COME È NATO IL FASCISMO E COME RINASCERÀ

Dall’inizio del Novecento fino agli anni cinquanta la maggior parte degli studenti universitari italiani che si schiera politicamente simpatizza per il fascismo e i movimenti che lo hanno preceduto. Per loro è un modo di contestare il “sistema” degli adulti così come faranno, dal 1968 al 1978, gli studenti di estrema sinistra.
Alla “mediocrità del presente”, nei primi anni del Novecento i giovani politicizzati oppongono confusi ideali di rinascita morale basati sui testi di pensatori come Friedrich Nietzsche. Personalmente Nietzsche era più o meno un liberale, ma basta leggere qualche sua opera per infervorarsi non si sa bene contro chi e per quale causa. Sia per lo stile di scrittura incendiario sia per i contenuti non facilmente comprensibili, almeno nel loro significato filosofico.
Questa esaltazione all’inizio non è circoscrivibile solo a quello che sarà il fascismo. La stessa storia del fondatore, Benito Mussolini, lo dimostra. Dirigente socialista dell’ala massimalista, che negli anni settanta sarebbe stata definita estremista e oggi radicale o antagonista, il giovane Mussolini è un pacifista, come dimostra la sua dura opposizione alla guerra italo-turca che porterà all’annessione della Libia. Battaglie politiche che lo fanno finire in galera e lo costringono a espatriare.
Sempre a fianco dei poveri, ateo (tanto da scrivere un romanzo licenzioso su un sacerdote), Mussolini è anche un fervente lettore di Nietzsche, o dei libri più o meno manipolati che la sorella del defunto filosofo pubblicava a suo nome.
Su alcuni giovani leader, non ancora su Mussolini, il vitalismo d’inizio Novecento porta a un sovvertimento della tradizione risorgimentale.
Se il Risorgimento teorizzato da Giuseppe Mazzini faceva coincidere l’unificazione dell’Italia con l’affermazione della democrazia, molti giovani d’inizio Novecento sono nazionalisti nel senso deteriore di aspiranti conquistatori per dimostrare la potenza dell’Italia. Non soltanto per volontà di conquista, soprattutto per il piacere della guerra in sé, che avrebbe tirato fuori le palle agli italiani pantofolai. Meglio morire da eroi che vivere da vigliacchi.
Molti altri erano individualisti e ben poco nazionalisti, anche se erano travolti più o meno dagli stessi fremiti.
Alcuni di questi giovinastri ricordano i giovinastri degli anni settanta delle Brigate Rosse: avrebbero potuto fare un po’ di casino, provocare un po’ di morti e sarebbe finita lì. Il problema è che, a differenza di quelli degli anni settanta, i giovanotti dalle tendenze più mazionaliste hanno simpatizzanti all’interno delle istituzioni, che all’occasione li sfruttano per i loro fini. Per esempio, fanno comodo a chi vuole far entrare l’Italia nella Prima guerra mondiale.
Dalle pagine del quotidiano socialista “Avanti!”, anche il direttore Benito Mussolini inizia a chiedersi se non sia il caso di entrare in guerra. I suoi detrattori sostengono che venga pagato dai guerrafondai, ma questa è una sciocchezza. Anche se i vertici socialisti sono contrari all’inutile bagno di sangue, molti socialisti della base sono invece favorevolissimi, convinti pure loro che il conflitto con l’Austria sarebbe l’ultima guerra risorgimentale per fare tornare Trento e Trieste all’Italia.
Anche Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, futuri fondatori del Partito comunista italiano, erano favorevoli alla guerra. E non credo li pagasse qualcuno.
Finanziato comunque da chi vuole la guerra, Mussolini fonda “Il Popolo d’Italia”, un quotidiano milanese che, in un’epoca ancora prova di radio e televisione, ha un potere enorme sulla formazione dell’opinione pubblica. Il giornale viene seguito dai molti socialisti che vogliono combattere e lo stesso Mussolini va in guerra: gli esplode una bomba tra le gambe e torna in redazione ferito.
Per chi vive la vita grama di quegli anni, entrare come volontari negli arditi, il corpo d’élite dell’esercito italiano, significa passare dalla tristezza dell’esistenza di una vita banale all’esaltazione continua. Il buon cibo, le puttane e l’alta considerazione sociale per il ruolo di combattimenti nelle prime linee formeranno un bagaglio di esperienze indimenticabili per chi le ha vissute.
Il ritorno dal fronte per gli eroi sarà però molto duro, e durissimo tornare al normale lavoro agli ordini di ex soldati delle retrovie o di imboscati. Loro che hanno combattuto per la gloria dell’Italia come possono ripiegarsi alla mediocrità della vita normale? Lo stesso cruccio lo vivranno dopo la Seconda guerra mondiale gli ex partigiani, malgrado la diversità delle esperienze.
Gli ex arditi, molti dei quali giovani irrequieti intrisi del vitalismo che abbiamo visto all’inizio, sono quindi facilmente utilizzabili da chi offre loro una causa provvisoria per cui lottare. Lo fa lo scrittore Gabriele D’Annunzio, trascinandoli nella occupazione della città di Fiume, che invece di finire all’Italia come la vicina Trieste, farà parte del nuovo Regno iugoslavo.
A rompere le uova nel paniere è stato il presidente americano Woodrow Wilson, fervente ammiratore di Mazzini, il quale ottiene che i territori degli sconfitti vengano dati ai popoli che ne fanno parte. D’Annunzio occupa Fiume il tempo necessario per inventare tutta la coreografia che sarà poi del fascismo, come il saluto romano davanti al duce (in quel caso, lui stesso). Ma sarebbe sbagliato definire fascista, con il senno di poi, questa esperienza che ha coinvolto anche gli arditi socialisti, per niente minoritari neppure tra i dirigenti dell’impresa fiumana.
Mussolini prende appunti nella speranza di scalzare la popolarità di Gabriele D’Annunzio tra i giovani romantici.
Fino a questo momento quelli che diventeranno i “fascisti” sono solo degli esaltati dalle idee politiche confuse, anche se in parte pervase di nazionalismo aggressivo, destinati a rimanere sullo sfondo della scena politica. Cosa li porta al potere? Indirettamente, la Rivoluzione russa.
Durante la Prima guerra mondiale i tedeschi cercano di destabilizzare i loro nemici. Inviano con un sottomarino il leader degli indipendentisti irlandesi per fomentare la rivolta nell’isola che all’epoca fa parte della Gran Bretagna (gli irlandesi, cattolici, non sono mai andati d’accordo con gli inglesi protestanti). Poi mettono in un treno blindato l’agitatore Lenin e lo spediscono in Russia quando i socialisti hanno già fatto la rivoluzione, deposto lo zar e instaurato la democrazia. Con un colpo di stato, Lenin schiaccia i partiti democratici e instaura la dittatura comunista per la prima volta al mondo. Come d’accordo, regala mezzo Impero russo ai tedeschi ed esce dalla guerra. Appena i tedeschi vengono sconfitti, riprende la guerra per occupare le terre occidentali. Manda Stalin alla conquista della Polonia, ma questi viene sonoramente sconfitto e allora la tattica cambia: saranno i partiti comunisti nazionali, che si formano staccandosi dai socialisti, a conquistare il potere dall’interno. È il cosiddetto “biennio rosso”. In Ungheria i comunisti locali conquistano il potere, così pure nel land tedesco della Baviera. Ma ben presto i comunisti vengono sconfitti ovunque, salvo in Russia.
In Italia il biennio rosso si risolve con l’occupazione di fabbriche da parte di operai armati e di terre da parte dei contadini, oltre di municipi e altre istituzioni locali. Lo Stato ha difficoltà ad affrontare la violenza diffusa, non se la sente di ordinare l’attacco di una fabbrica difesa da una mitragliatrice: significherebbe provocare un sacco di morti da entrambe le parti. Così il biennio rosso finisce nella stasi: alcuni pezzi di città diventano “indipendenti”, ma senza essere in grado di ampliare il controllo del territorio. Questa è l’occasione di Mussolini.
Il Partito fascista nasce nel 1919, con un programma più da partito di sinistra che di “estrema destra”. Il tentativo dei comunisti di trasformare i Paesi occidentali in province dell’Unione sovietica di fronte ai tentennamenti delle forze dell’ordine, porta Mussolini a radunare gli ex arditi per “salvare l’Italia”. Gli arditi, diventati in questo modo squadristi, utilizzano le tattiche militari che conoscono bene per attaccare i bastioni comunisti, e li espugnano uno a uno. A un certo punto in aiuto dei comunisti intervengono gli arditi di sinistra, che con le loro controtattiche militari riescono a sconfiggere i fascisti. Ma i comunisti cacciano in malo modo gli inattesi alleati, perché non vogliono avere niente a che fare con chi si fa vanto di avere combattuto in guerra (piuttosto ipocritamente dato che, come abbiamo visto, i loro principali leader non l’avevano avversata affatto).
Agli occhi dell’opinione pubblica i fascisti diventano i salvatori della patria, ma alle elezioni non riescono a raggiungere la maggioranza. Allora Mussolini organizza la “marcia su Roma”, una manifestazione diretta verso la capitale per assumere il potere. Naturalmente l’esercito potrebbe stroncarla sul nascere, e per questo motivo Mussolini rimane a Milano con l’idea di scappare in Svizzera se le cose si mettono male.
A questo punto bisogna parlare di Vittorio Emanuele III, il re che ha avvallato l’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale, che (a seguito della simbolica marcia su Roma) nel 1922 ha messo il governo nelle mani di Mussolini, che nel 1925 lo ha fatto diventare dittatore e che nel 1940 ha accettato di far entrare l’Italia nella Seconda guerra mondiale a fianco di Hitler attaccando la Francia già sconfitta dai tedeschi.
Figlio di Umberto I, assassinato dall’anarchico Bresci dopo che aveva fatto aprire il fuoco su una manifestazione operaia non particolarmente violenta a Milano, Vittorio Emanuele III è il peggior sovrano che l’Italia abbia avuto. Parlare male di questo re “solo” per avere firmato le leggi razziali, come si fa di solito, mi sembra riduttivo.
Tornando a Mussolini, ottenuta la maggioranza in parlamento in quanto considerato l’unico in grado di contrastare il comunismo, che all’epoca a molti sembra destinato a conquistare il mondo, esercita il potere senza alcuna coerenza. Prima repubblicano, pur di ottenere l’incarico di governo diventa subito monarchico. Nella formazione del governo, dopo essersi scontrato a sangue con la sinistra, vorrebbe due ministri della Cgil (il sindacato “rosso”), ma non li ottiene. Il suo governo non sarà banalmente a favore dei ricchi, come viene detto. Sarà, anzi, più vicino ai lavoratori dei precedenti. In ogni caso, come ogni futuro governante italiano che si rispetti, aumenterà il debito pubblico a tutto spiano per non dispiacere a nessuno.
Mussolini va condannato senza appello per avere instaurato la dittatura e per essersi alleato a Hitler con tutto quello che ne è seguito. Tra le tante cattive, di cose buone le hanno fatte tutti i dittatori (Cuba? Fidel Castro ha realizzato un’ottima sanità pubblica!), ma non bastano per salvarli dalla condanna della storia.
Immagino che la maggioranza dei lettori di questo articolo, riguardo alla salita al potere del fascismo, abbia solo sentito dire che i lavoratori volevano maggiori salari e Mussolini, pagato dai ricchi, li avesse prima fatti picchiare dalle squadracce e poi assunto i poteri per finire l’opera. Il che in un certo senso è vero, ma non spiega perché Mussolini fosse riuscito a ottenere il potere e perché fosse tanto popolare, anche all’estero.
Gli italiani non sostenevano il fascismo per paura: anzi, Mussolini era visto come un protettore. La maggioranza degli italiani aveva invece paura che i comunisti facessero in Italia quello che in quegli anni facevano in Russia (ne parlo diffusamente qui).
La lezione che ci ha insegnato la storia con il fascismo…
Oggi gli italiani sono spaventati dalla miseria crescente. Non è il caso di agitarli ulteriormente dicendo che arriveranno altre centinaia di migliaia di migranti a contendergli gli scarsi fondi destinati al welfare, a fargli concorrenza nella ricerca dei pochi posti di lavoro e a tenere bassi i salari. Altrimenti prima o poi gli italiani torneranno a votare per quello cattivo.
Il paradiso immaginato da pochi illuminati, sia esso la gloriosa Russia dei soviet o la gloriosa società multietnica, per la maggioranza potrà sembrare l’inferno. Invece di definire già fascista o razzista questa maggioranza, occorre fare di tutto per non farla diventare fascista o razzista.
Immagine in apertura: Alessandro Bruschetti “Sintesi fascista” (1930, dettaglio)
Dissento completamente. Stando a quello che mi raccontò mio nonno, Mussolini era popolare perchè aveva subito il lavaggio del cervello e chi lo rifiutava veniva picchiato ed escluso dalla società come capitò a lui.
Basta controllare i media, come sta facendo Putin in Russia.