I 20 MIGLIORI FILM BASATI SULLE OPERE DI LOVECRAFT

I 20 MIGLIORI FILM BASATI SULLE OPERE DI LOVECRAFT

H.P. Lovecraft suppongo sia lo scrittore più influente del Novecento. Nel panorama dell’orrore, quantomeno. Da Algernon Blackwood a Stephen King, passando da Philip K. Dick fino a William Gibson, il panorama della letteratura mondiale è pieno di autori importanti. Il punto sta nell’impatto che i temi lovecraftiani hanno avuto, non solo sulla letteratura, ma anche sul cinema e la cultura pop in genere.
Chiunque abbia letto anche solo mezza miserabile cosa scritta da Lovecraft, dovrebbe avere perfettamente chiaro in cosa consisteva il genio di quell’uomo.

 

Lovecraft dalla carta allo schermo

Senza menarla più del necessario, il segno distintivo della produzione di Lovecraft è “l’alienazione”. La disturbante sensazione che la vita sia solo una sottile membrana. Un guscio d’uovo che ci separa da una realtà talmente aliena che il solo tentativo di contemplarla porterebbe alla pazzia.

Cthulhu, Dagon, Shub-Niggurath e compagnia cantante non sono figure indigetes. Bensì, novensides: esseri incomprensibili, filtrati da spazi attigui a quello che noi concepiamo come realtà e totalmente estranei al nostro intero piano esistenziale. Non semplici “marziani” o “venusiani”, ma divinità adorate da marziani e venusiani. Questo è il fulcro dell’orrore cosmico: qualcosa di più alieno di ciò che riusciamo a concepire come alieno.

Saranno sessant’anni che ci provano con film basati sulle opere di H.P. Lovecraft. Il problema è che una grandissima parte di queste produzioni non è che facciano schifo, ma quasi. Questa è una diretta conseguenza al fatto che le storie originali favoriscono toni e atmosfere, rispetto a intrecci complicati e twist da 3 x 2 al discount.

L’orrore è qualcosa di suggerito, che striscia e ti afferra lentamente. Un approccio che, generalmente, fa a cazzotti con un media visivo come quello cinematografico. che di solito punta tutto sui soldi quando si tratta di horror. Se non fosse sufficientemente chiaro, non bastano quattro tentacoli e un paio di cazzatelle per fare un film lovecraftiano.

Quindi, che siano adattamenti diretti oppure titoli la cui forma mentis paga pegno in un modo o nell’altro a Lovecraft conta poco. Il fil rouge che accomuna queste venti pellicole è quanto detto sopra.

 

Top 20 film tratti dalle storie H.P. Lovecraft

La città dei mostri (The Haunted Palace – 1963)

La città dei mostri (The Haunted Palace) di Roger Corman dovrebbe essere in assoluto il primo film tratto da una storia di Lovecraft. Nello specifico, è un adattamento de Il caso di Charles Dexter Ward. Solo che il titolo originale del film, “Il palazzo stregato”, è quello di una poesia di Edgar Allan Poe e, come tale, pubblicizzato.

Capiamoci: all’epoca il “Poe Cinematic Universe di Corman”, un ciclo di film ispirati alla letteratura gotica tratti dalle opere di Edgar Allan Poe, andava forte. Poi non so, forse dopo cinque film il regista si era stancato e magari voleva lanciare una nuova serie. Fatto sta che per questo film del 1963 Corman aveva intenzione di ispirarsi ai lavori di Howard Phillips Lovecraft.

Cosa che fece, del resto. Gli elementi lovecraftiani, tipo villici deformi, riferimenti a oscure divinità ancestrali e via dicendo ci sono tutti. L’unico problema sono i riferimenti a Poe attaccati con lo sputo. Messi lì giusto perché la produzione voleva mantenere a tutti i costi una connessione con i film precedenti, nella paranoia di perdere il pubblico appassionato della serie.
A parte questo, comunque, è un film che funziona ancora dopo sessant’anni.

 

La musica di Erich Zann (The Music of Erich Zann – 1980)

La musica di Erich Zann è un racconto incredibilmente compatto e teso, nonché una delle storie preferite dallo stesso Lovecraft. Una storia bizzarra sul potere dell’arte di aprire, letteralmente, le porte verso altri mondi. Qualcosa di difficilmente traducibile in termini cinematografici.

Invece, nel 1980 il regista John Strysik riuscì nella non facile impresa di portare La musica di Erich Zann dalla carta allo schermo. Realizzando un poema lunatico le cui atmosfere sontuose, per quanto minimaliste, culminano in un crescendo di stravaganza per concludersi poi in un “viaggio cosmico” simile a quello di David Bowman alla fine di 2001: Odissea nello spazio.

La musica di Erich Zann di John Strysik è stato uno dei film inaugurali che hanno dato vita al H.P. Lovecraft Film Festival e, tra l’altro, ‘sto film ha ricevuto pure il plauso di Fritz Leiber, uno dei padri dello sword and sorcery nonché amico e confidente di Lovecraft, e di S. T. Joshi, critico e studioso letterario tra i più importanti esperti di Lovecraft al mondo.

 

Possession (Possession – 1981)

Ostile. Ecco cos’è Possession di Andrzej Zulawski. Un film fottutamente ostile, come dicevano i Pantera. Un angosciante gioco metafisico senza fine, disturbante “riflettore” puntato su Dio, che mostra quanto siano lunghe le ombre del disagio umano.

Possession non è un film facile: né da comprendere né tanto meno da sintetizzare in due righe; è un viaggio angosciante nei nostri piccoli meccanismi sociali. Fatto di allegorie e simbolismi che portano alla sistematica distruzione delle nostre certezze. In una parola: disturbante.

 

Re-Animator (H.P. Lovecraft’s Re-Animator – 1985)

In estrema sintesi, Re-Animator di Stuart Gordon (recentemente venuto a mancare) seppur direttamente basato sul racconto omonimo, si allontana abbastanza dal lavoro di Lovecraft. La storia, per esempio, viene spostata in epoca contemporanea. Così come viene aggiunta una pesante dose di umorismo nero e tette al vento, tipica dell’horror anni ottanta.

Eppure, tra risultati alquanto controversi, ma innegabilmente divertenti, Re-Animator riesce a catturare perfettamente le atmosfere della sua controparte cartacea. Mentre Herbert West (Jeffrey Combs, come Bruce Campbell, uno degli attori più clamorosamente sottovalutati della sua generazione) tenta di resuscitare i morti con risultati sempre più caotici, è facile perdere il punto della situazione.

 

From Beyond – Terrore dall’ignoto (From Beyond – 1986)

Tuttavia, guardando attentamente, si può capire tutto l’amore che Stuart Gordon nutriva per il grottesco in generale e per Lovecraft nello specifico. Infatti, l’anno dopo Gordon e il suo team si riuniscono di nuovo, portando sul grande schermo From Beyond.

Pure stavolta film e racconto si allontanano non di poco. Ma a differenza di Re-Animator c’è meno umorismo in From Beyond, le cui atmosfere sono molto più lovecraftiane. Vero che il film a volte arranca nel tentativo di portare contenuti per giustificare il tempo d’esecuzione.

Ciò non toglie che Gordon dimostra di essere uno dei rari esempi di artista che, pur traendo ispirazione da altri, usa quell’ispirazione per creare opere totalmente soggettive e personali. Le quali restano, comunque, fedeli al materiale d’origine nell’essenza.

 

Il nido del ragno (The Spider Labyrinth – 1988)

Conosciuto all’estero come The Spider Labyrinth, in realtà Il nido del ragno è un film italiano diretto da Gianfranco Giagni.
Un professore di lingue sta lavorando alla traduzione di alcune tavolette antiche che rimandano a un culto precristiano. Arrivato a Budapest per incontrare un collega di cui non aveva più notizie, come lui al lavoro sulle tavolette, scopre che è morto in circostanze misteriose.

Il professore finisce per ritrovarsi in una rete sempre più fitta di paranoia, grotteschi omicidi e un culto bizzarro determinato a mantenere segreta la propria esistenza. Il nido del ragno è un film interessante, unico e piuttosto strano. Anche per gli standard dell’epoca. Uno di quei film che non ti aspetti, sorprendentemente avvincente e curioso intreccio di miti ispirati a Lovecraft, giallo all’italiana e atmosfere gotiche.

 

The Resurrected (The Resurrected – 1991)

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Dan O’Bannon è l’uomo che ha scritto Alien. Dopodiché, “tornato sulla Terra”, ha scritto e diretto uno dei migliori film sugli zombie di tutti i tempi: Return of the Living Dead. A ‘sto punto, si sarà detto, perché non esplorare pure l’aldilà?

Trent’anni dopo La città dei mostri, The Resurrected è l’adattamento di O’Bannon de Il caso di Charles Dexter Ward. Il budget è ridicolmente basso e, per questo, in molti punti si nota che, come dire, viene fatto il passo più lungo della gamba. Però il film si sviluppa bene, è ben ritmato, d’atmosfera e rimane uno degli adattamenti di Lovecraft più fedeli.

 

Omicidi e incantesimi (Cast a Deadly Spell – 1991)

i 20 film migliori basati sulle opere di H. P. Lovecraft

Ci sono film, tipo Grosso guaio a Chinatown per capirci, in grado di andare oltre a ogni schema. Mescolandoli, riescono a superare la semplice etichetta del genere, così da creare qualcosa di diverso, ma, allo stesso tempo, familiare. Se fatta bene, questa è una cosa fantastica.
Omicidi e incantesimi (Cast a Deadly Spell) è praticamente la stessa cosa: uno dei film più originali che abbia mai visto.

Negli anni quaranta di una realtà alternativa la società ha sviluppato la magia anziché la tecnologia. Al posto di elettronica e transistor, il “futuro” è rappresentato da incantesimi e anatemi. Philip Lovecraft è un ex poliziotto diventato investigatore privato, assunto per trovare un misterioso grimorio chiamato Necronomicon entro quarantotto ore.

Da noi, Omicidi e incantesimi arrivò direttamente in vhs, siccome è un film per la televisione. Tuttavia, la cosa interessante sono i nomi che ci sono dietro: prodotto dalla storica Gale Anne Hurd per Hbo, fu scritto da Joseph Dougherty e la regia affidata a Martin Campbell. Con Fred Ward, Julianne Moore, David Warner e Clancy Brown come protagonisti. Un gumshoe hard boiled, noir, fantasy, horror che vale assolutamente la pena di recuperare.

 

Dark Waters (Dark Waters – 1993)

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Unico lungometraggio di Mariano Baino, Dark Waters è stato il primo film occidentale girato in Ucraina dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Considerando un budget da cornetto e cappuccino al bar, diventa chiaro il perché sia un film piuttosto sorprendente.

Certo, è difficile da seguire e in alcuni punti pare perdere il senso generale della situazione. Cosa che, effettivamente, non aiuta la scorrevolezza del film. Che spende gran parte del tempo per mostrare sequenze oniriche e visioni da incubo senza avanzare di molto nella storia.
Eppure, nonostante tutto, questo è un film che trasuda atmosfera da tutti i pori. Probabilmente una delle migliori rappresentazioni di Lovecraft di sempre.

 

Il seme della follia (In the Mouth of Madness – 1994)

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Il seme della follia di John Carpenter non si basa in modo diretto su niente di specifico. Piuttosto, trae ispirazione dalla mitologia di Lovecraft in generale. A cui aggiunge abbastanza sostanza da elevarlo al di sopra del semplice pastiche.

In effetti, Il seme della follia non approfondisce mai del tutto il rapporto, sfocato, tra realtà e finzione. Dettagli che svaniscono di fronte all’incubo di un mondo impazzito. Un gioco mentale più inquietante dell’orrore diretto, di cui Carpenter assapora ogni momento. Contento di sbatterlo in faccia agli spettatori.

 

Dagon – La mutazione del male (Dagon – 2001)

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Dagon è il quarto e penultimo approccio a Lovecraft (infatti l’ultimo è l’episodio H.P. Lovecraft’s Dreams in the Witch-House della serie Masters of Horror) di Stuart Gordon. Ora, per quanto conosciuto, Dagon è pur sempre un racconto di circa una paginetta e mezza. In realtà, nonostante il titolo, il film di Gordon si basa per lo più su La maschera di Innsmouth, altro celebre racconto comunque collegato a Dagon.

Sicuramente non è un film perfetto. Anche se di poco, Gordon ha ceduto alla tentazione di usare la Cgi al posto dei brillanti effetti prostetici del passato. Probabilmente per la necessità di fare i conti con un budget miserabile. La recitazione spesso è mediocre e una grande pezza ce la mettono i nostri doppiatori.

Eppure, Dagon è uno Stuart Gordon al suo meglio tecnico. Un lavoro di senso compiuto, che prende vita attraverso una serie di suggestioni, toni, ambientazioni, ritmo e temi che rendono Dagon qualcosa di fedele e vicino in molti modi al sentimento generato dalla stessa scrittura di Lovecraft.

 

The Call of Cthulhu (The Call of Cthulhu – 2005)

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In un’ottica moderna, un film come The Call of Cthulhu, basato su un antico culto e relativa mostruosa divinità sepolta in un luogo che risponde a una “geometria non euclidea” impossibile da descrivere, potrebbe essere, ma giusto poco poco, complicato da realizzare. E se l’approccio fosse diverso, invece? Tipo film muto anni venti, magari?

Ecco, questo è ciò che ha realizzato la H.P. Lovecraft Historical Society. Un’organizzazione che produce film, drammi radiofonici e repliche di oggetti di scena ispirati a Lovecraft, tutto rigorosamente in stile anni venti e trenta. Utilizzando un processo chiamato Mythoscope, un mix di tecniche dell’epoca e moderne, la HPLHS ha realizzato qualcosa di sorprendente.

Alla base, l’idea era creare l’adattamento più autentico e fedele di una storia di Lovecraft. Sullo stile di classici espressionisti come The Cabinet of Doctor Caligari allo stop-motion di Ray Harryhausen, l’obiettivo era portare sullo schermo The Call of Cthulhu come se nel 1926 avessero speso un paio di centinaia di milioni per realizzarlo. Un progetto bizzarro e affascinante, da vedere assolutamente.

 

AM1200 (AM1200 – 2008)

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A quanto pare, AM 1200 di David Prior, vincitore dell’H.P. Lovecraft Film Festival del 2008, è basato su di una storia vera. Capitata proprio allo stesso Prior, meglio noto a Hollywood per i suoi documentari, verso i primi anni duemila. David Fincher si è infognato di brutto con ‘sto film, ed è veramente un peccato che non abbia avuto una distribuzione capillare. Perché è un lavoro incredibile.

La storia vera è più o meno questa: era notte fonda e David Prior stava tornando a casa. C’erano ancora alcune ore di viaggio da fare e, trovandosi in una di quelle strade buie in mezzo al niente della provincia, la botta di sonno era in agguato. Allorché, per evitare d’abbacchiarsi, cominciava a smanettare con la radio.

La ricezione è da schifo e tra ‘na scarica di statica e l’altra, finalmente becca una frequenza (proprio quella che dà il titolo al film) più o meno decente. Solo che in mezzo al brusio di fondo, con quelle frasi beccate a metà, più che un programma radiofonico pare la richiesta d’aiuto di qualcuno in preda al panico. Poi tutto diventa statica e non si capisce più niente. Spenta la radio, passa un po’ di tempo ma continua a ragionare sulla cosa.

A un certo punto, lungo il ciglio della strada, Prior scorge una insegna ai margini di una stradina laterale. Più in là, nel buio, si vede il profilo della torre di una stazione radio. Il posto è squallido e apparentemente abbandonato. Avvicinatosi al cartello, Prior si rende conto che quella è la stazione da cui aveva sentito le frasi inquietanti. Nella realtà lui ha fatto dietrofront.
Il film AM 1200, invece, continua lì dove lui era venuto meno.

 

Die Farbe (The Color Out of Space – 2010)

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Il regista tedesco Huan Vu, figlio di profughi vietnamiti, ha realizzato un’assurda reinterpretazione di The Color Out of Space, vincendo una valanga di premi a vari festival cinematografici internazionali. Girato interamente in bianco e nero (fatta eccezione per Il Colore) Die Farbe è un’opera avvincente, che ricorda il cinema espressionista tedesco.

Ci sono alcune piccole modifiche: la storia è ambientata negli anni cinquanta, in Germania anziché nel New England, e segue un giovane americano che tenta di ritrovare suo padre. Un soldato americano scomparso in Germania subito dopo la guerra.

A parte che non inficiano in alcun modo l’adattamento, questo sono scelte dettate dal dover fare i conti con un budget minimo. Sempre il noto studioso di Lovecraft S.T. Joshi ha definito Die Farbe “Il miglior adattamento cinematografico di Lovecraft mai realizzato”.

 

Grabbers – Hangover finale (Grabbers – 2012)

Lovecraft e cinema: i 20 film migliori basati sulle opere di H. P. Lovecraft 10Immagina il classico video da Paperissima Sprint divertente come uno stato comatoso. Tipo il gatto che scivola dall’armadio o il neonato che si addormenta con la faccia nel piatto, ok? Ecco, prendi ‘na cosa del genere che però finisce in un grottesco bagno di sangue. Questo è il punto: di commedie dell’orrore ce n’è veramente a buttare.

Tuttavia, quelle in grado di reggersi senza far esclusivamente affidamento sul paradossale sono pochissime. Pare strano con quel sottotitolo, ma Grabbers fa parte di questa piccola cerchia. Anzi. In pratica, a largo delle coste di Erin Island, una di quelle piccole comunità isolate dove tutti conoscono tutti, si schianta una luce verde proveniente dallo spazio. Gli abitanti cominciano a essere decimati da ‘sti viscidi mostri alieni tentacolati che si nutrono di sangue. A quanto pare l’unica cosa in grado di ucciderli è l’etanolo; cioè l’alcol etilico. Essenzialmente, per evitare di essere bevuti vivi e combattere i mostri, i protagonisti sono costretti ad alcolizzarsi a ufo.

Certo, un po’ Alien, un po’ Tremors, uhm… un po’ tutto va. Grabbers non è un film privo di difetti. Però è brillante, ha una storia divertente e tutto sommato coinvolgente. E poi c’è da ammettere che ha una delle premesse più originali degli ultimi venti anni.

 

Southbound – Autostrada per l’inferno (Southbound – 2015)

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In un furgoncino, due tizi guidano lungo un tratto di strada deserta. Arrivano a una stazione di servizio, nel tentativo di sfuggire ad alcuni esseri fluttuanti che li seguono in lontananza. Partono a manetta, ma ogni volta si ritrovano puntualmente all’anonima stazione di servizio da cui erano partiti. Questa è la premessa che dà il via a Southbound.

Southbound è un’antologia di quattro storie horror interconnesse, il cui tema centrale è la colpa. Ovviamente, come ogni omnibus, pure questo ha alti e bassi. Tuttavia, pur senza ostentare la sua influenza lovecraftiana, rimanda perfettamente quel senso di occultismo e terrificante ineluttabilità, del renderti conto che, nonostante tutti i tuoi sforzi, il male ti raggiungerà sempre.

 

The Void – Il vuoto (The Void – 2016)

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Con il suo approccio stile Assault on Precinct 13, The Void è un per niente velato omaggio al cinema di John Carpenter, Lucio Fulci, George Romero e soci. L’orrore cosmico è il fulcro di tutto e, di sicuro, se uno volesse farsi subito un’idea dei temi della letteratura Lovecraftiani, The Void è il punto da cui partire. Ché ci sono proprio tutti o quasi, comunque.

Sfortunatamente, proprio questo è il grande problema del film. Non che sia derivativo. Anzi. Tiene botta efficacemente per quasi tutta la sua durata. Il punto è che, sfortunatamente, nella sua, come dire… fretta d’inchinarsi e venerare i suoi dei, The Void liscia su quei punti che avrebbe dovuto approfondire di più.

Punti che avrebbero aiutato molto lo sviluppo di storia e personaggi, rendendolo un film molto più solido. A parte questo, resta un prodotto notevole e, per molti versi, impressionante, che merita sicuramente di essere visto.

 

The Endless (The Endless – 2017)

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Anche se in generale è una questione di prospettive, il budget è un problema costante. Però se hai una buona idea e una sceneggiatura intelligente, è vero anche che non c’è bisogno di fantasticifre alla Michael Bay per fare un buon film. Questo è proprio il caso di The Endless, uno dei film migliori che abbia visto negli ultimi anni.

La storia segue i fratelli Justin e Aaron, ragazzi normalissimi che vivono alle prese con i problemi di tutti i giorni. Salvo il fatto che da ragazzini appartenevano a Camp Arcadia, una comunità dedita al culto degli Ufo. Justin, il maggiore, se n’era tirato fuori portandosi il fratello perché convinto che quello fosse un culto della morte e, prima o poi, sarebbe arrivato il momento del suicidio di massa rituale.

Invece Aaron ricorda la comunità di Camp Arcadia pacifica, amichevole e innocua. Nonostante siano passati dieci anni e visto che le loro vite non stanno andando proprio tutto ‘sto granché, Aaron convince il fratello a tornare a Camp Arcadia per un giorno. Ecco, questo è tutto ciò che c’è da dire su The Endless.

Perché questo è un film che va visto. Estremamente avvincente, arguto e intelligente. Fatto di allegorie, simbolismi e metafore che evocano i meglio David Lynch e John Carpenter al massimo della forma. Come Possession, The Endless gioca con le percezioni: tutto è reale o forse è tutto un sogno, comunque è disarmante il terrore che nasce dall’incapacità di distinguere la fantasia dalla realtà.

 

Color Out of Space (Color Out of Space – 2019)

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Lovecraft è inadattabile. Questo è il mantra che tutti (si) ripetono e, da un lato, è incontrovertibilmente vero. Non posso dire di aver visto ogni singolo, micragnoso film basato sui lavori di Lovecraft, ma posso dire di averne visti, probabilmente, più del necessario. E questi venti film, sono appunto l’eccezione che conferma la regola. Lovecraft è inadattabile.

C’è pure da specificare, a ‘sto punto, che diventa inadattabile nel momento in cui lo si approccia con la tipica mentalità hollywoodiana: una guerra alimentata a soldoni. Sfortunatamente però, continuare a spendere soldi non è come lanciare un incantesimo: ci sono cose che, semplicemente, non possono essere risolte con questa mentalità.

Quindi, figuriamoci quando venne fuori che Richard Stanley, sì, un genio, ma che in ogni caso non si metteva dietro la macchina da presa dal pleistocene, stava lavorando su un adattamento di Colour out of Space. Per di più quando venne fuori che il protagonista sarebbe stato Nicolas Cage. Non se lo merita assolutamente, ovvio, ma le credenziali di Cage attualmente sono ai limiti di una barzelletta sul Cucciolone.

In tutta onestà, le premesse per cui ‘sto nuovo Color out of Space fosse, appunto, ‘na specie di barzelletta c’erano tutte. Invece, Stanley, un po’ come George Miller ritiratosi nel deserto a settant’anni e tornato con un minotauro in overdose di viagra in preda alla rabbia da steroidi, è riuscito nell’incredibile impresa di realizzare un film impossibile. Su carta. Per tanti, troppi motivi. Ma a quanto pare, per ‘sti tipi la parola impossibile non esiste.

 

Ebbene, detto questo credo che anche per oggi sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

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