SCARABOCCHIARE PER CAPIRE NOI E GLI ALTRI

SCARABOCCHIARE PER CAPIRE NOI E GLI ALTRI

Scarabocchiare, se disponiamo di una penna e di un pezzo di carta, è un gesto che facciamo spesso quando siamo al telefono, durante una conferenza o in una discussione con un amico.
Di solito, terminata l’operazione, non ci siamo resi conto né del tempo impiegato a scarabocchiare né di quello che abbiamo tracciato. Perché questa attività nasce dal profondo e investe la sfera emotivo-emozionale dell’essere umano.
E spesso non capiamo nemmeno il significato di quello che, a prima vista, sembra solo una serie di pasticci senza senso.

Ma si scarabocchia anche in spiaggia, per esempio sulla sabbia, o dovunque una superficie si presti ad essere segnata. È un gesto primordiale. Nasce dal subconscio e ci racconta chi siamo, che cosa vogliamo, quali sono le nostre tensioni del momento, le aspirazioni nascoste che forse ci stiamo nascondendo, libera la fantasia e l’intelligenza e ci procura quel tipo di benessere che sentivamo quando eravamo bambini. Infatti, i bambini sono i maestri dello scarabocchio. Ogni genitore che sa prestare attenzione ai figli conosce l’impatto benefico che ha questa pratica, anche se non sa spiegarne i motivi.

Scarabocchiare ci accompagna per tutta la vita e potrebbe rivelarci cose insospettate di noi stessi, se solo sapessimo interpretarne il linguaggio. Anche se forse è preferibile utilizzare il termine ricordare (il linguaggio). Chiedete, infatti, a un bambino che cosa ha scarabocchiato: in genere, lui lo saprà perché non è ancora “sovrastrutturato”, ossia è ancora in grado di comprendere quel dentro di cui parlavo. I filtri raziocinanti e le barriere dell’educazione familiare e sociale sono ancora in germe e, seppure per poco, non riescono a impedirgli di cogliere l’unitarietà dell’essere umano, che è fatto di un fuori, ma anche di un dentro e che, quando sano, interagiscono e si aiutano anziché combattersi.

Scarabocchiare è, quindi, un po’ come tornare bambini, e dare voce a quel dentro che la vita, con le sue paure, i traumi, gli incidenti, il dolore, ma anche con la sua gioia, le sorprese, la bellezza, il mondo là fuori, la serenità, ha costruito e dato luogo a quell’entità che chiamiamo noi stessi, e che troppo spesso reprimiamo.

Un graffito proveniente dalla Valle Camonica: mostra due uomini che combattono. È evidente la tensione provata e il bisogno di trascriverla attraverso un segno simbolico

Poco fa ho definito lo scarabocchiare un gesto primordiale. È primordiale perché il segno grafico, cioè un simbolo, esiste da quando esiste l’uomo: lo troviamo fin dal Paleolitico, a partire da 30.000 anni fa circa, al Neolitico, cioè fino a circa 4000 anni fa. Qual è il nesso tra il graffito dell’uomo preistorico e lo scarabocchio? È la necessità di rappresentare la percezione della realtà, per come la sperimentiamo e l’abbiamo sperimentata, sia in senso positivo che negativo. Solo dopo il 4000 a.C. i graffiti cominciano a essere sostituiti da scritture simboliche, poi ideografiche per arrivare, man mano, a quella letterale che oggi conosciamo. Che continua a restare, comunque, un simbolo grafico per esprimere dei concetti e delle percezioni.

Graffito preistorico, Collezione Gimbutas.
Raffigura una donna in attesa e un uomo dal fallo estremamente pronunciato. L’uomo preistorico non aveva condizionamenti culturali che limitassero la sua trasposizione per immagini, perciò raffigurava l’elemento sessuale diretto, e non segni grafici che lo intendessero senza mostrarlo

Che il segno grafico abbia anche un filo diretto con l’espressione artistica appare evidente. Soprattutto in pittura o comunque nell’arte dell’illustrazione, dove le mille variabili che la definiscono “arte”, e non scarabocchio, provengono da una sofisticazione che nasce sempre e comunque dall’inconscio: il bisogno insopprimibile di raccontare la percezione che abbiamo della realtà, che sia esteriore o interiore.

Non è un caso se alcune istituzioni ormai si siano accorte dell’importanza dello scarabocchio. L’Accademia di Belle Arti di Firenze, nell’aprile scorso, ha indetto una conferenza e un workshop le cui tematiche vanno (cito testuale): “dallo “Scarabocchio degli adulti”, o Psiconologia (teorizzato negli anni 80 dall’artista visivo, docente e scenografo Nato Frascà) alla Grafologia morettiana (sistema che permette di misurare, rappresentare e interpretare l’espressione grafomotoria umana)”.
A proposito di psiconologia, mi limito a registrare un passaggio  tratto dall’enciclopedia multimediale Wikipedia: “Attraverso la pratica chiamata Scarabocchio degli adulti, è possibile invitare i soggetti (anche che non abbiano competenze artistiche), sotto precise condizioni, tramite specifici materiali e secondo determinate serie, a tracciare e liberare/scaricare sequenze di segni; l’analisi di tali serie può permettere, attraverso una decodificazione, la lettura di blocchi, traumi, di punti di crisi fisiche od emotive, che possono risalire sino al periodo prenatale.”

Senza andare a scomodare le teorie applicate di Fortunato Frascà, e per restare in ambito artistico, basti pensare all’astrattismo, e in particolare al suo maestro spirituale e fondatore: il pittore russo Wassily Kandinsky. Il suo primo acquarello astratto è del 1910 e, all’apparenza, presenta solo macchie di colore, scarabocchi, linee e curve senza alcun senso.

Wassily Kandinskij, Primo acquerello astratto, 1910

Per spiegare come ”leggere” questa famosa opera di Kandinsky, che nacque come studio per un’opera più complessa, la si potrebbe paragonare a un’opera musicale. Impossibile ascoltare, per esempio, Le quattro stagioni di Vivaldi in trenta secondi. Occorrono dei tempi ben precisi. Così è guardare questo acquarello, che possiamo inoltre girare da ogni lato perché non possiede spazialità. Ogni “macchia”, ogni colore, ogni segno va guardato a sé, e lasciare che agisca, riportandoci sensazioni dimenticate o addirittura sconosciute.

Al di là della lettura estetica che in questa sede non ci riguarda, reputo questo acquarello di Kandinsky la summa artistica contemporanea di quel gesto primordiale di cui parlavo all’inizio. Cioè, è un’opera estremamente importante perché, per la prima volta, l’arte/l’artista mostra il nudo segno grafico riconoscendogli l’estrema importanza simbolica e lo esalta dandogli un valore universale e immortale. L’arte è per sempre, per questo motivo è immortale. In alcuni casi può piacere, in altri meno, ma quando è Arte travalica le generazioni e continua a farsi guardare. A muovere i sensi. Continua a dire.
A volte, in alcune sue manifestazioni, può sembrare invecchiata pur continuando a stupire ma, se si riesce ad andare al di là del mero ostacolo tecnico, continua a risvegliare profondità interiori che nemmeno sapevamo di possedere.
Per esempio, può risultare ostica la lettura della Divina Commedia, ma se si riesce a superare l’ostacolo del linguaggio antico resta uno dei più bei capolavori di tutti i tempi. Tant’è che viene più letta all’estero, ovviamente in traduzione, che non dagli stessi italiani che invece dovrebbero saperla leggere ancora. Considerando i tempi e l’andazzo,  non mi stupirei se qualcuno decidesse di pubblicare una traduzione in italiano moderno della trilogia dantesca (oggi usa dire così). Se è necessario perché torni ad essere letta, ben venga. Non è la stessa cosa, ma è un passo in avanti, e non indietro.

Divina Commedia: Paolo e Francesca. La potenza tumultuosa delle famose tavole di Gustave Dorè mostrano bene il dramma di Dante, dell’uomo, di fronte alle scelte della vita e i suoi risultati. Spesso scelte che, seppur condannate, sono un atto di eroismo contro il destino.

Torniamo agli scarabocchi, e più precisamente ai nostri scarabocchi.
In questa sede non mi soffermo sull’estrema importanza dello scarabocchio del bambino, ma solo su quello dell’adulto. L’adulto che ha dimenticato di ascoltarsi, vedersi, capirsi, comprendersi. Cioè quasi tutti.

Nello scarabocchio dell’adulto esce la spinta dell’istinto ingabbiato. Infatti, quando si scarabocchia, si è inconsapevoli di quello che si sta tracciando. Inoltre occorre di un’interpretazione diversa: mentre lo scarabocchio del bambino mostra le sue potenzialità e la sua costituzione primaria, nello scarabocchio dell’adulto bisogna cercare il significato simbolico di un segno tracciato da un Io che spesso oppone molte resistenze a guardarsi. Perché nello scarabocchio l’adulto può liberare quello che le convenzioni sociali, l’educazione e le credenze impediscono di fare nella vita quotidiana. E accettare, per esempio, che nel nostro intimo abbiamo l’assoluto bisogno di insultare il nostro collega o una persona cara può essere difficile.
Lo scarabocchio parla senza censura, è amorale, ci dice le precise condizioni dello stato in cui siamo e possiede un ruolo liberatorio e curativo perché permette al dentro di uscire e mostrarci come stiamo, sfoga le tensioni da cui siamo pervasi e ci impedisce di somatizzare.

Per facilitare l’interpretazione degli scarabocchi, alcuni studiosi di psicologia applicata li hanno suddivisi in 6 principali categorie.

Lo scarabocchio figurativo (introspezione), in cui si traccia qualcosa di identificabile.
Denota ricerca della propria identità e immedesimazione con la realtà.

Scarabocchio figurativo

Lo scarabocchio complesso (espansione) consiste in un insieme in espansione.
Esprime la volontà di crescere, di socializzare e di interagire col mondo.

Scarabocchio complesso

Lo scarabocchio decorativo (perfezione) presenta cornici a mo’ di pizzo e decorazioni, di solito intorno a un soggetto o al margine, oppure semplicemente orna i bordi del foglio.
Rappresenta volontà di chiarezza, il gusto del bello e delle proporzioni, l’esigenza di dare significato anche alle piccole cose, spesso punte di perfezionismo o anche di pignoleria.

Scarabocchio decorativo

Lo scarabocchio geometrico (razionalità) riproduce cubi, cerchi, rombi e altre figure geometriche.
Indica il bisogno di riorganizzare, trovare il perché di ogni cosa, riuscire a trovare certezze sul piano logico per dare coerenza alla realtà circostante.

Scarabocchio geometrico

Lo scarabocchio astratto (superiorità) è una costruzione di figure e segni immaginari e irreali, anche tridimensionali.
Esprime il bisogno di essere notati e di dare un’immagine positiva di sé. Di sentirsi potenti e di avere l’ultima parola con gli altri, perché, diversamente, c’è il timore che la propria immagine potrebbe venirne sminuita o intaccata. Ma può anche far affiorare, invece, aspirazioni creative, sia nel campo speculativo che in quello artistico.

Scarabocchio astratto

Lo scarabocchio riempitivo (accumulo) è l’elaborazione accurata di una figura. A volte riempie gli occhielli di uno stampato, oppure di un titolo di giornale, a volte altera l’immagine di un viso magari aggiungendogli dei baffi.
Rimarca il bisogno di accumulare, di delineare i confini del proprio spazio, oppure di riempire dei vuoti interiori che creano disagio. Cioè la necessità di colmare un vuoto, fisico o psichico, che produce ansia.

Scarabocchio riempitivo

A definire ulteriormente queste 6 categorie, ci sono ulteriori variabili.
Disegnare scale geometriche, per esempio, indica dinamicità e ambizione, ma anche imprudenza, perché è vero che si può salire ma è anche vero che dalla scala si può cadere. La disegnano persone che non si accontentano facilmente ma, allo stesso tempo, sono impazienti e passibili di finire in situazioni rischiose.
Tra gli scarabocchi legati alla natura, disegnare frequentemente fiori denota il bisogno di manifestare la propria interiorità e di comunicare calore a chi sta intorno. Mentre chi schizza spesso serpenti è un individuo manipolatore, che utilizza lusinghe e tenta di ammaliare il proprio interlocutore.
Tra le figure astrali, disegnare un volto di donna nella luna potrebbe rappresentare qualcuno che la persona sente un po’ oppressiva.
Anche il modo di disegnare una casa, a seconda che sia immersa in un paesaggio, che abbia del fumo che esce da un comignolo o altro ancora, indica qualità diverse. Il disegno della casa, in genere, esprime un carattere schivo, o il bisogno di tranquillità, stabilità interiore, armonia con se stessi. E poi ci sono gli oggetti, il corpo umano e le sue parti, le frecce e le cornici, i simboli religiosi, i riempitivi e gli annerimenti. E altri ancora.

Ma attenzione, lo scarabocchio non è per sempre. Per lo più, coglie un momento emotivo o la tendenza di un periodo. Proprio per questo può essere utile decriptarlo per capire come stiamo affrontando la vita e migliorarci.

Evi Crotti e Alberto Magni: I disegni dell’inconscio

Sull’argomento sono interessanti un paio di testi scritti da due studiosi che hanno pubblicato in coppia. Sono libri divulgativi, chiari, semplici da leggere e anche divertenti, pur rispettando la serietà dell’argomento. Lei è una psicopedagogista, esperta di comunicazione non verbale, oltre che grafologa morettiana. Lui un medico chirurgo, psicoterapeuta, e si occupa anche di grafo-diagnostica. Sono Evi Crotti e Alberto Magni. Sugli scarabocchi hanno scritto I disegni dell’inconscio, Come interpretare gli scarabocchi degli adulti (Mondadori). Un altro libro, indicato per mamme e papà che vogliano capire i propri bambini è Come interpretare gli scarabocchi, La lingua segreta dei bambini (Red).

Eva Crotti e Alberto Magni: Come interpretare gli scarabocchi

Come dicono gli autori alla conclusione del loro testo dedicato agli adulti: “abbiamo voluto fornire il lettore attento di uno strumento per leggere quegli schizzi che in fondo sono anch’essi un supporto decifrabile di quel linguaggio così importante, ma anche così temuto, qual è quello dell’inconscio.
Nella vita relazionale, emozionale, amorosa e quindi nei rapporti con l’altro questo linguaggio assume un’importanza a volte persino superiore alle parole”.

 

 

World © Tea C. Blanc. All rights reserved.

7 commenti

  1. Articolo chiaro, semplice e ben documentato per un argomento complesso. Brava Tea!

  2. Mi fa piacere che si parli dell’importanza del segno tout court. Dagli anni ’70 ho basato il mio impegno pittorico sulla gestualità del segno quale rivelatore di mondi che vivono “dentro” nel profondo al di là della sovrastruttura imposta. Per la conoscenza dell’uomo, di noi stessi.

    • Grazie, Nestore. Onorata dal tuo intervento!

      • Tea, so apprezzare la qualità e tu hai fatto un articolo importante. Complimenti!

  3. Grazie Tea per l’articolo interessantissimo

  4. Si sarebbe interessante continuare questa storia dello scarabocchio riportando magari qualche recente pubblicazione…

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