LE API STANNO PER ESTINGUERSI A CAUSA NOSTRA

LE API STANNO PER ESTINGUERSI A CAUSA NOSTRA

Quando scompariranno le api, all’umanità resteranno quattro anni di vita“.
Albert Einstein

Se sparissero le api e gli altri insetti impollinatori, comprese le farfalle, come primo risultato nei negozi di frutta e verdura avremmo gli scaffali vuoti. Risultato che investirebbe anche la produzione di latte, quindi via anche i banchi di latte, yogurt e formaggio.

LE API STANNO PER ESTINGUERSI A CAUSA NOSTRA
Perché le api, ma anche tutti gli insetti impollinatori, sono responsabili di un terzo della produzione di cibo mondiale. Del centinaio di colture da cui dipende il 90 per cento della produzione di cibo mondiale, ben 71 sono possibili solo grazie al loro lavoro di impollinazione e, per restare in Europa, si parla addirittura di 4000 diverse colture possibili solo grazie all’esistenza delle api. Le api non sono solo un cardine dell’alimentazione e dell’economia mondiale, ma giocano anche un ruolo fondamentale negli equilibri naturali.

Purtroppo questa ipotesi, come è noto da qualche tempo, potrebbe diventare realtà. Negli ultimi anni c’è stata una moria massiccia di api, la presenza di farfalle è calata addirittura del 50 per cento, e i numeri parlano solo dei più noti insetti impollinatori.

Piero di Cosimo: La scoperta del miele (1505 – 1510)

I motivi di quella che non si presenta come una situazione temporanea, ma la perfetta via verso l’estinzione, dipendono da più fattori, anche se una delle cause principali è l’uso di pesticidi chiamati neonicotinoidi, responsabili di inquinamento ambientale oltre che della moria di api e altri insetti. A questo sembrerebbe dovremmo aggiungere il riscaldamento globale, o comunque il cambiamento delle condizioni climatiche, forse l’inquinamento da onde elettromagnetiche e, soprattutto, la distruzione progressiva degli ambienti naturali.

Sul divieto di questo tipo di pesticidi sono anni che se ne parla, ma ancora questo marzo la Commissione Europea era arrivata solo alla bozza di un testo che prevede di bandire tre di questi neonicotinoidi (clothianidina, imidacloprid e tiamethoxam), prodotti da Bayer e Syngenta.

Ora pare che ai tre incriminati se ne aggiunga un altro, un fungicida a base di iprodione. Una lettura trasversale, io la chiamo tra le righe, di uno dei tanti articoli presenti in Rete, in merito all’argomento, sarà illuminante.

Salvator Dalì: Sogno causato dal volo di un’ape (1944)

Ci si aspetterebbe che un’associazione come Greenpeace, sensibile alle questioni ambientali e animaliste, si batta per salvare il salvabile, anziché promuovere strategie che nascondano il problema. In questo suo video, si fa riferimento a un’ipotetica “meraviglia tecnologica” in grado di salvare l’umanità: le api-robot!
Non solo non è divulgativo, ma sembra di assistere a un filmato mascherato da pubblicità progresso: musichette e toni rilassanti ed enfatici da il Titanic affonda ma per dieci fra mille di voi ci sono le scialuppe, tutti tranquilli, continuate a ballare, ottimismo in svendita et voilà, la magia è fatta.

Che sia vero quello che ha detto Bjorn Okern, ex direttore generale della sede norvegese di Greenpeace, abbandonando l’organizzazione? “Chiunque pensi che i soldi di Greenpeace siano utilizzati per l’ambiente, si sbaglia. Viaggiano in prima classe, mangiano nei migliori ristoranti e fanno la bella vita del jet-set ecologista; il motivo principale per cui danno importanza alle balene è perché ci si fanno i soldi”.
Forse la mossa strategica migliore per i capi di Greenpeace, almeno per salvare la faccia, sarebbe stata quella di rimanere entro la campagna “Salviamo le api”. Perché messa così, l’impressione invece è quella di voler far contenti tutti i burattinai, tranne le api: chi provoca l’estinzione, e chi mette le toppe all’estinzione.
D’altronde ci sono davvero notizie poco rassicuranti.

“Per fare un prato ci vuole del trifoglio
e un’ape, un trifoglio e un’ape
e sogni ad occhi aperti.
E se saran poche le api
basteranno i sogni.”

Emily Dickinson

Non voglio polemizzare sulla visione antropocentrica (che comunque ha fatto il suo tempo, e anche danni), dove l’uomo è al centro e universo di tutto con poteri divini su cose e animali, e riesco a capire che a questo problema si possa rispondere con la tecnologia, però mi viene da fare una domanda: ma tu, essere umano, una volta rimasto solo, che te ne farai di tutta questa tecnologia? Perché un aiuto tecnologico può servire a tappare le enormi falle che l’essere umano ha prodotto nell’ecosistema in cui lui stesso vive (sic!), ma usarlo per sostituire la vita invece che aiutarla mi sembra un po’ un suicidio lento.

Preoccupano anche gli scenari distopici di un mondo di api-robot, dove magari l’ordine costituito è quello di restare nell’ambito della propria coltura agricola e guai se passi i confini, senza contare le tasse su ogni singola ape-robot che sicuramente dovremo pagare. Eppure oltre i confini ci sono interi universi di flora selvatica, e quella chi la impollinerà? O saranno le api-hacker a doverlo fare, per non rischiare di trovarsi in un mondo con l’unica flora che i nostri gran capi hanno deciso che debba esistere? Più che un sogno, mi pare un incubo.
Le api producono un veleno speciale, si chiama apitossina, ottimo per la cura di reumatismi, dolori articolari e allergie da punture da insetti. E poi ci sono la pappa reale, la propoli, la cera, non ultimo il miele. Questi chi li farà? Le api-robot non li sanno fare, e il preparato di laboratorio, comunque, non è la stessa cosa, come è diverso assumere vitamine da frutta fresca che non da pillole. Per un organismo vivente fa la differenza, come fa la differenza mangiare un seme morto e uno che invece può fiorire.

LE API STANNO PER ESTINGUERSI A CAUSA NOSTRA

L’ape Maia è un cartone animato per bambini co-prodotto nel 1975 dalla giapponese Zuiyo Eizo e dall’austro-tedesca Apollo Film, tratto dal romanzo “L’Ape Maia” dello scrittore tedesco Waldemar Bonsels

Ma adesso passiamo ad argomenti più costruttivi. I gran capi di ogni tribù, che siano governi o associazioni o aziende, sono pochi. Noi comuni umani, invece, siamo tanti. Ancora non esiste una legge che ci impedisca di piantare fiori sui balconi.

Se non abbiamo un giardino, piantiamo borragine, aneto, rosmarino, timo, coriandolo, fiori selvatici nei nostri vasi. Margherite e bocche di leone. Tulipani ed erba cipollina. Salvia, lavanda, basilico. Topinambur e magari girasoli. Coriandolo e aneto, malva e finocchio. Rododendri e corbezzoli. Guardate qui.
E se invece un giardino lo abbiamo, basta con queste decorative quanto improbabili piante, mai viste prima dell’avvento dei giardinieri da villetta a schiera. Piantiamo tigli e castagni, peschi, ciliegi e melograni, piante da frutta. Facciamo un servizio alle api e per di più noi mangiamo frutta vera, piuttosto di quella dei centri commerciali, stivata ancora acerba nelle celle frigo e in marcescenza dopo tre giorni dall’acquisto senza aver mai visto la maturazione. Basta con questi stucchevoli prati di plastica all’inglese tenuti costantemente a 5,3 centimetri. Seminiamo anche un po’ di trifoglio e di pratoline. Inutile volere dall’alto la biodiversità se non si comincia a saperla fare anche in casa propria. Creiamo un habitat appena appena naturale, e gli animali arriveranno. È quello che aspettano. Arriveranno anche ricci e lucciole, merli curiosi e chiocciole.

Mescoliamo colori diversi perché così le api riconosceranno i nostri vasi, i balconi, le aiole, e sapranno ritrovare i fiori. Le api hanno un cervello fino, del volume di una capocchia di spillo, ma sono in grado di imparare e risolvere problemi. Distinguono colori e odori. E sognano.

LE API STANNO PER ESTINGUERSI A CAUSA NOSTRA

Randolf Menzei e Matthias Eckoldt: L’intelligenza delle api (Cortina, 2017)

Ah, dimenticavo, e niente insetticidi e pesticidi sulle piante.
Per fare un antiparassitario naturale in casa, prendiamo qualche cucchiaio di un’erba che si chiama equiseto e mettiamola a macero per almeno 48 ore in acqua. Il liquido ottenuto potrà essere spruzzato sulla pianta attaccata dal parassita, neutralizzandolo senza ferire la pianta, gli insetti impollinatori e noi stessi. Magari ripetiamo la spruzzatura più di una volta, se non basta.

Ora scappo, vado a Mantova per il week end: hanno inaugurato il primo Bee Hotel. E sono curiosa di vederlo.

Trailer di “Un mondo in pericolo”, del regista svizzero Markus Imhoof


Piccola bibliografia utile.

Virgilio: nelle Georgiche (36 – 29 avanti Cristo) il poeta dedica il quarto libro all’apicoltura e al mondo delle api, mettendo in risalto la loro società e le ferree leggi che la costituiscono.

Plinio il Vecchio (23 – 79 dopo Cristo): Naturalis historia (Osservazione della Natura). È un trattato naturalistico in forma enciclopedica.
All’epoca di Plinio si pensava che la regina delle api fosse un re. Solo molto più tardi, la reale organizzazione delle api si fece chiara. Fu il biologo ed entomologo olandese Jan Swammerdam, nel 1672, a scoprire che il re, in realtà, è una regina.
La questione non è di poco conto se si considera che, in epoca romana, l’alveare fu modello politico per la società degli uomini, in cui viene esaltata la vita comunitaria consacrata all’obbedienza per le leggi e per il capo, la ferrea divisione dei compiti e la diligente operosità ottenuta anche grazie alla virtù della castità.
Anche Cicerone delineò una repubblica delle api paragonandola alla res populi, alla collettività in cui il popolo è tenuto insieme da uno scopo comune.
In realtà, l’alveare è un matriarcato.

Bernarde de Mandeville: La Favola delle Api (1705 e successive edizioni fino al 1728, con l’aggiunta del sottotitolo Vizi privati e pubbliche virtù, poi diventato proverbiale). Poemetto satirico che fa critica a una società ipocrita, avviata allo sviluppo industriale.

Maurice Maeterlinck: La vita delle api (La vie des abeilles, 1901). Famoso libro, parte di una trilogia dedicata agli insetti sociali.

Marco Accorti: Le api di carta, Catalogo della letteratura italiana sulle api e sul miele, Biblioteca di bibliografia italiana, vol. 163 (Olschky, 2000). Notevole fonte bibliografica che comprende tutti gli ambiti socio-culturali italiani del settore.

Isaac Asimov: …Than Thou Art Mindful of Him (…Che tu te ne prenda cura). È un racconto in cui Asimov descrive una società robotica, con conclusioni molto lungimiranti sui pro e i contro; in particolare, ha attinenza con l’argomento dei micro-robot come potrebbero essere le api-robot. In traduzione italiana, è stato pubblicato da Mondadori nel 1992, nella raccolta Il robot che leggeva le bozze. O altrimenti nell’Antologia del Bicentenario.

C’è un’ape che si posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va.
Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.

Trilussa

 

 

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