BETTY BOOP, IL MODELLO DI MARILYN MONROE

Betty Boop

L’America di Betty Boop del 1931 è travagliata dalla grande crisi economica iniziata due anni prima.

I cittadini hanno bisogno di qualcosa che li affranchi, almeno momentaneamente, dalla pesante realtà quotidiana. Il cinema si gioca l’arma della “sex bomb”. Un’intera generazione di vamp cinematografiche riempie gli schermi di seni procaci e bocche carnose, anche il cinema d’animazione troverà la sua icona sexy.

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Prima era una cagnolina

L’arma di distrazione di massa è una giovane provocante e piena di malizia, dal corpo esuberante e dalla boccuccia a forma di cuore. Sì, il suo nome è Betty Boop. Dopo una falsa partenza in cui veniva presentata come una barboncina, nel cortometraggio Dizzy Dishes del 1930, gli animatori Max e Dave Fleischer (che in seguito saranno apprezzati soprattutto per la loro straordinaria versione di Braccio di Ferro) ebbero la felice intuizione di darle forma umana. Betty, chiaramente ispirata alle attrici in carne e ossa del suo tempo, entrò subito nelle grazie del pubblico.
I Fleischer avevano studiato bene la cosa, fornendo alla loro creatura tutta una serie di carte da giocarsi. Il testone a forma di nocciolina di Betty ispirava tenerezza, ma Miss Boop era molto di più di una bambolina.

A sinistra Mae Questel, voce di Betty Boop, a destra Max Fleischer, la “mente” dei due fratelli dello studio di animazione


In un accorto gioco di equilibrio le caratteristiche adulte bilanciavano quelle infantili. I capelli con la riga al centro, per esempio, le davano un aspetto da bimba, ma i riccioli “tirabaci” infrangevano l’apparente innocenza. Gli occhioni rotondi e “ingenui” erano sormontati da lunghe e maliziose ciglia. Il resto del corpo era sodo e prosperoso, i succinti vestitini che lasciavano spesso le spalle scoperte erano un inequivocabile richiamo sessuale.

“Betty Boop – Biancaneve” del 1933 anticipa alcuni elementi non presenti nella favola dei fratelli Grimm, come il numero dei nani fissato a sette, ripresi più meno consapevolmente dallo staff di Walt Disney nel famoso lungometraggio a colori del 1937 (inoltre, da notare il fantasma-cantante con la voce di Cab Calloway, che ricordiamo soprattutto in “The Blues Brothers” del 1980)

Il potenziale eversivo di Betty andava al di là del suo aspetto esteriore. Era una ragazza libera che aveva avuto la forza di scappare dal vecchio e ovattato mondo per affrontare la pericolosa realtà quotidiana e viverne, senza freni, le straordinarie avventure. Per sette anni, tra il 1932 ed il 1939, le mossette ammiccanti e i gridolini di Betty Boop imperversarono nelle sale cinematografiche e le sue storie, apparentemente surreali, fecero presa su un pubblico fondamentalmente adulto. Al suo fianco si fecero onore, come comprimari, personaggi come Koko il Clown e il cagnolino Bimbo.

 

Le donne che hanno dato vita a Betty Boop

Gli esperti riconducono le caratteristiche somatiche a quelle di Clara Bow, la prima diva sexy del cinema americano che turbò le menti degli spettatori lasciandosi ammirare mentre si bagnava nelle limpide acque di un fiume (nel film “Hula” di Victor Fleming).

A fare da modello per le performances canore c’era la cantante Helen Kane, che in seguito intentò causa ai Fleischer affermando che Betty era una deliberata caricatura delle sue movenze e della sua personalità.

A prestarle la voce, infine, c’era Mae Questel.

 

I fumetti di Betty Boop

Il successo di Betty era ormai straripante, ne fu approntata anche una versione a fumetti. Distribuite dal King Features Syndicate, le tavole domenicali a colori approdavano sui quotidiani nel 1934. I disegni, firmati da Dave Fleischer, erano probabilmente opera di qualcuno degli artisti degli Studios. Le cose non funzionarono come i Fleischer speravano: senza il supporto musicale e il movimento del cartone animato, le tavole (peraltro poco fantasiose e poco divertenti) non ebbero successo, così nel 1939 vennero soppresse.

Vittima della censura

Da tempo le associazioni puritane avevano messo nel mirino Betty. Le sue canzoncine tutte sospiri, le sue mossette “lascive” e, soprattutto, la sua condotta amorale (in ogni episodio concedeva il cuore a un uomo diverso) non potevano essere tollerate. La censura era intervenuta con tutto il suo peso e i Fleischer avevano dovuto accettare infiniti compromessi. Il personaggio venne “moralizzato”, divenne meno sexy, le gonne vennero allungate e le mossette contenute. Le fu persino affiancato Grumpy, un arzillo ma innocuo vecchietto per stemperare ulteriormente i toni. Aveva senso continuare così?

I creatori decisero di interrompere la produzione, dato che ormai era impossibile rendere lo spirito di Betty Boop. Betty salutò il suo pubblico con un ultimo sberleffo apparendo infagottata in un abito informe che rendeva irriconoscibile quel corpo che tanto aveva traviato la gioventù. Ancora una volta l’ironia nella sua forma più nobile era caduta sotto la mannaia del perbenismo. Eppure, i censori passano, mentre Betty entrò per sempre nella storia del fumetto e dei cartoon: la sua breve ma folgorante apparizione in “Chi ha incastrato Roger Rabbit” (1988) sta lì a dimostrarlo.

I cartoni animati di Betty Boop, che l’avevano tanto divertita da bambina, spinsero Marilyn Monroe a riprendere le sue caratteristiche (sostanzialmente quelle di Helen Kane) per creare il proprio personaggio di attrice…

 

 

 

 

2 commenti

  1. […] cui negli ultimi ottant’anni tutti sono cresciuti: Bugs Bunny, Topolino, Paperino, Duffy Duck, Betty Boop, Wile E. Coyote e compagnia bella. Questo rende il film memorabile. Possono passare cento anni, ma […]

  2. Non accreditata, Helen “boop-boop-a-doop” Kane doppiò Debbie Reynolds, in una delle sue prime apparizioni cinematografiche in uno sketch insieme a Carleton Carpentera dove intonava, prima di Marilyn, “I Wanna Be Loved by You”, facente parte del musical cinematografico “Tre piccole parole” (Three Little Words, 1950) di Richard Thorpe.

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