggi consideriamo con ammirazione e rispetto.
    ***
    Però, nel pubblico più stagionato oltre che in quello che non poteva averlo visto, la popolarità non venne mai meno.
    Nell’anno accademico 1977-78, dedicandomi a un seminario su Totò per la facoltà di Storia del Cinema di Firenze, cercando di vedere i suoi film, trovai, nelle grandi e piccole sale popolari e periferiche di Firenze : “Miseria e Nobiltà”; “Totò al Giro d’Italia”; “Totò Lascia o Raddoppia” viste da platee affollate.
    A comprova che il suo mito era vivo ben prima della riscoperta critica e ben prima che i film apparissero in tv e fossero studiati e divulgati da storici e studiosi non solo di arte cinematografica.
    ***
    Comunque, come collaboratore a mia volta di “Giornale Pop”, trovo solidarmene l’articolo di Cantucci un’ottima disanima ricca di documentazione e stimoli di analisi.
    ***
    Se devo fargli una notazione, riguardo al riferimento alla letteratura d’appendice, soprattutto francese, che ebbe un successo enorme in Italia nella prima metà del secolo scorso (e da cui, come nota l’Autore, nacque inevitabilmente “Diabolik” per quanto le Giussani abbiano avuto modo di inventarsi mille ispirazioni più personali) posso osservare di aver trascurato altri casi, probabilmente per ragioni di spazio.
    La cultura popolare nostrana si è sempre, in un modo o nell’altro, ispirato, agli eroi malvagi.
    Vedi per esempio “Macario contro Zagomar” (’44) realizzato quando il comico torinese era il primo per incassi al cinema e a teatro, mantenendo questo primato fino a che, nei primi anni Cinquanta, Totò non glielo strappò.
    O vedi il “Rocambole” – sceneggiato radiofonico di oltre cinquanta episodi, con Raoul Grassilli (Rocambole) e Renato De Carmine (Agus) e Ileana Ghione (Baccarat) – che tenne impegnati gli ascoltare ancora nel ’62.
    ***

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