QUANDO ROGER MOORE MI PARLÒ DI FUMETTI

QUANDO ROGER MOORE MI PARLÒ DI FUMETTI

Sir Roger George Moore (Londra, 14 ottobre 1927 – Crans-Montana, 23 maggio 2017) nel ricordo del disegnatore Umberto Sammarini.

Prima di partire per il militare, ero una giovane macchina da guerra: studiavo, lavoravo al settimanale di fumetti il Vittorioso e, per puro senso mercenario, due giorni a settimana disegnavo storyboard per C. L., un avventuroso produttore cinematografico. L’ufficio era uno strano miscuglio di lussuoso e accroccato, unica impiegata, oltre me saltuario, era Marisa, una moretta carrozzata di quinta. Essendo C. L. un tipo molto caotico, che arrivava agli appuntamenti con mezza giornata di ritardo, la funzione di Marisa era quella di distrarre con mostruose scollature fino all’ombelico i poveracci che aspettavano. Era in rampa di lancio uno scalcinato spaghetti western, due cow boy alla ricerca di un tesoro sperduto, location Abruzzo, e io stavo disegnando lo storyboard che sembrava un fumetto di Tex.

Il primo protagonista era stato trovato, Clint Walker, apprezzato caratterista americano, protagonista anche di cult come “Quella sporca dozzina”. Clint era una montagna, con le spalle larghe come un armadio quattro stagioni e le braccia grosse come prosciutti, oltretutto non rideva mai e questo lo faceva sembrare ancora più inquietante. Si cercava il secondo cow boy, che arrivò mentre disegnavo una scazzottata in mezzo a cactus e serpenti a sonagli. Maddài, quello un rude cow boy che si malmena con Mazinga Clint Walker? Alto, castano dorato, la pelle che sembrava quella del culo di un neonato. Nonostante il caldo, impeccabilmente vestito e con tanto di cravatta, pure bello. L’ho riconosciuto perché aveva girato “Ivanhoe”, una serie tv polpettone: era proprio lui, Roger Moore.


Ovviamente C. L. non c’era, Marisa cercò di sommergere Moore sotto le tette, inutilmente. Con molta eleganza Moore si mise a sedere accavallando le gambe. ‘Azzo, calzini lunghi in tinta con scarpe e vestito. Marisa si avvicinò, poggiandomi la quinta sulla testa e sibilando acida:

– Me sa che è gay!

– Solo perché non l’hai risucchiato nel reggipetto? Impara a perdere con dignità.

– Stronzo!

Il bel Roger restò seduto una ventina di minuti, poi cominciò a gironzolare per l’ufficio, alla fine si avvicinò a me e sembrò colpito da visione divina. Oh, porca puttana, vuoi vedere che è veramente gay? Macché, era rimasto rapito dal disegno che stavo facendo. Da quel momento cominciò un dialogo fra sordi, io non capivo l’inglese e lui non capiva l’italiano.

– You, cartoonist.

Prese la matita e disegnò alcune rocce.

– ‘Azzo, tu disegni!

Fece un sorriso da un orecchio all’altro e annuì col capoccione. Continuammo il nostro dialogo fra sordi, sfogliando tutto lo storyboard, poi andammo al ristorante dove, deduco, mi ha raccontato qualcosa della sua vita, intervallato da Flash Gordon, Mandrake, Phantom e X9, le uniche cose che capivo. Siamo ritornati in ufficio sempre parlando fra sordi, con Marisa sempre più acida:

– A ‘mbecilli, ma se non ve capite, che parlate a ffa’?

Ci siamo lasciati come vecchi amici, anche senza aver capito niente. Ignoro se abbia avuto o meno la parte, subito dopo mi sono tuffato nello storyboard de “La scimitarra del saraceno”, un’orrenda boiata in costume. Mi è rimasto il ricordo di una persona modesta, cordiale, sempre sorridente e gentile, in fondo ero solo un ragazzino.

Poi è diventato 007, un mito, e tale resterà.

(courtesy of Alganews quotidiano)

 

4 commenti

  1. Che bel ritratto!

  2. […] ulteriormente la durezza delle storie uscite dalla penna di Ian Fleming. Rendiamo quindi omaggio a Roger Moore, scomparso di recente, attraverso le attrici che lo hanno affiancato nei sette Bond girati tra il […]

  3. Bellissimo ricordo di una gran persona. Grazie di averlo condiviso. In seguito Moore imparò bene l’italiano grazie alla sua seconda moglie.

  4. Anche da questo ricordo si capisce il tipo di persona. “Marc Haynes è un comico, uno scrittore e un conduttore radiofonico britannico: qualche giorno fa ha voluto ricordare l’attore Roger Moore, scomparso il 23 maggio all’età di 89 anni, con una storia dolcissima che vi farà amare ancora di più l’attore che per 7 volte ha dato il volto a James Bond.
    Nel 1983, quando Marc era un bambino di 7 anni, era insieme a sua nonno all’aeroporto di Nizza quando vide l’attore Roger Moore, che per lui era James Bond, seduto su una poltroncina intento a sfogliare il giornale. Marc, un grande fan dell’agente 007, chiese subito a suo nonno un autografo di quel personaggio tanto importante: Roger Moore con grande gentilezza autografò il biglietto aereo del bambino, ovviamente con il suo vero nome.
    Il piccolo Marc rimase malissimo quando lesse il nome Roger Moore e la sua tristezza convinse il nonno (che non conosceva nè Roger Moore nè James Bond) a tornare dall’attore a chiedere perchè non avesse firmato con il nome James Bond. “Roger Moore fa una smorfia, capisce, e mi dice di andare da lui. Quando gli sono vicino si abbassa, si guarda intorno, alza un sopracciglio e con voce bassa mi dice: «Ho dovuto scrivere “Roger Moore” perché altrimenti… Blofed (il nemico di James Bond) potrebbe scoprire che sono qui». Mi chiese quindi di non dire a nessuno di aver visto James Bond, dicendomi che dovevo tenere il segreto. Tornai contentissimo a sedere. Mio nonno mi chiese se c’aveva scritto “James Bond”. Gli dissi di no, che mi ero sbagliato. Ero quindi diventato un alleato di James Bond”
    Ma la storia di Marc Haynes non finisce qui: anni dopo, ormai adulto, mentre lavorava ad un progetto Unicef in cui era coinvolto anche Roger Moore, ebbe il piacere di rincontrare l’attore e gli ricordò l’episodio avvenuto tanti anni prima. Lui ci scherzò su, ma al momento di salutarlo fece “una cosa geniale”: “Dopo le riprese mi passò vicino in un corridoio, andando verso la sua macchina. Quando mi fu accanto si fermò, si guardò intorno, alzò un sopracciglio e con voce bassa mi disse: «Certo che me lo ricordo quell’incontro a Nizza. Ma prima non potevo dire niente, con tutti quei cameramen attorno: avrebbero potuto essere uomini di Blofed». Avevo 30 anni e la felicità fu la stessa che provai quando ne avevo sette. Che uomo straordinario”

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