LA PARIGI SCOMPARSA DI NESTOR BURMA

LA PARIGI SCOMPARSA DI NESTOR BURMA

Nella primavera del 1980 il disegnatore poco più che trentenne Jacques Tardi, che da oltre dieci anni disegna fumetti nei vari ambiti della bédé francese con crescente successo, incontra in un bar di Place d’Italie, a Parigi, il più maturo (1909-1996) scrittore Léo Malet, che dagli inizi degli anni quaranta si cimenta con alterna fortuna nello sfornare romanzi polizieschi: il suo personaggio Nestor Burma è considerato fin dal suo esordio, avvenuto nel 1943 (quindi in piena occupazione tedesca), l’esponente del noir francese.

Con i suoi rimandi al poliziesco americano d’azione, inseriti in storie ambientate soprattutto a Parigi, ha dato il via a una nuova corrente narrativa che ha raccolto consensi discontinui di critica e pubblico, portando anche nel panorama generale del polar (giallo) francese il coinvolgimento del medium cinematografico. Nel 1954, di questo nuovo genere poliziesco, sono usciti i film “Rififi” tratto da un romanzo di Auguste Le Breton (ne ricorderete il motivo musicale omonimo cantato dalla affascinante Magali Noel) e “Ne touchez pas le grisbi” di Simonin, con Jean Gabin nella parte del duro, diretto dal grande Jacques Becker che qualche anno prima aveva dato alla luce il famoso “Casco d’oro”, film sulla mala ambientato nel quartiere di Belleville.

I romanzi di Malet sono stati pubblicati in Italia da diversi editori

 

Di che cosa discutono nel bar di Place d’Italie, Tardi e Malet? Della trasposizione in storie a fumetti di alcuni romanzi di Malet appartenenti al ciclo degli arrondissements parigini, previsti inizialmente nel numero di venti, quanti il numero dei distretti della capitale francese. Léo Malet in quel momento detiene solo i diritti di “120, rue della gare” e “Nebbia sul ponte di Tolbiac”, l’ultimo risalente al 1955: viene deciso di partire proprio da questo romanzo appartenente al ciclo degli arrondissements, del quale è il quarto ad essere stato scritto e anche quello che ha più ottenuto successo.

Detto fatto, Jacques Tardi ha completa libertà di lavorare sia sulla parte relativa al testo scritto in didascalie e dentro alle “nuvolette”, che naturalmente nella scelta di come disegnare i vari personaggi del romanzo e soprattutto di come ricreare l’atmosfera del tredicesimo distretto nel quale si svolgono i fatti.

Tardi compie una accuratissima ricerca di tipo storico per ricostruire visivamente specialmente la zona di rue de Tolbiac e dintorni, luogo nel quale il personaggio principale Nestor Burma si aggira camminando caparbiamente per giorni e giorni nel tentativo di risolvere il mistero legato all’accoltellamento di un suo vecchio compagno anarchico, Anel Benoit, frequentato in gioventù. Il poveretto dall’ospedale dove è ricoverato lo contatta, via lettera cartacea, per chiedere di poterlo incontrare e svelargli la natura di un pericolo che incombe sui vecchi compagni anarchici frequentati nella loro comune giovinezza.

L’incontro con la giovane e bella gitana Bélita Moralès, personaggio centrale della storia, avviene poco dopo la sua entrata in scena. Già dalla prima tavola che vede Nestor Burma nella metropolitana in un tratto scoperto che scavalca la Senna all’altezza del ponte di Austerlitz in direzione ospedale della Salpêtriére, ospedale nel quale è ricoverato l’amico di gioventù. Purtroppo il nostro poliziotto privato non avrà modo di parlargli, perché il paziente morirà a causa delle ferite.

Di qui l’inizio delle indagini di Nestor Burma per rintracciare l’assassino.

La storia a fumetti in questione uscì a puntate sulla rivista (A Suivre) nel 1981, poi l’anno seguente venne raccolta in albo cartonato edito da Casterman: in questa circostanza la storia è preceduta da una gustosa introduzione scritta dello stesso Léo Malet, che in Italia si può leggere nell’edizione della casa editrice Hazard del 2000 e ristampata nel 2017, alla quale vi rimando.

Il mensile (A Suivre) è stato pubblicato dalla casa editrice belga Casterman dal 1978 al 1997

 

In base a quanto appena detto qualcuno potrebbe pensare che nell’italica terra le cose, per quanto riguarda le opere di Malet/Tardi, arrivarono con incomprensibile ritardo. Beh, per la versione in albo certamente fu così, ma per la loro pubblicazione a puntate i tempi furono meno allungati, poiché “Nebbia sul ponte di Tolbiac” fu pubblicata in questa forma nel 1990 dal mensile Comic Art, dal numero 65 al 69.


Nel 1988 fu pubblicato l’adattamento della prima storia di Malet con protagonista Nestor Burma, “120 rue de la Gare”. Risalente al 1943 è stata disegnata in modo magistrale dal nostro Tardi, che in questo ambito definisce con chiarezza e definitivamente la fisionomia di Nestor Burma. Storia che precede altri due lavori usciti in Francia nel 1996 e 2000, scelti da Tardi in base agli arrondissements nei quali si svolgono le vicende: “Delitto al luna park” e “Un cadavere in mostra”. Tutti e tre i fumetti sono stati pubblicati in Italia dalla Bur (Biblioteca Universale Rizzoli), rispettivamente nel 2008, 2010 e 2011. Già fuori catalogo e oggetto di furibonda ricerca da parte degli appassionati arrivati in ritardo.

“120, Rue de la Gare”, che nel corso del 1991 in Italia era apparsa in un numero estenuante di puntate sempre sulla rivista di Rinaldo Traini, Comic Art, fu definita da un critico lungimirante di “Fumo di china” un lavoro monstre, un commento che rende giustizia sia allo scrittore Léo Malet sia al disegnatore Tardi, che si cimenta in una impresa davvero irta di ostacoli. Sono 184 le tavole che compongono la storia che si può, per inquadrarla bene, dividere in tre parti legate al diverso luogo nel quale cronologicamente si sviluppa: il campo di concentramento tedesco Stalag XB (12 tavole), la città di Lione (91 tavole) e quella di Parigi (81 tavole). Il tutto si svolge in un lasso di tempo che va dal mese di settembre 1940 a quello di dicembre dello stesso anno.

Il romanzo “Delitto al luna park” (Casse-pipe a la Nation) è ambientato nel dodicesimo distretto parigino alla fine degli anni cinquanta (6 Maggio 1957), ma in questa sessantina di anni molte delle zone che ne fanno parte sono incredibilmente cambiate, a mio parere in meglio. Lo dico sapendo di dispiacere agli amanti del pittoresco a tutti i costi.
Sia nel romanzo sia nella versione a fumetti di Tardi, il nostro investigatore privato percorre instancabilmente questa vasta zona di Parigi, descritta magistralmente da un punto specificatamente visivo, in modo tale da farci fare un vero tuffo in un passato che in molti casi urbanisticamente non esiste più, ma che il pennello di Tardi porta  alla luce con puntiglioso spirito filologico: di fatto la mappa di questo distretto, che appare a corredo sia del romanzo che del volume a fumetti, è un vero e proprio reperto di indagine “archeocatastale”.


Pensiamo, solo per fare qualche esempio, alla zona di Bercy occupata, nel tempo che fu, dagli edifici dell’enorme deposito generale del vino (Les Halles aux Vins), ora sostituiti da riposanti giardini…
Tardi già dalle prime tavole ci incanta con la visione notturna della zona prospiciente la Gare de Lyon.
Poi, alla Place de la Nation che ospita un luna park, viene commessa una brutale aggressione ai danni di una ragazza: Nestor Burma la difende e l’uomo cade dall’alto di un ottovolante morendo sul colpo. Di qui parte una indagine che si complica strada facendo.

Ed eccoci arrivati all’ultima fatica di Tardi relativa al suo sodalizio con Léo Malet: “Un cadavere in mostra” (M’as –tu vu en cadavre?), datata 2000, quando ormai da quattro anni lo scrittore Malet riposava nella tomba.
Bella storia ambientata nel decimo arrondissement, inizia il 4 ottobre 1956 fuori dal distretto parigino in questione, ovvero nei pressi di Place de l’Opera dove Nestor Burma, in una stradina laterale, ha la sede dell’agenzia investigativa “Fiat Lux”.
Storia noir dall’intrigo complesso, con diversi morti ammazzati e catarsi finale. Se non avete l’albo in questione correte ad acquistarlo, sempre se avrete la ventura di trovarlo ancora. In caso di ricerca infruttuosa nelle librerie e fumetterie, sarete costretti a cadere nelle spire di eBay e rimanerne stritolati, ma è un sacrificio cruento che vale la candela.

 

 

5 commenti

  1. Che bella la Parigi di Tardi e Malet! Forse è la città che imita i suoi cantori. Certamente è la città ce io ho visto la prima volta ce sono andata a Parigi.

  2. Io anni fa iniziai il tentativo di raccogliere i film degli anni 40 fino agli inizi 2000 circa ambientati a Parigi, presumibilmente girati con il sistema neorealista e con gli ambienti esterni non ricreati in studio. Questo con l’aiuto fondamentale di mio cognato Luciano esperto cinofilo.
    Impresa disperata. Comunque qualcosa ho combinato.
    L’impressione che ne ho ricavato è che pure Léo Malet , esperto anche di cinema e attore a tempo perso, abbia seguito anche questa pista, specialmente per i film in bianco e nero degli anni ’50 genericamente di tipo poliziesco: attori protagonisti Paul Belmondo, Alain Delon, Jean Gabin, Lino Ventura eccetera . Poi certamente Malet, cantante sedicenne nei locali notturni di Montmartre, conosceva ed era -lo dico io- sedotto dalle canzoni del periodo e dalle grandi interpreti , in testa alle quali pongo l’insuperabile “uccellino” di Belleville, Edit Piaf. Io poi ho una forte irrazionale simpatia per Ives Montand e per il suo modo di cantare.
    L’hanno detto in molti, la Parigi di Malet e poi di Tardi è fatta di suggestioni, non è un duplicato della realtà ma è opera in un certo senso di fantasia.
    Il fatto, di tipo tecnico, che Tardi disegna gli sfondi urbani usando una prospettiva di tipo scolastico – linea dell’orizzonte all’altezza dell’osservatore, cioè a circa 1,7o dalla linea di terra- e generalmente non assotiglia le linee di contorno delle forme nella realtà vià via più lontane, non preoccupandosi di creare il senso della lontananza legate alla convenzione figurativa dello spazio di tipo leonardesco, è di fatto una personalizzazione di tipo espressionistico ( l’ha scritto pure lui!!), non di certo legata agli stilemi pittorici del realismo/ naturalismo.
    Mi fermo qui per non farvi cadere in uno stato di sonno liberatorio.

  3. Rileggendo quanto ho scritto, devo correggere almeno una mia svista: nella storia a fumetti “120 rue de la gare”, i fatti si svolgono da Settembre 1940 a dicembre 1941, e non 1940 come da me scritto in uno dei miei soliti momenti di deconcentrazione.
    Poi, per quanto riguarda la cantante Edith Piaf, mi pare che il nome d’arte Piaf, in argot di Belleville significhi “passerotto” e non “uccellino” come- mi pare- da me scritto a memoria.

    • A volte si scrive a ruota libera senza controllare il risultato: frequente il caso di battere i al posto di o , oppure viceversa. Così mio cognato da cinefilo è diventato cinofilo!! Però a priori non si può escluder che ci ama i film ami pure i cani.

  4. Dalla collaborazione tra i nostri Malet e Tardi, uscirono quattro volumi, distribuiti nell’arco di un quasi ventennio, dal 1982 al 2000, legati insieme non soltanto dalla paternità della storia originale, ma anche dalla figura di Nestor Burma, detective privato furbo ma spesso imprudente , che si trova alle prese con situazioni ingarbugliate e pericolose che lo fanno finire spesso malconcio in un letto, curato dalla sua segretaria tutto fare Hélène Chatèlin, che è al suo fianco fin dagli anni quaranta, ma, magia della fiction, non invecchia di un’ora mentre Parigi intorno a lei subisce le ingiurie della guerra e poi il passare dei decenni fino a giungere alla fine degli anni settanta con casi assai diversi in ognuno degli episodi, che si svolgono quasi sempre all’interno di un singolo arrondissement, o “distretto amministrativo parigino”, se preferite.
    Da una attenta visione e lettura del tutto, possiamo a buon diritto affermare che trama, ordito e filo conduttore della serie è, ovviamente oltre al protagonista, la stessa città delle luci, Parigi. Ogni volta Malet sceglie un arrondissement diverso per inquadrare il dipanarsi dei misteri che Burma si trova a dover risolvere. Alla ricerca di indizi legati ai vari delitti, il detective percorre le strade di una Parigi uscita ormai da dieci anni e più dalla guerra e dall’occupazione tedesca, ma ancora sostanzialmente immutata sotto il profilo monumentale e urbanistico, con i vecchi quartieri del “centro” formati da strette e tortuose vie e vecchie abitazione non di rado con struttura portante in legno ben in vista, con zone molte caratterizzate dal punto di vista anche sociale e umano. Per fare un esempio, quella degli enormi mercati generali, Les Halles, il vero “ventre di Parigi”. A poco distanza di tempo le otto grandi strutture metelliche, dovute a Baltard, spariranno sotto la furia demolitrice del rinnovamento e speculazione edilizia. Al suo posto il famoso “buco”, che rimarrò tale per lungo tempo e che una volta visitato da Italo Calvino accompagnato da un giornalista che gli farà da guida, farà finalmente sciogliere la lingua al nostro scrittore solitamente ermeticamente taciturno. Ora, anno di grazia 2018 le cose si sono quasi sistemate, all’infuori della sistemazione dei giardini. Il tutto descritto con la precisione vivida di chi conosce quei quartieri come le proprie tasche e non esita a inserirvi dettagli anche a volte minuziosi. Nessuna approssimazione. Messo da parte l’espediente narrativo dell’omicidio, tutto il resto è un pretesto per raccontare Parigi, la Francia ( per Malet forse ancora quella dei ricordi anteguerra) dell’epoca, per accennare a qualche episodio della guerra che Malet -ma non Tardi- edulcora [ I Nazisti sono inesistenti o quasiche a Parigi, pur hanno comandato per 4 anni perseguitando, derubando, incarcerando e mandando nei campi di concentrameto poi di sterminio quindi alla morte, centinaia di migliaia di ebrei francesi, un milione forse solo in quella situazione geografica limitata] per tracciare con arguzia anche i personaggi di contorno, per svelare, racconto dopo racconto con l’artificio di una autobiografia con transfert, la storia di Nestor Burma, che si incrocia e si mescola con la quella di Léo Malet. Una carrellata di quartieri, di strade acciottolate in pendenza con rigagnoli ai lati , di appartamenti sfatti, di tipi umani, ai quali andiamo incontro spinti dalla curiosità di svolgere l’intreccio e che ci regalano un’immagine di Parigi, quadro reale e flash di vita vissuta
    Leggetevi le 4 storie disegnate da Jacques Tardi nell’original uso del bianco e nero + due toni di grigio diversi per intensità . Cercate i cartonati originali francesi editi da Casterman , che sono meno cari delle edizioni italiane e soprattutto hanno la carta e la resa tipografica giuste per mettere in risalto l’atmosfera notturna di una Parigi spesso bagnata da frequenti acquazzoni, con le pavientazioni stradali che riflettono luci e si ammantano di nero dove l’ombra inghiotte ogni cosa.
    I poster a colori che potete in parte vedere bell’ambito di questo post de Giornale Pop, sono rutilanti di colori, ma sono stati creati a posteriori e per diverse altre precise motivazioni!
    Buona ricerca, anime in pena, soggiogate dalla sana nostalgia di una Parigi che ormai rivive solo nei nostri ricordi e sentimenti,

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