UN DINOSAURO ROSSO A NEW YORK

UN DINOSAURO ROSSO A NEW YORK

Il ritorno di Jack Kirby nel 1976 alla Marvel, dopo la parentesi alla Dc Comics, non avrà esiti particolarmente buoni. Liberatosi dalle chine morbide di Joe Sinnott e da quelle troppo sporche di Vince Colletta, il suo tratto sembrava essersi semplificato e banalizzato. Jack aveva chiesto come inchiostratore Mike Royer che, pur essendo un ottimo professionista, non aggiungeva nulla al segno ormai un po’ stanco del maestro. Il Re, d’altra parte, poteva permettersi di stabilire le regole, dato che il suo contratto con la Marvel gli garantiva la più ampia libertà creativa e la direzione degli albi che realizzava. In primo luogo per i testi, che scriveva lui stesso come aveva fatto alla Dc Comics.

Incline a una narrazione pomposa e ridondante, Kirby riversò nei suoi nuovi lavori tutta la propria genialità e, purtroppo, anche tutta la sua sregolatezza. Non erano certo le trovate a mancare nella testa di Jack, ma come sceneggiatore non era esattamente il massimo della vita. Il suo ritorno a Captain America fu inviso a critica e lettori, soprattutto perché il personaggio usciva da un periodo molto politicizzato sotto sceneggiatori come Roy Thomas e Steve Englehart (si pensi alla saga di Nomad: Capitan America abbandona nome e costume a causa dello scandalo Watergate trasfigurato in stile Marvel). I nuovi nemici del Cap di Kirby erano, niente meno, dei restauratori aristocratici che volevano far tornare l’America a prima della Rivoluzione del settecento.

La stessa storia si replicò per Pantera Nera che, nelle mani di Kirby, passò dalle tematiche pesantemente antirazziste del verboso sceneggiatore Don McGregor a quelle puramente avventurose e fantastiche. Vero è che la precedente fase ultrapoliticizzata di Capitan America e di Pantera Nera avevano fatto perdere copie a questi albi e Jack Kirby, in quanto loro co-creatore (il primo insieme a Joe Simon e il secondo con Stan Lee), aveva il diritto morale di provare a farli risorgere.

Anche con Gli Eterni, intriganti dei-eroi sulla scia di Thor e dei Nuovi Dei, il fiume narrativo di Kirby si perdeva in mille rivoli. Il canto del cigno del grande artista furono l’affascinante rielaborazione di 2001: Odissea nello spazio (che avrebbe generato lo spin-off Machine Man) e Devil Dinosaur.


Nell’aprile 1978, nei punti vendita degli Usa esce una nuova testata destinata a fare concorrenza a Kamandi, che la Dc avrebbe rilanciato grazie a una serie di cartoni animati per la televisione (ma che non verrà mai realizzata). Tra l’altro, Kamandi era stato creato dallo stesso Kirby pochi anni prima.


Ecco come lo stesso autore presenta sinteticamente nel comic book il nuovo personaggio: “Vi aspetta tutto lo sballo che Darwin si è perso”. Devil Dinosaur è la storia di un’amicizia impossibile tra un dinosauro e un ragazzo, Moon-Boy. L’ambientazione è in una realtà alternativa, almeno così ha decretato la Marvel anni dopo definendola “Dinosaur World Earth-78411”, in cui lo sviluppo evolutivo dei grandi sauri e degli ominidi si è compiuto parallelamente.


Nel primo episodio una famiglia di dinosauri viene attirata in una trappola mortale da una tribù di ominidi nota per la sua brutalità, chiamata per l’appunto kill people. Un cucciolo sopravvive, ma anche il suo destino sembra segnato. D’improvviso, però, l’eruzione di un vulcano costringe gli ominidi a una precipitosa fuga. Investito dal calore (o più probabilmente da particolari radiazioni) il cucciolo subisce una mutazione che lo porta ad assumere un colore rosso fiammante.


Moon-Boy, giovane membro della comunità degli small people, dotato di una brillante intelligenza, si impietosisce e decide di salvarlo. L’impresa non è facile perché i due vengono attaccati da un feroce rettile di un’altra specie. Con un ultimo sforzo, però il piccolo riesce ad uccidere l’aggressore. Grazie alle amorevoli cure del ragazzo preistorico, il gigante rosso torna pian piano alla sua devastante efficienza fisica mentre tra i due si stabilisce un rapporto affettivo che va oltre la semplice cooperazione per la sopravvivenza.


Quando il timoroso piccolo popolo mette al bando il dinosauro rosso, Moon Boy non ci pensa un attimo a lasciare il villaggio natio per seguire l’amico nella valle del Fuoco (il luogo di origine del dinosauro). Le minacce che li attendono in quel territorio sconosciuto sono tante, ma attraverso queste aspre battaglie si cementa ulteriormente il rapporto tra i due.


In puro stile Kirby, i pericoli si susseguono senza interruzioni di continuità. Dopo aver ottenuto la loro vendetta contro i kill people, il colosso cremisi e il suo amico si trovano a fronteggiare minacce spesso sopra le righe, come l’enorme ragno preistorico chiamato long-legs (zampe lunge) o un gigantesco esponente di una razza di ominidi, Ovviamente, non può mancare un’invasione aliena, stavolta operata da creature robotiche, né la strisciante conquista della valle da parte di un esercito di formiche giganti.


Un’altra volta il nemico è un potentissimo computer. E poi i dino-riders, con piccoli sauri come cavalcature al posto delle rombanti moto delle bande giovanili, o stereotipi presi dalla tradizione fantastica come la perfida Strega dei pozzi. In tutto questo, Jack trova persino il modo di darci la sua personale versione del giardino dell’Eden e del mito di Adamo ed Eva.


La serie non funzionò per i limiti di Kirby come sceneggiatore, già messi in evidenza nei fumetti realizzati per la Dc Comics, soprattutto nel poco approfondimento caratteriale dei personaggi. Neanche la “furbata” di usare un dinosauro servì a molto, e nel dicembre del 1978, dopo appena 9 numeri, la serie chiuse i battenti. Il re, però, era stato lungimirante e ci aveva mostrato, nell’ultimo albo, un misterioso “portale”.


Attraverso quel portale interdimensionale, Devil Dinosaur e Moon-Boy sono spuntati alcune volte nella nostra epoca per incontrare altri personaggi Marvel, ma queste storie non hanno lasciato grandi tracce.

Intanto Jack Kirby aveva lasciato provvisoriamente il fumetto, che tante delusioni gli aveva dato, per i cartoni animati. La giovane casa di produzione Ruby-Spears Productions, formata da due transfughi di Hanna-Barbera, commissiona allo scrittore Steve Gerber i testi e a Kirby i disegni della serie di un personaggio che mescola Conan con, di nuovo, Kamandi: Thundarr the Barbarian (1980). Quindi Kirby ritorna al vecchio amore come pioniere dei fumetti delle case editrici indipendendenti per il suo definitivo tramonto.


In tempi recenti, tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, la Marvel riprende Devil Dinosaur dandogli una nuova partner: Lunella LaFayette.
Si tratta di una ragazzina con la testa perennemente tra le nuvole, tanto che i coetanei le hanno affibbiato il soprannome di Moon Girl. La sua, però, non è pigrizia intellettuale. Lunella ha un quoziente intellettivo altissimo, è un genio in erba a cui la scuola non può insegnare nulla che già non sappia.


La già complessa vita di Lunella ha una svolta quando, dalla preistoria alternativa di Kirby, arriva un agguerrito gruppo di cavernicoli e una enorme bestia dalle scaglie rosse: Devil Dinosaur. Alla fine della fiera il lucertolone diventa un reietto nel nostro mondo e, dato che la giovane Lafayette sta sempre con i deboli, diventa la sua nuova compagna.


La vicenda, scritta da Brandon Montclare e Amy Reeder, scorre via in maniera agile e godibile, camminando sul filo del surreale senza eccessive contraddizoni. I disegni della spagnola Natacha Bustos non saranno rutilanti ma assecondano lo stile della sceneggiatura.
Prodotto per un tipico nerd? E se anche fosse? Del resto i nerd sono gli unici che ancora leggono fumetti…

1 commento

  1. Kirby aveva una narrazione pomposa e ridondante, la serie di Silver Surfer ad esempio era insopportabile con Surfer sempre in posa Michelangiolesca a fare dei noiosissimi pistolotti pacifisti, per’altro incoerenti perchè di tanto in tanto insegnava la pace agli uomini a suon di raggi cosmici.

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