DAL GOTICO INGLESE ALL’ITALIANO CARLO H. DE’ MEDICI

DAL GOTICO INGLESE ALL’ITALIANO CARLO H. DE’ MEDICI
“Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”
(Blaise Pascal)

Quando si entra per la prima volta in un vasto universo narrativo, una delle vie per fornire una mappa orientativa è un piccolo elenco di autori o libri. A chi ne ha già varcato la porta, invece, ogni singolo titolo risveglia il ricordo di mondi diversi che, seppure esistono all’interno di una stessa galassia, si differenziano per stile, obiettivi, sfumature, argomenti, evoluzione e tutto ciò che va a confluire nella creazione di un romanzo.

Per letteratura gotica si intende una corrente narrativa nata tra il 1760 e il 1820, che ha poi visto uno sviluppo e un cambiamento continuativi fino ai nostri giorni. Fu rivoluzionaria, nel senso che si contrappose al pensiero del suo tempo, cioè quello illuminista e razionalista, rivendicando il caos, il barbarico, la violenza, l’arcaico, l’emozione, il pagano, a fronte del coesistente periodo classico ordinato, civilizzato e luminoso che vedeva nel progresso scientifico e nella ragione gli unici portatori della vera conoscenza.

Romantico e orrore sono gli elementi fondamentali di cui è composta, perlomeno all’origine, e trova ambientazione in un’atmosfera arcaica o d’ispirazione medioevale (secondo la prospettiva data nel Settecento al termine “medievale”), come castelli infestati da fantasmi o vecchie magioni abbandonate, dove si aggirano protagonisti stereotipati in una crescente suspense determinata da un notevole uso del soprannaturale. Allo stesso tempo, attingendo al mito e alla tradizione e arrivando a sfociare nel sublime, dove per sublime si intende quel terrore che sfocia in stupore, astonishment, uno stato emotivo di apice in cui ogni altra emozione è stata spazzata via.

Per intenderci, alcuni dei primi grandi scrittori di questo periodo sono il precursore Horace Walpole con Il castello di Otranto, Clara Reeve e Il vecchio barone inglese, Ann Radcliffe e il suo I misteri di Udolpho, Matthew Lewis con Il monaco.

Horace Walpole: The Castle of Otranto: A Gothic Story (1796). Frontespizio e tavola (The Newberry Library, John M. Wing Foundation)

Il termine “gotico“, nel corso del tempo, è stato affiancato a diverse tipologie di narrazioni e scrittori, dando luogo a quella che è stata definita letteratura del terrore. Alcuni dei testi o autori principi imprescindibili o esemplificativi per conoscere la scaletta evolutiva e le sue ramificazioni sono Il vampiro di John William Polidori, Melmoth l’errante di Charles R. Maturin, Frankenstein di Mary Shelley, Walter Scott, Edward Bulwer-Lytton, Nathaniel Hawthorne, Edgar Allan Poe, Charles Dickens, Joseph Sheridan Le Fanu.

Nel gotico moderno Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson, Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, L’isola del dottor Moreau di H.G. Wells, Dracula di Bram Stoker, Il grande dio Pan di Arthur Machen.

Il tardo gotico americano trova in Ambrose Pierce, Robert W. Chambers e Howard P. Lovecraft i suoi maestri. In Europa alcune narrazioni di Henry James, che seppure di nascita statunitense accoglie in sé un’eredità strettamente europea. Guy de Maupassant

Il tema del fantasma, della presenza soprannaturale, viene scavato da Arthur Conan Doyle, H.G. Wells, Algernon Blackwood.

In epoca moderna, solo per citare pochissimi autori, alcune narrazioni di William Burroughs, James G. Ballard, Angela Carter.
Vogliamo aggiungere anche Stephen King e Anne Rice?

Giulio Verne: Il Castello dei Carpazi (Paolo Carrara, 1898). Prima edizione italiana. Le Château des Carpathes fu pubblicato nel 1892

Illustrazione di Leon Bernett dall’edizione originale francese “Le Château des Carpathes” di Jules Verne (1892)

Un fatto appare da questo incipit: non esiste un solo autore italiano. Be’, l’origine del romanzo gotico è inglese, ma una letteratura gotica italiana c’è stata e continua a esserci. Con la premessa che in Italia non si parlava di gotico, ma di romantico, e che questa letteratura arrivò nel nostro Paese in ritardo rispetto all’Inghilterra, e cioè con la Scapigliatura nella seconda metà dell’Ottocento. Gli inglesi parlavano anche di horror, terror, supernatural o German (in accordo con il termine originale che descriveva il gotico delle architetture tedesche). I francesi la chiamavano, invece, roman anglais, roman noir, littérature frénétique. I tedeschi distinguevano tra Schauerroman, romanzo del brivido, Gespensterroman, romanzo di fantasmi, e Räuberroman, romanzo di banditi.

Il primo anticipatore italiano e padre di questa letteratura in Italia fu Gaetano Polidori (1763 – 1853) con il poemetto La magion del terrore. Segretario del bizzoso e superbo Vittorio Alfieri, nelle note al poemetto il lettore troverà anche la sua formidabile e irridente descrizione del rapporto col poeta astigiano. Emigrato a Londra, dove si sposerà e avrà otto figli, sarà il padre di quel John William Polidori che tutti conosciamo per aver scritto Il vampiro, il primo racconto di letteratura moderna in cui compaiono vampiri. Non solo, una delle figlie sposerà Gabriele Rossetti, il padre di Dante Gabriel Rossetti, uno dei fondatori del movimento artistico dei Preraffaelliti. Non si può dire che in quella famiglia non scorresse sangue d’arte e anticipazione.

Poco dopo arrivano gli anni in cui emerge Allan Kardec, il pedagogista e filosofo francese, fondatore e codificatore dello spiritismo, dottrina resa pubblica nel 1857 attraverso cinque suoi libri, in cui postula l’esistenza di intelligenze incorporee, cioè coloro che comunemente vengono chiamati spiriti, il cui messaggio è passibile di trasmissione attraverso una persona fisica che si rende medium. Tra i molti, sir Arthur Conan Doyle ne continuerà gli studi.

Ma non è a questo tipo di fantasmi che si riallaccia Antonio Fogazzaro (1842 – 1911), ma piuttosto alla tradizione cinquecentesca italiana di fantasmi travagliati come nel caso della nobildonna Beatrice Cenci, giustiziata con decapitazione per l’assassinio del padre e poi diventata eroina popolare. Oppure a figure di fantasmi ossessionati, come quello di Olimpia Maidalchini detta la Pimpaccia, che viene ricordata per l’avidità di potere e denaro. Lo farà con Malombra (1881), un romanzo ambientato in una villa lacustre (gli sarà d’ispirazione la Villa Pliniana, sul lago di Como) in cui misticismo nero, occultismo, pazzia ed erotismo, sono i motivi fondanti su cui poggiano le vicende dell’affascinante protagonista Marina, donna archetipo che riassume in sé passioni contrastanti e antitetiche.

A. Fogazzaro: Malombra (Casa Editrice Galli di C. Chiesa, Flli Omodei-Zorini e F. Guindani (1896). Frontespizio

Quella della Scapigliatura fu una letteratura bistrattata, ma ai suoi promotori si deve, per nostra fortuna, l’aver accolto fra le altre cose le istanze del gotico. D’altronde, solo chi sa vedere la realtà in modo ampio può andare oltre le prospettive e le convinzioni del proprio tempo. A volte costa un prezzo, come costò ai nostri scapigliati, ma ha il suo ritorno attraverso un processo di “eternizzazione”, di rivalutazione o riscoperta, nel momento in cui i posteri riescono a coglierne il valore documentativo. Sempre ammesso che i persecutori, nel loro anelito alla censura, alla devastazione e alla rimozione, non distruggano tutto impedendo a chi verrà dopo di poter sapere. Nel nostro caso, come vedremo, il biasimo non aiutò alla conservazione.
In un periodo diviso come quello presente e con una situazione per certi versi simile a quella che si presentava nel momento in cui il diktat illuminista si era assestato e ormai dettava legge, per contrapposizione è naturale che questa letteratura sia stata oggetto di riscoperta e rivalutazione.

Uno degli ultimi casi è di poco tempo fa: per i torchi della neonata Black Dog edizioni è uscita nel 2019 la prima raccolta di una trilogia intitolata Racconti italiani gotici e fantastici, curata da Dario Pontuale. Raccoglie scritti di Arrigo e Camillo Boito, Luigi Capuana, Iginio Ugo Tarchetti, Federico Verdinois, Remigio Zena, Italo Svevo, Emilio De Marchi, Salvatore Di Giacomo. Tutti autori che diedero in senso gotico.
Da notare come siano stati inclusi i fratelli Boito. L’opera lirica La falce, composta da Alfredo Catalani nel 1875, su libretto di Arrigo Boito, è infatti un esempio di gotico. E non l’unico. Altri esempi di narrazione gotica si trovano nella decima opera lirica di Giuseppe Verdi, il Macbeth (1847; con edizione definiva nel 1865), su libretto di Francesco Maria Piave.

Ancora prima, nel 2015, Stilo Editrice ha dato alle stampe L’epifania dell’orrore, Novelle gotiche italiane, un testo curato da Giuseppe Ceddia, in cui compaiono altri autori che ci interessano: Diodata Saluzzo Roero, Cesare Balbo, Giambattista Bazzoni, Domenico Ciampoli, Nicola Misasi, Giovanni Magherini Graziani, Emma Perodi, C. Spagnolo-Turco, Egisto Roggero, Giovanni Papini.
Importanti sono le antologie di autori italiani di Gilberto Finzi (Racconti neri della scapigliatura), Enrico Ghidetti (Notturno italiano, Racconti fantastici dell’Ottocento), Riccardo Reim (Racconti neri e fantastici dell’Ottocento italiano), Gianni Pilo e Sebastiano Fusco (Fantasmi italiani).

Andrea De Luca nel suo saggio La scienza, la morte, gli spiriti – Le origini del romanzo noir nell’Italia fra Otto e Novecento (Marsilio, 2019) offre spunti gotici, seppure il suo impianto dimostrativo sia rivolto al noir e al giallo. Così, a un certo punto, scrive: “… è difficile tracciare una netta linea di separazione tra generi in questa epoca. In questo tipo di romanzo la commistione tra giudiziario, giallo, gotico, denuncia sociale è davvero alta.“. Per il nostro argomento, tra gli autori del saggio spicca Francesco Mastriani.

Elementi gotici si trovano anche nel nostro romanzo storico, per esempio in quello di Alessandro Manzoni, Giambattista Bazzoni, Francesco Domenico Guerrazzi e Massimo D’Azeglio.
Sublimi sono i fantasmi di Giovanni Verga nel racconto Le storie del castello di Trezza (1875), di Amilcare Lauria in Notizie dell’altro mondo (1893), di Edoardo Calandra in Due spaventi (1910).

A questo punto, credo che il lettore digiuno di gotico abbia gli elementi per iniziare e, se ne avrà l’estro, approfondire. Occorrerebbe anche un accenno al gotico contemporaneo, e quindi mi butto facendo torto a quasi tutti: tra i migliori romanzi Ho freddo e Tecniche di resurrezione di Gianfranco Manfredi (sì, proprio lo sceneggiatore del fumetto Magico vento dell’editore Bonelli). Michele Mari non si può omettere. Danilo Arona, Eraldo Baldini, Valerio Vangelisti nel ciclo dell’Inquisitore Eymerich, e altri ancora.

Aggiungiamo Tiziano Sclavi, lo scrittore e fumettista noto per la creazione di Dylan Dog? Sto pensando al romanzo Dellamorte Dellamore.

 

La magia gotica di Carlo H. De’ Medici

 

DAL GOTICO INGLESE A QUELLO ITALIANO DI CARLO H. DE' MEDICI

Carlo H. De’ Medici: Gomoria, edizione originale del 1921

DAL GOTICO INGLESE A QUELLO ITALIANO DI CARLO H. DE' MEDICI

De’ Medici: Gomoria (ristampa di Edizioni Cliquot, 2018)

Grazie alle ricerche delle Edizioni Cliquot, interessate alla pubblicazione di scritti andati fuori stampa o dimenticati, e perfino inediti (qui una panoramica delle sue collane), è stato riscoperto un autore italiano sorprendente: Carlo H. De’ Medici.

Le opere che hanno rivisto la luce dopo circa un secolo sono Gomoria, Racconto magico, romanzo che era stato pubblicato nel 1921 dall’editore milanese Facchi, ristampato da Cliquot nel 2018 (collana “Fantastica”, 3) includendo la copertina e le illustrazioni originali dello stesso De’ Medici, immagini di eccezionale suggestione e di buonissima mano eseguite secondo la tecnica della xilografia.

DAL GOTICO INGLESE A QUELLO ITALIANO DI CARLO H. DE' MEDICI

De’ Medici: I topi del cimitero (Cliquot, 2019)

Successivamente, Cliquot ha mandato in ristampa nel 2019 (collana “Fantastica”, 4) un’altra opera di De’ Medici, I topi del cimitero, Racconti crudeli, una raccolta di racconti pubblicati nel 1924 da Bottega d’Arte di Trieste. Anche qui mantenendo copertina e illustrazioni originali dell’Autore.
Nel volume di Cliquot sono presenti in aggiunta quattro racconti che originariamente appartenevano alla raccolta Crudeltà, pubblicata dall’editore La Sfinge nel 1927.

De’ Medici: Gomoria, edizione originale del 1921. Incipit

Gaetano Trevi (…) era figlio di due cugini, e quel matrimonio consanguineo dei suoi genitori era stato il colpo di grazia alla decaduta costituzione familiare.
Piccolo, magro, anemico e nervoso, le guance infossate, il naso aquilino e osseo, le mani mingherline e asciutte, egli non aveva che un punto di sutura coi feroci suoi antenati: l’occhio, l’occhio vivo, penetrante, coraggioso, d’un colore grigio freddo d’acciaio.

(da Gomoria)

Gomoria, Racconto magico è un romanzo importante per più di un motivo.
Si presenta come un classico del romanzo gotico, contenendo in sé gli stilemi del genere ma con risultati originali e inediti.
È innegabilmente un romanzo esoterico e, come tale, la narrazione sviluppa un percorso iniziatico, rivelato dalla metafora della storia. Dove per rivelato intendo “tornare a velare”. Non è forse vero che, con questo termine, si indica un contenuto che non appare nudo, ma la sua forma viene rivelata/mostrata proprio dal velo che la copre?
Presenta un caso di anticipazione: nella ricca biblioteca del protagonista c’è un libro magico, uno pseudobiblion, cioè un libro inesistente e immaginario, attribuito all’astrologo italiano rinascimentale Cosimo Ruggeri. L’invenzione di questo terribile libro “rilegato in pelle di bambino senza battesimo” precede di ben tre anni l’apparizione del Necronomicon di H.P. Lovecraft che troviamo per la prima volta nel racconto Il cane, scritto nel 1922 e pubblicato nel 1924.
Con questo, la tesi che la narrativa italiana fantastica delle origini sia povera di idee e imitativa diventerebbe poco veritiera. Invece, potrebbe essere che non sia stata indagata a dovere, o comunque sostenuta, se dobbiamo scoprire solo cent’anni dopo perle che non sapevamo di avere. Del resto, la critica del suo tempo aveva bollato l’opera di De’ Medici come oscena, anche per i diffusi contenuti erotici. Nella postfazione a Gomoria, il saggista Guido Andrea Pautasso, così racconta: “L’emozionante romanzo dell’esordiente De’ Medici, tutt’altro che un fenomeno editoriale commerciale, rappresentò una sorta di shock culturale per i critici che lo relegarono ingiustamente nel limbo di quei libri definiti Triviallitteratur o letteratura marginale”. Per nostra fortuna, non sfuggì, però, all’artista Anita Pittoni e allo scrittore Italo Svevo, che hanno un ruolo nella riscoperta di questo testo, come vedremo più avanti.
Infine, Gomoria non è un testo di bassa letteratura popolare, ma esempio di scrittura alta ed elegante, con soluzioni narrative e tecniche di scrittura sapienti. Del resto l’Autore ha attinenze con Joris-Karl Huysmans, Auguste de Villiers de L’Isle-Adam, Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire; oltre a innestarsi in quella letteratura fantastica dagli intenti esoterici che si è manifestata nello scrittore austriaco Gustav Meyrink, negli autori francesi affiliati all’Ordine Cabalistico della Rosa-Croce, o in quelli inglesi legati alla Golden Dawn, l’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata, come Arthur Machen e Algernon Blackwood.

De’ Medici: Gomoria, illustrazione interna (Cliquot, 2018)

La storia prende avvio da un impianto realistico in cui si muove l’ultimo discendente della nobile famiglia dei Trevi di Montegufo, Gaetano Trevi, un essere apatico, dedito a eccessi e sperpero. Perfetto rappresentante del Decadentismo, che riunisce in sé tutte le istanze di questa corrente.

La cornice napoletana iniziale sarà sostituita in un secondo momento dal castello di Malanotte, in Maremma, dove il romanzo acquisterà quella sua valenza magica che promette. I cambi di scenario evidenziano una relazione con il progressivo tracollo del protagonista e della famiglia, e in senso più ampio simboleggiano la degenerazione della società di massa verso aspetti materialistici, dando luogo a una implicita critica. Quest’ultima sottolineata anche dal topos dello scapolo ottocentesco, tipico di questa letteratura e rappresentato dal protagonista, dove la condizione di celibe in una società attiva e tendente ad assicurarsi discendenza, ne conferma il ruolo sovversivo e anticonformista, sia che egli snobbi la società e le sue regole o la perseguiti con crudeltà. Non è un caso il comportamento di Gaetano Trevi nei confronti della piccola Zimzerla, anche se poi quest’ultima assumerà ben altro ruolo.

De’ Medici: Gomoria, edizione originale del 1921. Illustrazione conclusiva

Gomoria (Gremory, o altra mutazione linguistica), da cui il romanzo prende il titolo, è uno dei sessantanove demoni citati nel grimorio Pseudomonarchia Dæmonum (1563) del medico e demonologo olandese Johann Wier, che secondo la tradizione occulta si manifesta nelle sembianze di una donna irresistibilmente seducente (i grimori erano libri di magia, per lo più compilati tra la fine del Medioevo e l’inizio del Diciottesimo secolo). Risulta quindi evidente che la promessa del sottotitolo allude anche a un aspetto esoterico che sfonda nel demonologico.

Uso le parole di Guido Andrea Pautasso per concludere con Gomoria e, allo stesso tempo, menzionare quegli autori italiani del Novecento che ho omesso nell’introduzione: “… il romanzo di De’ Medici si ritaglia un ruolo inatteso nel percorso della cosiddetta letteratura fantastica e, pertanto, può essere considerato un fenomeno originale nel panorama della letteratura italiana del Novecento, accomunato a opere ben più note scritte da Massimo Bontempelli, Alberto Savinio, Luigi Pirandello, Dino Buzzati, Tommaso Landolfi, Italo Calvino e Primo Levi, e avvicinato agli autori crepuscolari e agli scritti vampirici e esoterici di Filippo Tommaso Marinetti e dei futuristi”.

De’ Medici: I topi del cimitero, edizione originale del 1924

“Ma quale? Quale delle due amo io di più?” mi chiedevo durante le interminabili e febbrili notti senza pace, sondando il mio cuore, i miei sensi, l’anima mia e torturandomi in desideri morbosi.
(…)
“Ma quale? Quale delle due mi ama dunque di più?” continuavo a domandarmi, giorno e notte, nel dubbio che minava la mia pace e rendeva febbrile, assillante, il mio desiderio insoddisfatto.

da “Per la mia pace” (I Topi del cimitero)

Nella prefazione alla ristampa di I Topi del cimitero, Racconti crudeli l’editore Cliquot, nella veste di Federico Cenci, ci racconta le circostanze del ritrovamento di Gomoria.
La prefazione è apparsa integralmente sul sito Cattedrale – Osservatorio sul racconto (La grande caccia a Carlo H. De’ Medici, 3 febbraio 2020), e compare dopo l’introduzione dell’articolista col titolo originale: Carlo Hakim De’ Medici: storia di una riscoperta, di Federico Cenci.

Ma compaiono anche notizie intorno a Carlo H. De’ Medici, personaggio misterioso e ancora da scoprire.
Secondo l’editore, De’ Medici sembrerebbe nato a Parigi il 29 agosto 1887. Non si conosce la data di morte. Il padre, Giovanni Hakim (autorizzato con regio decreto del 1889 a chiamarsi De’ Medici e a estendere questo diritto ai figli), pare fosse un ricco banchiere ebreo parigino; mentre il nonno, Giuseppe Hakim, era stato amministratore della sinagoga Eliyahu Hanavi ad Alessandria d’Egitto. Non si conosce il motivo della migrazione da Alessandria a Parigi, e poi ancora a Gradisca d’Isonzo, all’epoca parte dell’Impero austro-ungarico e oggi comune della provincia di Friuli-Venezia Giulia. Il trasferimento a Gradisca dovrebbe essere avvenuto dopo la morte del padre, nel 1900, insieme alla madre, un’altra figura misteriosa di cui si sa pochissimo: “donna di famiglia non ricca, non nobile, nativa di Eichstätt, in Baviera”. Si sa invece che nel 1921, in seguito alla dissipazione del patrimonio familiare per i suoi studi magici e a qualche investimento sbagliato, vendette la proprietà e si trasferì in una zona della Lombardia non meglio precisata, dove svanisce nel nulla.

DAL GOTICO INGLESE A QUELLO ITALIANO DI CARLO H. DE' MEDICI

De’ Medici: I topi del cimitero (Cliquot, 2019). Alcune illustrazioni interne

Secondo altre fonti, “il vero cognome (di Carlo H. De’ Medici, n.d.r.) dovrebbe essere Verstl Eichtaedt, nobile polacco, nato a Parigi nel 1887 – la data di morte, non è nota – vissuto in provincia, a Gradisca d’Isonzo; giornalista, scrittore e illustratore” (Walter Catalano, in Romanzo esoterico vintage, Pulplibri.it, 15 gennaio 2019).

Secondo un’altra fonte ancora, parrebbe nato “da padre italiano e madre di nobili origini polacche” (Luigi Mascheroni, in Quel dandy “fantastico” che piaceva a Svevo…, Il Giornale.it, 2 gennaio 2019).

Probabilmente questa divergenza di notizie è dovuta alla voce “De’ Medici Carlo Hakim”, contenuta in Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi, pag. 190 (A.F. Formìggini Editore in Roma, 1928), che così recita:
“pubblicista, n. a Parigi il 29-VIII-1887 da Giovanni e da Maria Verstl v. Eichtaedt.
Milano (16), via Ariberto 29, tel. 31652.
Gradisca d’Isonzo (Gorizia), villa Medici.
Collabora con art. di varietà e nov. a riv. e quot.
Op.: Roma (studio esoterico, in franc.), Parigi, 1915: Jésus, (id.), ib., 1915; Gomoria (rom.), Milano, 1922; Leggende friulane, Trieste, 1923; I topi del cimitero (racc.), ib., 1924; Nirvana d’amore (rom.), Milano, 1925; Racconti crudeli, ib., 1927.”.

A delucidazione delle incongruenze appena menzionate, nella postfazione di Guido Andrea Pautasso a Gomoria, lo studioso spiega come è pervenuto, attraverso un controllo incrociato di più testi di cui indica le estremità editoriali, a quelle che sono le notizie certe circa Carlo H. De’ Medici. E che, almeno per ora, sono quanto abbiamo di sicuro.
Non ultimo, al di là di tutti questi cavilli, quel che conta è che il romanzo e la raccolta di racconti siano stati riscoperti.

DAL GOTICO INGLESE A QUELLO ITALIANO DI CARLO H. DE' MEDICI

da “Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi”, pag. 190 (Roma, A.F. Formìggini Editore, 1928)

Per quanto riguarda, invece, le migliori interpretazioni della letteratura di De’ Medici apparse in Rete, senz’altro ci sono quelle di Christian Lamberti (in Gomoria, di Carlo H. De’ Medici, Il crocevia dei mondi, 31 dicembre 2018 – e in I topi del cimitero, di Carlo H. De’ Medici, Il crocevia dei mondi, 11 gennaio 2020). Consiglio, però, di leggere le sue considerazioni (più che recensioni sono esegesi dell’opera di De’ Medici) solo dopo aver letto Gomoria e la successiva raccolta di racconti, perché l’articolista si diffonde su particolari che inficerebbero la sorpresa della lettura.

Il Fondo bibliotecario nazionale conserva più opere di De’ Medici, oltre alle due edizioni oggi ristampate delle edizioni Cliquot (senza dimenticare l’edizione de I topi, accresciuta e rivista del 1927 dal titolo Crudeltà, ma che manca al Fondo).
Nella lista degli esemplari conservati troviamo anche Leggende friulane, pubblicate in due tirature, entrambe con 20 illustrazioni di Cleo Miradic (Trieste, Bottega d’Arte, 1924; edizione speciale concessa dall’autore al giornale “L’Emigrante” / Trieste, Bottega d’Arte, 1924; edizione di lusso, tiratura di 300 esemplari timbrati e firmati dall’autore). Questo testo non risulta presente nel repertorio della “Bibliografia delle tradizioni Popolari d’Italia” di Giuseppe Pitrè.

Inoltre, nel Fondo c’è anche il romanzo Nirvana d’amore (Trieste, Bottega d’Arte, 1925).

DAL GOTICO INGLESE A QUELLO ITALIANO DI CARLO H. DE' MEDICI

De’ Medici: Leggende friulane (Trieste, Bottega d’Arte, 1924)

DAL GOTICO INGLESE A QUELLO ITALIANO DI CARLO H. DE' MEDICI

De’ Medici: Nirvana d’amore (Trieste, Bottega d’Arte, 1925). Frontespizio

Ci sono, poi, due testi, il primo forse di carattere storico-locale, dal titolo Aquileia seconda Roma: una rievocazione (Gorizia, Edizioni Abc, 1939; Udine: Del Bianco & F.; edizione di lusso in 500 esemplari numerati), e un secondo di carattere locale dal titolo Cervignano e dintorni (non presente nel Fondo, e di cui non sono riuscita a rilevare la data, perché in vendita in Rete, ma con copertura della scheda visibile solo agli associati).
Nel Fondo è presente anche una traduzione del romanzo Laggiù di Joris-Karl Huysmans (Milano, Corbaccio, 1929; e successive ristampe).
Invece non ho idea se la raccolta di racconti Tre donne (Bologna-Rocca S. Casciano, L. Cappelli, 1933) e Lettere a pinco pallino: un libro postumo (Gorizia, Edizioni Abc, 1933; Palermo, Tip. La Luce) siano di carattere fantastico. D’altronde le recenti avversità hanno impedito spostamenti e, data l’esiguità di copie depositate, immagino che le biblioteche non spediscano i testi in questione.
Non c’è traccia dei testi di occultismo ed esoterismo, che secondo il sopracitato Christian Lamberti sarebbero stati scritti in un periodo che va da un primo esordio in sordina nel 1909, con una raccolta di novelle pubblicata a spese dell’Autore dal titolo Macchie, a prima del vero e proprio esordio con Gomoria nel 1921, tanto meno dei due testi citati nel Chi è di Formiggini. Abbiamo però visto che Formiggini ne cita almeno due.
Resta il fatto che l’ultima pubblicazione documentata, almeno per adesso, è il testo su Aquileia, nonostante il sottotitolo di Lettere a pinco pallino rechi romanzo postumo. Quindi si potrebbe supporre che Carlo H. De’ Medici, se ha scritto fino alla fine, sia morto poco dopo il 1939.

In ogni caso, proprio in virtù della sua bibliografia conosciuta, appare chiaro il fatto che De’ Medici sia stato uno studioso di scienze occulte.
Quanto alla raccolta de I topi del cimitero, è esauriente l’analisi di Christian Lamberti, con il reiterato consiglio di valutarla solo dopo aver letto l’opera di Carlo H. De’ Medici.
Per quanto mi riguarda, posso aggiungere che, una volta letta, non mancherà il desiderio di tornare a leggerla, perché nasconde ben più di quello che mostra. Ogni racconto è un universo a sé, per tematiche e orrore.

Infine, un plauso all’editore per entrambe le edizioni, di cui si tocca con mano la massima cura dedicata.

Firma autografa di Carlo H. De’ Medici (da “Leggende friulane”, tiratura di soli 300 esemplari firmati e numerati), reperibile sul blog di Furio Gaudiano, il gradiscano che ha avuto una parte importante nella ricostruzione bio-bibliografica di De’ Medici. Ne parla Federico Cenci nella sua introduzione

 

 

 

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2 commenti

  1. Bell’articolo che però non tiene conto, probabilmente per la difficoltà nel reperire letture così lontane nel tempo, la vera e forte fonte di ispirazione di Gomoria che va ricercata nel racconto “La Camera Rossa” contenuto nella fantastica raccolta “Novelle Selvagge” di Ferdinando Paolieri, il macchiaiolo cantore della Maremma, edito nel 1918, tre anni prima. Sebbene ciò ne mini un pochino l’originalità Gomoria rimane un bellissimo libro e la casa editrice Cliquot ha fatto un lavoro egregio nel riportarlo alla luce in una pregevole edizione completa dei disegni originali dell’autore.

  2. ho tra le mani “i topi del cimitero” che leggerò a breve ma grazie a questo stupendo articolo sarà mia premura procurarmi altri titoli grazie

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