IL CAPITAN AMERICA PSICHEDELICO DI JIM STERANKO

Nella sterminata produzione Marvel ci sono “archi di storie”, come quella di John Romita Senior sull’Uomo Ragno e di Gene Colan su Dracula, che sono durate anni. Altre run, invece, pur durando pochi numeri hanno lasciato un ricordo altrettanto grande. Tra queste ultime possiamo sicuramente citare i tre numeri di Capitan America scritti e disegnati da Jim Steranko, l’artista psichedelico che diede una scossa al linguaggio grafico dei fumetti di supereroi sul finire degli anni sessanta.
Dopo il ritorno di Capitan America dalla Seconda guerra mondiale, avvenuto su Avengers n. 4 del marzo 1964, le avventure dell’eroe a stelle e strisce sono state pubblicate su Tales of Suspense a partire dal numero 59 del novembre 1964, dalla coppia Stan Lee e Jack Kirby. Nell’aprile del 1968, Cap ha un albo tutto suo che porta da subito il numero 100, continuando la numerazione di Tales of Suspense pur cambiando testata. Mentre prima le storie del capitano erano di una decina pagine, ora salgono a una ventina come quelle dei principali personaggi Marvel. Sul numero 110 ai disegni arriva Jim Steranko.
Capitan America n. 110
L’albo inizia con una impaginazione poderosa. Una sottile striscia di cinque vignette occupa la parte superiore, dove un uomo avanza nella notte illuminata soltanto dalla luce di un lampione. L’atmosfera è cupa, simile a quella di un noir, tanto da ricordare certe vignette dello Spirit di Will Eisner. Segue nella parte inferiore della pagina un grande vignetta che mostra Steve Rogers, l’alter ego del supereroe, fumare una sigaretta mentre proietta la propria ombra su un manifesto con il volto di Capitan America.
Nella seconda pagina si entra subito nell’azione con due gigantesche mani verdi che erompono da un muro. Si tratta dell’incredibile Hulk, incazzato perché inseguito da un gruppo di militari che cerca di catturarlo.
Si tratta di un Hulk particolare, reso da Steranko secondo proporzioni canoniche ed equilibrate. Non ha la testa piccola in rapporto al corpo gigantesco, come di solito viene raffigurato.
A questo punto Steve Rogers si cambia in Capitan America. Insieme a lui entra in scena anche il vero protagonista di questo numero: Rick Jones, l’unico vero amico che il possente Hulk abbia mai avuto. La presenza di Hulk non dà qui origine al tipico crossover Marvel, dato che il gigante verde presto esce di scena. Hulk è, appunto, servito soltanto per introdurre nella storia Rick Jones. Il quale, rimasto ferito, viene portato in salvo da Cap, che rivede in lui l’amata figura del fedele Bucky Barnes. Il suo “Robin” di un tempo, morto alla fine della guerra.
Il trascorrere del tempo è reso da Steranko facendo muovere il protagonista all’interno di una sequenza di quattro vignette. Un altro dei trucchi utilizzati da Steranko è il passaggio di colpo da una scena di quiete a una di azione. Così avviene a pagina 11, dove Capitan America e Rick Jones, che per l’occasione indossa il costume di Bucky, scendono nelle fogne.
Una splendida splash page si estende su due pagine, dove i due eroi si trovano all’improvviso a dover affrontare ventotto (contateli, sono proprio ventotto) agenti dell’Hydra, la “Spectre” della Marvel nelle loro tutine verdi e gialle e armati fino ai denti.
Debutta in questo numero Madame Hydra, una dark lady fasciata in un attillatissimo costume di pelle che ne mette in risalto le forme sensuali. Armata di una frusta in stile sadomaso, rimanda a certe supereroine degli anni quaranta. Steranko le conosce bene, essendo anche uno storico del fumetto.
Capitan America n. 111
Anche questo numero si apre con un’invenzione grafica: una pagina muta ambientata in una sala giochi, mostrata attraverso una serie di piccole vignette dai colori acidi. Nell’ultima, il responso che esce da una macchina che predice il futuro è il titolo dell’albo: “Domani tu vivi, stanotte io muoio”.
La pagina spicca per la sua colorazione visionaria e psichedelica, opera dello stesso autore, pratica piuttosto inusuale ai tempi. La maggior parte dei fumetti della Marvel erano colorati dal direttore del dipartimento di colorazione Stan Goldberg. Nella sequenza successiva, il forte senso del colore di Jim Steranko aiuta a “far apparire” l’insieme, dove gli assalitori di Cap hanno toni uniformi mentre il capitano è reso con la colorazione classica. Così il disegnatore riesce a rafforzare il senso di distacco e a rendere più comprensibile la complessità della azione. Le pagine che seguono sono piene di movimento, lo scontro tra Cap e gli agenti dell’Hydra è un capolavoro cinetico. Il quale si conclude con il lancio violentissimo dello scudo, che taglia in due l’automa mentre spara al nostro eroe.
La potenza del lancio è amplificata dalle linee prospettiche della pavimentazione, che guidano i nostri occhi lungo il percorso dello scudo. Jim Steranko non sta inventando nulla di nuovo, l’utilizzo di un pavimento piastrellato per rinforzare l’efficacia prospettica era da anni un marchio di fabbrica di una Carmine Infantino.
Steranko sta semplicemente mescolando diversi trucchi e tecniche artistiche fondendole in modo personale, per mettere in risalto l’energia e il dinamismo dei personaggi.
L’utilizzo del pavimento piastrellato ritorna nella scena seguente, per attirare la nostra attenzione su Madame Hydra. La quale, sempre più sexy, se ne sta in una posa drammatica ripresa dal basso di fronte agli uomini ai suoi piedi. Lo sfondo è vuoto per evitare di distrarci dalle figure, ma Jim Steranko lo riempie sapientemente con il fumo delle torce accese e il gigantesco simbolo dell’Hydra che esprime la sensazione di pericolo. Madame indossa tacchi a spillo vertiginosi perché, come ogni dominatrice che si rispetti, deve risultare sempre fashion e letale nello stesso tempo.
Più avanti, quando Cap addestra Rick Jones per dargli il posto di Bucky come suo partner, Jim Steranko utilizza la tecnica della “azione che continua attraverso i pannelli” rappresentando il movimento della figura in primo piano contro uno sfondo che rimane statico. Per inciso le figure che compongono la sequenza, pur nella loro innegabile efficacia cinetica, appaiano impossibili dal punto di vista anatomico.
A pagina 9 e 10 ritorna un marchio di fabbrica dell’artista della Pennsylvania, la vena surrealista alla Salvador Dalì serve per rendere graficamente l’effetto sul cervello del gas inalato da Rick.
Poco dopo l’azione riesplode all’improvviso con una stupenda doppia splash page che ci mostra la cattura di Rick Jones, mentre Cap cerca di evitare i proiettili sparati da tre pistole. L’albo termina con la morte del capitano, crivellato dai colpi dell’Hydra mentre si tuffa nelle gelide acque dell’Hudson, il fiume di New York.
Una morte che Jim Steranko ci mostra indirettamente concentrandosi sui volti dei testimoni: uno scioccato Rick Jones, uno sghignazzante scagnozzo dell’Hydra, una trionfante Madame Hydra e un perplesso agente di polizia.
Capitan America n. 113
Dopo il numero 112, un riempitivo di lusso disegnato dal veloce Jack Kirby per ovviare alla lentezza di Jim Steranko, la storia riprende sul numero 113. Una geniale splash page dove vengono riassunti gli avvenimenti precedenti apre l’episodio. Il cameraman in primo piano di spalle inquadra il giornalista che racconta i recenti fatti al pubblico televisivo, mentre una striscia verticale di piccoli riquadri mostra il piccolo schermo.
La pagina 4, interamente colorata di verde, rivela il difficile rapporto di Madame Hydra con la cicatrice che le deturpa parte del volto. Il tutto illustrato attraverso una serie di piccole vignette che inquadrano singoli particolari del volto alla maniera di Guido Crepax su Valentina.
Scegliendo di colorare personalmente il proprio lavoro, Jim Steranko si dimostra una mosca bianca tra i disegnatori dell’epoca. Come suo solito svolge questo compito molto seriamente, dimostrando che una grande colorazione è possibile anche entro i limiti della stampa a quattro colori del periodo. Ma questo numero è caratterizzato dalle splash page, altro marchio di fabbrica di Steranko, che ne utilizza tre. Oltre a quella iniziale, una seconda fantasmagorica doppia splash page occupa le pagine 12 e 13 dell’albo, una delle scene d’azione più belle della storia del fumetto. Solo Jack Kirby riusciva a immaginare situazioni dinamiche ed evocative del genere.
Nella notte fonda, in un vecchio cimitero, la luna piena illumina i contorni di un albero spoglio dai lunghi rami rinsecchiti. Gli agenti dell’Hydra stanno seppellendo i corpi dei vendicatori addormentati dal gas quando, all’improvviso, compare Capitan America su una moto, che lanciato a tutta velocità delinea una diagonale che attraversa l’intera tavola. Il capitano è vivo, dunque, e lo dimostra piombando addosso agli scagnozzi dell’Hydra che sparano all’impazzata. La scena è interamente costruita su una serie di diagonali che si intersecano con la funzione di esasperare il senso di movimento. Steranko ha detto di non avere solo disegnato e colorato questa particolare tavola, ma di averla persino inchiostrata e scritto il lettering.
La terza splash page rappresenta uno shock visivo.
Preceduta da una verbosa e iperbolica didascalia, dove risulta evidente la mano di Stan Lee, ci troviamo di fronte a una immagine spettacolare. Cap e Rick combattono contro una montagna di agenti in verde. Spesso l’uso delle splash page è stato denigrato accusando gli autori di essere più interessati a far vendere l’albo con scene ad effetto che allo sviluppo della storia. Ma le splash page di Kirby e di Steranko non fanno altro che dimostrare tutta la magnificenza e la grandiosità dei fumetti Marvel nell’era del loro massimo splendore.
I primi due numeri della trilogia sono inchiostrati da Joe Sinnott, che per questa terza e ultima puntata viene sostituito da Tom Palmer. Le rifiniture di Palmer sono meno precise e “brillanti” di quelle di Sinnott, ma il suo stile illustrativo e strutturato risulta altrettanto efficace. Particolarmente adatto al mood cupo di questo capitolo della storia, la maggior parte della quale si svolge in ambienti avvolti nell’oscurità come in una camera funebre.
(Per leggere l’illustratissimo articolo di Giornale POP sull’opera complessiva di Jim Steranko, clicca QUI).
Il fill in n. 112 di Lee e Kirby e Geo Tuska come inker – sia detto per inciso – è la prova che occorra mettere sotto pressione cartoonists come King Kirby perché scodellino rare perle di sintesi grafica. Una curiosità: in una famosa splash page in cui Steve Rogers in tutina blu kyrbica spara al lettore da una macchina volante è visibile una sorta di proto Celestiale pre Eternals.
Steranko deve essere proprio un personaggione – ha detto che Chris Evans ha troppo l’aria da college ( infatti compare nel video di Marilyn Manson Tainted Love che racconta una festa universitaria ndr ) per essere Cap ed il suo scudiero fuma una sizza ( nei racconti di Simon e Kirby la pipa come Sherlock Holmes ndr ).
Solo dieci anni dopo nella saga di Korvac Cap rimprovererà la Bestia di arrivare sgocciolante ed in accappatoio ad una riunione, cosa che non sarebbe successa se ” avessi fatto la doccia alla sei come me “. Mm.
Escapista ( a lui è ispirato il Mister Miracle del Quarto Mondo ) e pubblicitario e dandy ( ineffabili i suoi toupet rockabilly dei gg nostri ) e consapevole del suo talento al punto che ancora oggi mi chiedo come abbia digerito il fatto che i volti del suo Rogers siano stati ridisegnati ( come capiterà al Superman di Kirby ritoccato da Curt Swan ndr ). Era uno sceneggiatore interessante ed innovativo: chiudeva la sua trilogia con uno spunto che avrebbe dovuto portare il Vendicatore Stellato ad abbandonare Rogers per scegliere una altra identità ( aveva detto al mondo chi era sotto la maschera in storie precedenti in cui aveva tentato invano di andare in pensione e vivere felice con Sharon Carter ndr ). Lee aveva detto picche ed è un peccato secondo il sottoscritto. Immaginate un John Smith ( o Doe ) in moto per gli States di Easy Rider ( lo so lo so , capiterà di lì a poco in una storia di Lee e Colan ) in una saga che avrebbe anticipato la sottovalutatissima Nomad di Nicieza ( sia la mini disegnata da Fry sia la serie matitata all’inizio dal adamsiano Clark Hewbaker ).
Un paio di curiosità: Frank Miller riprende la doppia splash page con Cap che zompa dalla moto al cimitero nella saga di Daredevil con Elektra e fa una parodia di quella di Cap e Rick circondati da agenti Hydra in una delle sue vignette nomate Endings che compare in un volume antologico Mondadori insieme ad altre perle come Miho che esce da una torta e rovina la festa ad un tale.
Lo Hulk non ipertrofico torna per esempio in un episodio del Moon Knight seconda portata dello zine Rampaging Hulk nelle matite di un Sienkiewicz non ancora secessionista viennese e quindi debitore del mentore Neal Adams. In qualche modo anticipa la versione tv di Lou Ferrigno.
Ciao ciao